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Giacomo Amadori per “la Verità”
PIERCAMILLO DAVIGO E SEBASTIANO ARDITA
La ricostruzione della consegna dei verbali del finto pentito Piero Amara sulla loggia Ungheria da parte del pm milanese Paolo Storari, per una presunta inerzia investigativa dei suoi capi, all'allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, continua ad avere molti punti oscuri. In particolare a non tornare sono le date. Da mesi i giornali scrivono che Storari avrebbe consegnato a Davigo i verbali nell'aprile del 2020, mentre, come vedremo, lo stesso ex consigliere del Csm, in una testimonianza resa a Perugia il 19 ottobre 2020 alla vigilia del pensionamento coatto, sembra retrodatare di un mese la conoscenza del loro contenuto, e in particolare quella della presunta appartenenza alla loggia Ungheria del suo ex pupillo, il consigliere di Autonomia e indipendenza Sebastiano Ardita.
Lo stesso che, nella testa dell'ex campione di Mani pulite, lo avrebbe ingannato facendogli incontrare per due volte il pm Stefano Fava, sospettato di essere un sodale di Luca Palamara, e facendogli votare il 23 maggio 2019 come procuratore di Roma il Pg di Firenze Marcello Viola, candidato di Palamara, Luca Lotti e Cosimo Ferri, quest' ultimo presunto confratello di Ardita nella fantomatica loggia.
Di certo c'è che nel marzo del 2020 Davigo si rimangia il sostegno a Viola e punta le sue fiches su Michele Prestipino, rompendo con Ardita e con Nino Di Matteo, i quali si astengono. Da allora Piercavillo sostiene di non parlare più con Ardita, ma forse per un motivo diverso rispetto all'apparente spaccatura sulla scelta del procuratore capitolino. Davigo dopo aver richiesto e ottenuto copia dei verbali da Storari ad aprile anziché depositarli formalmente al Csm ha iniziato a farli girare nei corridoi, mostrandoli a questo o a quello, finanche nella tromba delle scale del parlamentino, per stigmatizzare il comportamento di Ardita.
Però non ne ha parlato solo in modo carbonaro nei corridoi di Palazzo dei marescialli per mesi (quanti?), sino alla vigilia della cacciata dallo scranno consiliare, ma sembrerebbe averli usati per mandare messaggi in codice nel verbale delle dichiarazioni che ha reso a Perugia nell'ambito dell'inchiesta su Luca Palamara. Leggiamo. Domanda: «Ha parlato con il dottor Ardita dell'esposto presentato dal dottor Stefano Fava contro il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone?».
Risposta: «Ho parlato con Ardita dell'esposto contro Ielo e non contro Pignatone, una volta uscite le intercettazioni. Siccome lo avevo visto agitato dopo la pubblicazione delle intercettazioni , gli chiesi di indicarmi se aveva avuto un ruolo nel gestire tale esposto. Lui mi disse che il suo ruolo era stato istituzionale». Domanda: «Perché Ardita era preoccupato?». Risposta: «Io non posso spiegare interamente la vicenda, in quanto coperta in parte da segreto d'ufficio».
Nei mesi scorsi ci eravamo chiesti a quale segreto facesse riferimento Davigo il 19 ottobre e oggi risulta abbastanza chiaro che stesse collegando la vicenda Palamara alla storia dei verbali di Amara e della loggia Ungheria, di cui, secondo l'avvocato siracusano, Ardita faceva parte. Ed eccoci alla questione della possibile retrodatazione della conoscenza dei verbali da parte di Davigo.
I pm perugini hanno chiesto una seconda volta all'ex campione di Mani pulite perché Ardita fosse preoccupato e la replica è stata la seguente: «Questa è la parte coperta da segreto d'ufficio su cui non posso rispondere. Si tratta della ragione per cui non parlo più con il consigliere Ardita dal marzo 2020».
Ovviamente il segreto riguardava una Procura diversa da quella di Perugia e oggi è facile immaginare che il riferimento fosse agli interrogatori di Amara fatti dalla Procura di Milano.In passato noi avevamo collegato, come detto, la data di marzo allo scontro per la votazione del procuratore di Roma, ma probabilmente a spaccare il fronte di Autonomia e indipendenza era stata la notizia delle dichiarazioni del «pentito» su Ardita.
nino di matteo a piazzapulita attacca davigo
Se così fosse, la soffiata di Storari sarebbe arrivata almeno un mese prima rispetto alla consegna dei verbali a Davigo. In quel mese di buco il consigliere ha sollecitato il pm per avere le carte? E quando Storari sceglie di informare Davigo, lo fa perché la questione Ardita e il voto per Viola erano già stati motivo di discussione tra i due? Chissà se adesso che è indagato a Brescia per rivelazione di notizie riservate Davigo deciderà di riferire a quale segreto d'ufficio si riferisse a Perugia e spiegherà quando seppe della loggia Ungheria e del suo ipotetico collegamento con Ardita.
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