COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Michela Allegri per “il Messaggero”
Non era cambiato niente dal 1992, da quando Maurizio Abbatino, l' ex boss della Banda della Magliana, aveva descritto agli inquirenti la suddivisione del mercato romano della droga, spiegando come al Tufello il giro fosse gestito da Roberto Fittirillo, per tutti Robertino o Lo Zio, ex della Banda e ora - è l' accusa che ieri l' ha portato in carcere - fornitore di uno dei narcos più agguerriti della Capitale: Fabrizio Fabietti, che insieme al suo socio Fabrizio Piscitelli - il Diabolik ultrà della Lazio, ucciso con un colpo di pistola lo scorso anno - aveva messo in piedi un giro milionario.
Dai processi per omicidio legati ai tempi della Magliana e scaturiti dalla maxi-operazione Colosseo, Fittirillo era uscito indenne, ma, secondo gli inquirenti, in tutti questi anni non avrebbe mai abbandonato il giro, così come la carica di re del quartiere popolare nell' area Nord di Roma. Ieri, insieme a lui, sono finiti in carcere in 19, del gruppo di Robertino e di quello del Diablo. Lo Zio e i suoi soci si occupavano di fornitura e distribuzione di cocaina purissima, secondo l' accusa.
Grazie all' aiuto di Fabietti riuscivano a fatturare cifre da capogiro: fino a 5 milioni al mese. A incastrare tutti quanti, le intercettazioni e i pedinamenti del Gico della Guardia di Finanza, nell' ambito dell' operazione Magliana Fenix. A gestire l' aspetto logistico delle operazioni erano il figlio di Robertino, Massimiliano, e i complici Enrico Gentilezza e Angelo Braccini, tutti quanti arrestati su richiesta della pm Nadia Plastina.
La distribuzione spettava, invece ad Alessio Marini, Stefano Rossetti, Massimiliano Raguli e, saltuariamente, Danilo Perni. Erano loro che tenevano i contatti con gli acquirenti «all' ingrosso», compreso Fabietti. Già in carcere per narcotraffico, il socio di Piscitelli gestiva il giro dai domiciliari e aveva l' ossessione di essere controllato dalle forze dell' ordine. Ordinava a un genio dell' informatica alle sue dipendenze, Alessandro Telich, di effettuare periodicamente la bonifica di auto e appartamento. E per telefonare utilizzava solamente cellulari criptati, con applicazioni speciali per evitare le intercettazioni.
IL COVO Fabietti, grazie alle innumerevoli precauzioni tecnologiche, pensava di essere al sicuro. Ne era talmente convinto da avere trasformato la sua casa nel covo della banda. Era lì che si studiavano progetti criminali, si spartivano soldi, si decideva dove nascondere la droga. E proprio lì, Fittirillo aveva sempre rifiutato di andare di persona, nonostante i continui inviti del padrone di casa. Come quando nel maggio 2018 Raguli esortava Fabietti a incontrare di persona il fornitore: «Io già ci ho parlato, il figlio ti conosce». Fabietti non vedeva l' ora e si vantava: «Portamelo... mi conosce tutta Roma».
Ma Robertino non si è mai presentato. Fabietti rilanciava di continuo, un giorno aveva proposto di acquistare un ingentissimo quantitativo di stupefacente dando in garanzia orologi di lusso: «Digli a Zio se viene a parlare con me ha più di tremila garanzie, ho 40, 50 orologi, saranno un milione di euro».
Ma di nuovo nulla. Lo Zio voleva essere prudente: «Il problema è che stai agli arresti, magari fanno qualche foto», aveva detto a Fabietti un intermediario. Un mese dopo Fabietti aveva insistito di nuovo: in 10 giorni aveva piazzato droga per un milione e 360mila euro, pretendeva un incontro con il fornitore dopo l' arresto di uno dei loro uomini. «Questi non sono buoni a stare per strada, mi porti il proprietario? Gli ho tirato un milione e 4 In faccia in 15 giorni... guarda che io gli ho dato un milione tre e sessanta in 10 giorni».
L' impresa era difficile: «Parlo con lui, sono complicati, questi non vanno dentro le case», aveva risposto l' interlocutore.
LO SCHEMA Il gip Angela Gerardi sottolinea che dalle indagini è emerso uno «spaccato delittuoso di elevato livello». La distribuzione della cocaina avveniva secondo uno schema collaudato: i grossisti parcheggiavano la macchina in un luogo concordato e lasciavano le chiavi ai fornitori che, dopo avere spostato il mezzo nei loro depositi, lo imbottivano di droga. Poi lo stupefacente veniva venduto a una velocità impressionante. In tutta la città: «Senza confini e limiti territoriali di quartiere o area di influenza», sottolinea il gip.
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