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Massimo Gaggi per il Corriere della Sera
Marijuana libera da ieri in California. Non è solo una rivoluzione dei costumi per il peso anche culturale che il più grande Stato americano ha in questo Paese e nel resto del mondo, ma anche una svolta industriale con l' arrivo dei grandi gruppi in un mondo fin qui dominato da piccole attività artigiane e da un volontariato spesso border line tra lecito e illecito.
Ed è, forse, anche l' inizio di un conflitto politico e giuridico dalle conseguenze imprevedibili, visto che il consumo e il commercio di cannabis, già legalizzato da vari Stati poco popolati (Oregon, Nevada, Colorado, Washington State), è tuttora considerato un reato a livello federale. Il governo di Washington fin qui ha chiuso un occhio, anche per non mettersi in conflitto con la volontà popolare: sono stati gli elettori, infatti, a votare a favore della legalizzazione di questa droga leggera in apposite consultazioni referendarie.
Ora, però, che a sfidare i poteri federali è il gigante californiano, il governo promette di reagire con durezza per bocca del suo ministro della Giustizia: Jeff Sessions, l' arciconservatore dell' Alabama che è, però, l' esponente più debole del gabinetto Trump, visto che lo stesso presidente non perde occasione per attaccarlo.
Da ieri, con la liberalizzazione, ovunque sono stati aperti negozi e ritrovi dove possono essere preparati e consumati cibi e bevande a base di «erba». Ed è già molto trendy, da Los Angeles a San Diego, organizzare feste, tea party o bake sale (vendite per beneficenza di dolci fatti artigianalmente) alla canapa: il gusto di qualcosa di vagamente proibito finalmente assaporato in piena legalità.
Ma con la libertà arrivano anche parecchi problemi: il primo è il rischio di infiltrazioni criminali. La marijuana attira non per il business in sé ma per le opportunità di riciclaggio di denaro sporco che involontariamente offre: in un Paese nel quale ormai quasi tutte le transazioni vengono effettuate elettronicamente, per la cannabis tutto va fatto usando denaro contante.
Questo perché le banche vietano a chi opera nel settore l' accesso ai loro canali di pagamento temendo rappresaglie delle autorità federali, visto che questo commercio è ancora proibito a livello nazionale.
In California, poi, è arrivata anche una pesante corazza di norme - 276 pagine di precetti dello Stato, più regolamenti diversi varati da ogni municipio - che promettono di rendere un' attività oggi svolta a livello artigianale e volontaristico (nella marijuana per uso medico) qualcosa di molto più complesso e costoso. Regole in gran parte giuste e inevitabili in un campo così delicato: lo Stato ha, ad esempio, deciso che la cannabis non potrà essere mescolata con l' alcool, la nicotina, la caffeina e i prodotti ittici. Ma ha anche stabilito che potrà essere usata con una certa libertà in cucina e in cosmetica: sono già in vendita biscotti, torte e gelati alla marijuana, ma sono in arrivo anche creme anti-cellulite e stick per la protezione delle labbra alla canapa. La cioccolata con cannabis ha già i suoi seguaci, mentre è vietato metterla nelle caramelle e negli altri dolciumi per i bambini.
Ma chi fin qui ha coltivato piante di canapa artigianalmente già vede crollare un mondo e prevede (probabilmente a ragione) una moltiplicazione del prezzo di questa sostanza psicoattiva, visto che da ieri sono in vigore una tassazione cospicua - può arrivare fino al 45 per cento - e regole di ogni tipo: dall' obbligo di procurarsi una licenza commerciale anche solo per essiccare nel garage di casa le foglie delle piante coltivate in giardino, a quello di procurare coperture assicurative anche a chi ti offre una mano su base volontaria.
Facile, a questo punto, prevedere l' arrivo di grandi gruppi economici, certamente più a loro agio con la gestione di sistemi complessi di norme e attirati dalla ricchezza del mercato dei 40 milioni di californiani che già in passato, quando l' uso della marijuana era autorizzato solo per scopi medici, valeva oltre 7 miliardi di dollari l' anno. Un ulteriore incentivo l' ha dato lo stesso Stato della California: per proteggere i piccoli produttori aveva promesso di vietare coltivazioni di marijuana su superfici superiori a un acro. Ma nei regolamenti varati a dicembre questo limite è misteriosamente sparito, aprendo le porte ai «latifondisti dell' erba».
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