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CARLO BRAVI, IL CHIRURGO PLASTICO CHE HA OPERATO SIMONETTA KALFUS, LA 62ENNE MORTA PER SEPSI DOPO UNA LIPOSUZIONE, A SETTEMBRE ERA STATO CONDANNATO A UN ANNO PER LESIONI COLPOSE AGGRAVATE, DOPO UNA MASTOPLASTICA COMPLETAMENTE SBAGLIATA – I SUOI AMBULATORI SONO FINITI PIÙ VOLTE NEL MIRINO DEI CARABINIERI DEL NAS E DELLA MAGISTRATURA PER IL SUO OPERATO E PER LE SCARSE CONDIZIONI DI IGIENE NELLE STRUTTURE DOVE OPERAVA: PROTESI ABBANDONATE E AMMASSATE SENZA PRECAUZIONI, TOTALE ASSENZA DI STERILIZZAZIONE E DI STRUMENTI ADEGUATI. ALLORA PERCHÉ GLI ERA ANCORA CONSENTITO OPERARE? – IL RACCONTO DELLA DONNA COINVOLTA NEL PRECEDENTE CASO: “PER RISCALDARE LA SALA OPERATORIA USAVA UNO SCALDINO DA BAGNO E DOPO L’OPERAZIONE…”
Estratto dell’articolo di Giuseppe Scarpa per “la Repubblica”
Timbri falsi, protesi mammarie ammassate e zero autorizzazioni. La carriera recente di Carlo Bravi, il chirurgo settantatreenne al centro dell’inchiesta per omicidio colposo della Procura di Roma per la morte di Simonetta Kalfus […] è segnata da un inquietante susseguirsi di sequestri, indagini e segnalazioni. […]
Negli ultimi anni, Bravi è finito più volte nel mirino dei carabinieri del Nas e della magistratura, ed è stato oggetto di una nota inviata il 17 ottobre 2023 dai pm romani all’Ordine dei medici «per l’eventuale adozione […] dei provvedimenti di competenza visti i procedimenti penali» che lo riguardano.
Il filoconduttore che unisce questi episodi? Irregolarità e scarsa igiene negli ambienti in cui esercitava il suo delicatissimo lavoro di chirurgo. […] Kalfus […] sarebbe morta a causa di una sepsi come emerge dai primi risultati dell’autopsia, almeno in altri due episodi la procura e i giudici hanno tratto conclusioni preoccupanti sull’operato del professionista.
Le protesi ammassate nello studio del chirurgo Carlo Bravi
Un capitolo cruciale riguarda lo studio romano di Bravi, dove effettuava le visite, a piazza Re di Roma sempre nella capitale. Qui, il 15 febbraio 2023, i carabinieri del Nucleo Antisofisticazioni sono intervenuti, mettendo i sigilli nello studio a causa di condizioni igienico- sanitarie preoccupanti.
L’inchiesta si è poi evoluta con altre accuse a carico del chirurgo. Il verbale dei militari descrive una scena sorprendente: protesi mammarie abbandonate, ammassate l’una sull’altra, appoggiate alla rinfusa su una scrivania accanto a un computer, alcune infilate in sacchetti di plastica, altre adagiate su scatole di cartone, altre ancora vicino a contenitori generici, senza alcuna precauzione.
Su questa vicenda il pubblico ministero Eleonora Fini ha portato Bravi a processo con l’accusa di esercitare attività diagnostiche nel suo studio senza le necessarie autorizzazioni del prefetto, in assenza di personale qualificato, come biologi e chimici, e di aver utilizzato il timbro di un altro medico per una ricetta.
Sempre Fini ha ottenuto una condanna per Bravi, lo scorso settembre, a un anno di reclusione per lesioni colpose aggravate per una operazione di mastoplastica completamente sbagliata.
Di questa vicenda si è già parlato nei scorsi giorni, la novità sono le motivazioni della sentenza che restituiscono un quadro critico del modo in cui l’uomo ha operato, il 27 novembre del 2017, una donna in un poliambulatorio di via Nazionale. Il giudice Antonella Bencivinni scrive che la «struttura sanitaria ove è stato eseguito l’intervento chirurgico (da parte di Bravi, ndr )è apparsa inidonea, in quanto non sterile, non asettica e non fornita delle strumentazioni adeguate a fronteggiare l’attività svolta».
È bene sottolineare che l’operazione su Kalfus è avvenuta in un altro poliambulatorio, nel quartiere Cinecittà. Il chirurgo, però, era lo stesso. E resta il racconto della donna coinvolta nel precedente caso, che in aula ha descritto con sconcerto il clima dell’intervento: per riscaldare la sala operatoria, aveva riferito, era stato usato uno scaldino da bagno. Dopo l’operazione […] il medico era diventato irreperibile. «Sono ricoverato a Parigi per una intossicazione alimentare — le scriveva Bravi — torno e ti chiamo». Ma non lo fece, costringendola a ricorrere al pronto soccorso. […]
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