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FERITA E MAZZIATA – ENORME BEFFA PER UNA PROFESSORESSA UNIVERSITARIA DI 76 ANNI CHE AVEVA CHIESTO 100MILA EURO DOPO ESSERSI INFORTUNATA IN UNO DEI SEMPITERNI CRATERI DI ROMA NEL LONTANO 2006 – DOPO 13 ANNI DI BATTAGLIE LEGALI LA CASSAZIONE HA STABILITO CHE LA DONNA DOVRÀ PAGARE 30 MILA EURO AL CAMPIDOGLIO E ALLA DITTA CHE AVREBBE DOVUTO OCCUPARSI DELLA MANUTENZIONE DELLA STRADA – ECCO PERCHÉ

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Lorenzo D’Albergo per "la Repubblica"

 

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Guai a inciampare in una delle ormai tristemente note buche capitoline. Perché la beffa, oltre a lividi e fratture, è dietro l' angolo. Lo ha scoperto sulla propria pelle e sul proprio portafoglio una professoressa universitaria di 76 anni. Siciliana, ma romana d' adozione, ha portato avanti la sua battaglia legale contro il Campidoglio per 13 anni. Poi ha dovuto alzare bandiera bianca.

 

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Il 21 dicembre, indesiderato regalo di Natale, la Cassazione ha sentenziato così: la signora caduta nel lontano 2006 in uno dei sempiterni crateri di Roma - perché nella capitale cambiano le amministrazioni, ma i problemi rimango sempre gli stessi - dovrà pagare 30 mila euro per aver messo il piede in fallo ed essersi rotta un braccio. Paradosso: la vittima del cratere di via Taro, una delle strade principali dell' elegante quartiere Trieste, aveva chiesto un risarcimento da 100 mila euro per l' infortunio.

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Una pretesa bocciata in pieno dagli Ermellini: non è colpa del Comune se le strade sono tutte un rattoppo ed è facilissimo imbattersi in una buca, piuttosto i residenti tengano gli occhi aperti quando sono a passeggio e non si distraggano.

 

Confermando la sentenza della Corte d' appello, i giudici del Palazzaccio hanno ritenuto che la voragine fosse «non occultata da foglie o cartacce, perfettamente visibile, avvistabile da qualunque pedone che avesse attraversato la strada con un minimo di diligenza».

 

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Hanno confermato la versione dell' avvocatura capitolina, una memoria in cui si parla di «comportamento incauto della danneggiata», perché «un utente ha l' obbligo di prudenza e diligenza in una strada pubblica». Traduzione: la colpa dell' incidente è tutta della vittima.

 

Che ora dovrà pure risarcire sia il Comune che la ditta che avrebbe dovuto occuparsi della manutenzione di quella strada. Insomma, alla fine è passata la linea sostenuta anche negli ultimi giorni dai legali del Campidoglio.

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Nel tentativo di difendersi dall' ennesima richiesta di risarcimento, hanno pensato bene di scrivere che «la presenza su strade pubbliche di sconnessioni, avvallamenti e altre irregolarità non costituisce un evento straordinario ed eccezionale, ma rappresenta, al contrario, una comune esperienza rientrante nell' id quod plerumque accidit ( ciò che accade più volte ) e, dunque, deve essere tenuta ben presente dagli utenti della strada che, quindi, hanno l' obbligo di comportarsi diligentemente per sé e per gli altri». Una posizione che ha scatenato polemiche su polemiche. Ma che, almeno nella vicenda che riguarda la professoressa siciliana, ha convinto i giudici.

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