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Giuseppe Baldessarro per “la Repubblica”
Si è prima procurata un aborto, poi si è fatta accompagnare dai suoi complici in ospedale dicendo che era stata vittima di un incidente stradale. Il resto lo avrebbe fatto il medico di guardia che, d’accordo con gli altri, avrebbe lascito morire il bambino, con l’obiettivo di spartirsi i soldi dell’assicurazione. In quattro sono ora accusati di infanticidio premeditato. Secondo i magistrati della procura di Castrovillari avevano pianificato ogni cosa da tempo.
La storia di Stefania Russo, la donna di 37 anni protagonista della vicenda, è contenuta nella carte di un’inchiesta che porta la firma dei pm Simona Rizzo e Vincenzo Quaranta. Un’indagine più ampia, che ruota attorno a decine di truffe ai danni delle compagnie assicurative e coinvolge complessivamente centoquarantaquattro persone. Ed è stato intercettando uno degli indagati principali che la Polizia e la Guardia di Finanza di Cosenza hanno ricostruito quanto avvenuto tra il 3 e il 15 maggio del 2012.
Stefania Russo, al settimo mese di gravidanza, si era presentata in ospedale una prima volta sostenendo di avvertire forti dolori a seguito di un incidente stradale. Alle verifiche dei sanitari, tuttavia, era risultato che sia lei che il feto stavano bene e, per questo, era stata rimandata a casa.
Dieci giorni dopo, la scena si era riproposta, questa volta però ad aspettare Russo al pronto soccorso c’era Sergio Garasto, il medico che, secondo gli investigatori, si è limitato a prendere atto della morte del nascituro, che non era ancora avvenuta. Il bimbo, infatti, nonostante l’aborto indotto (forse attraverso dei farmaci) e sia pure nato prematuro e ancora legato alla madre dal cordone ombelicale, era ancora vivo, tanto che un’infermiera ha poi affermato di averlo visto mentre «muoveva le manine». Da qui il sospetto inquietante secondo cui «il nascituro era stato lasciato morire», mentre sarebbe bastato recidere il cordone, attivare l’ossigeno e farlo respirare artificialmente per tenerlo in vita.
In ospedale, Stefania Russo aveva raccontato di essere stata vittima di un incidente stradale e di essere stata soccorsa da una conoscente. In sostanza, mentre si trovava a bordo dell’auto di alcuni amici, una seconda vettura avrebbe tagliato loro la strada facendoli finire fuori dalla carreggiata. A quel punto la donna, sempre secondo il suo racconto, avrebbe chiamato l’amica Annunziata Falcone, per farsi portare in ospedale.
Una versione che non ha poi trovato riscontro alcuno: non è stato infatti possibile rintracciare i presunti accompagnatori né riconoscere il luogo dell’incidente. Stefania Russo aveva detto di conoscere i suoi soccorritori solo per nome e non era stata in grado di identificarli.
Tantomeno fu rintracciato il luogo del presunto sinistro. I quattro però non sapevano che Garasto era intercettato perché sospettato di essere uno dei medici corrotti che, in cambio di denaro, fornivano falsi certificati ai truffatori delle assicurazioni. Quelle intercettazioni, invece, hanno permesso di scoprire tutta una serie di telefonate tra lui e la Falcone, così come tra il medico e Pietro Andrea Zangaro, personaggio che sarebbe stato tra gli ideatori del progetto criminale.
Adesso il sospetto più atroce che resta da accertare, secondo quanto riferito dagli investigatori, è addirittura che il bambino possa essere stato concepito proprio per poter realizzare la truffa. Tanto che il questore Luigi Liguori e il comandate della Guardia di finanza Giosuè Colella hanno spiegato che bisognerà indagare ancora per essere certi che in passato non vi siano stati casi analoghi.
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