
QUANDO C’È LA FIAMMA, LA COMPETENZA NON SERVE NÉ APPARECCHIA. ET VOILÀ!, CHI SBUCA CONSIGLIERE NEL…
Nick Fagge per http://www.dailymail.co.uk/
Il califfo Abu Bakr Al-Baghdadi ha personalmente disposto la decapitazione di una ragazza per omaggiare il matrimonio di una sadica donna-giudice dell’Hisbah, la temuta polizia religiosa dello Stato Islamico.
In realtà la sposa aveva richiesto la testa di un uomo per dimenticare la morte in battaglia dell’ex marito-mujaheddin ma il califfo, dall’alto della sua saggezza, le ha ricordato che in base alla stretta segregazione tra i sessi disposta dalla Sharia le è concesso di rifarsi “solo” su un’altra donna, e le ha offerto la testa di una giudice dell’Isis accusata di spionaggio.
Il macabro dono di nozze è solo una delle tante barbarie denunciate da una donna fuggita dai ranghi dell’Hisbah, la spietata polizia religiosa che vigila sugli oltre otto mila sudditi dello Stato Islamico applicando la legge islamica con rigore medievale.
Leena, nome di fantasia, ha descritto l’atmosfera soffocante che si respira sotto il regime islamico con bambini-informatori agli angoli delle strade, donne che ricevono 80 frustate in pubblico per aver commesso un errore, il potere corrotto di condannare un giudice alla decapitazione e i terribili abusi subiti dalle prigioniere yazide - vendute all’asta ai guerriglieri come schiave del sesso.
Leena ha detto che ci sono cinque donne inglesi che operano nell’Hisbah, e che apparentemente ricevono un trattamento di favore da parte dei capi, tra cui una bionda di nome Susanne e una rossa che si chiama Fatima.
“Appena arrivarono i primi ‘foreign fighters’ e le prime donne dall’estero - dice Leena - pensavamo che fossero degli eroi venuti a dare la loro vita per la nostra libertà. Ma poi fu chiaro che erano attratti solo dai soldi, dall’oro e dalle donne. Alla fine - conclude la donna - si rivelarono tutti degli stupratori e degli sciacalli”.
Tra i tanti esempi di quotidiana follia che vedeva per le strade di El Mayadin, la città siriana in cui viveva, Leena ricorda di una ragazza condannata a morte dopo che l’Hisbah scoprì che aveva inviato un messaggio su whatsapp a sua sorella lamentandosi delle restrizioni imposte dallo Stato Islamico.
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