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1.ANDREA UCCISO DAL TSO “STROZZATO DAI VIGILI CHE LO PORTAVANO VIA”
Gabriele Guccione per “la Repubblica”
Morire di Tso. Andrea Soldi, un «gigante buono» con i suoi 45 anni e 150 chilogrammi di peso, se n’è andato così. Quando mercoledì è arrivato al pronto soccorso dell’ospedale Maria Vittoria di Torino non respirava quasi più. Il suo «trattamento sanitario obbligatorio» non è finito con la solita iniezione per la terapia mensile da cui, racconta il padre Renato, fuggiva, rifugiandosi nei giardinetti di piazza Umbria. Ma con la morte che gli esperti definiscono «da immobilizzazione».
Bloccato, buttato a terra, ammanettato e portato via su una barella a pancia in giù. I vigili urbani l’hanno bloccato sulla panchina dove passava le giornate, nel quartiere popolare di corso Umbria, non distante dal centro della città. Dalle testimonianze degli amici del bar Ari’s di via Bari emerge un racconto che mette in crisi la versione ufficiale.
LUOGO DELLA MORTE DI ANDREA SOLDI
«Sono arrivati con una macchina nera — racconta Maria Terezia Ifrim — sono scesi e si sono avvicinati alla panchina su cui era seduto Andrea. Un agente gli è andato dietro, l’ha afferrato per il collo, finché è diventato nero. La lingua gli usciva dalla bocca. Poi l’hanno buttato giù, faccia a terra, vicino alla panchina. Lo hanno ammanettato dietro la schiena, come se dovessero portarlo in galera. È arrivata l’ambulanza, che era ferma qui davanti, e l’hanno caricato. Lui non si muoveva più».
Al suo arrivo al pronto soccorso, riferisce l’Asl, Andrea «era già in arresto respiratorio». La polizia municipale, in un comunicato, all’inizio parlava di un «uomo in escandescenza» che aveva «accompagnato » in ospedale. E aggiungeva che dopo il «ricovero, alle 16.13, era giunta la notizia della morte».
Per fare chiarezza la procura ha aperto un’indagine. Il pm Raffaele Guariniello ha disposto per lunedì l’autopsia del cadavere di Soldi. E secondo le prime ricostruzioni contenute nella relazione del 118, solo quando sono arrivati al pronto soccorso i vigili urbani hanno consegnato ai sanitari le chiavi per togliere le manette ai polsi di Andrea. Dal canto suo il Comune fa sapere che «dalla relazione di servizio consegnata al magistrato non sembrano emergere fatti di particolare rilevanza nel comportamento degli operatori ».
La polizia giudiziaria ha cominciato ieri sera a sentire i primi testimoni della “comunità dei giardinetti” di piazzale Umbria. La dinamica che ricostruiscono i testimoni è drammatica, e anche il padre della vittima, Renato, l’ha scoperta solo ieri dai loro racconti. La famiglia Soldi vuole la verità. Dice il cugino della vittima, l’avvocato Giovanni Soldi: «Andremo fino in fondo perché quello che è successo ad Andrea non è accettabile in un Paese civile. Qualcosa non è stato fatto come doveva, non so a chi possa essere attribuita la responsabilità, ma faremo di tutto per scoprirlo».
Il legale ha nominato un consulente, il tenente colonnello Giovanni Stocovaz, medico legale e psichiatra dell’Università di Pavia.
Andrea, per i tanti che lo conoscevano, perché ogni giorno quella panchina, la prima, era la sua, non può aver dato in «escandescenza ». «Non faceva male a nessuno — ricorda Maria Terezia — stava qua al bar, o seduto sulla sua panchina, a volte chiedeva una sigaretta». La sigaretta, l’ultima scroccata, gli amici hanno voluto riporla sulla sua panchina.
2. “CON CHE CATTIVERIA ME L’HANNO AMMAZZATO”
G.G. per “la Repubblica”
«Se avessi saputo, se solo fossi stato presente...». Renato Soldi, l’ottantenne padre di Andrea, il «gigante buono» morto durante un Tso finito male, piange accanto alla panchina preferita di suo figlio. Ai giardinetti multietnici di piazzale Umbria, a pochi passi dal centro di Torino, va in scena il momento del ricordo e della rabbia. Renato e sua figlia Cristina, in lacrime, apprendono dagli amici che erano presenti come Andrea è stato portato via mercoledì pomeriggio dai vigili urbani. Il marocchino Khaled, la romena Maria Terezia, la barista cinese Ari: tutti, sono una cinquantina, si stringono attorno a lui.
Signor Soldi, le avevano detto che cosa è successo qui mercoledì pomeriggio?
«Non sapevo tutto questo, non posso crederci. L’altra sera, dopo le 16.30 mi hanno chiamato dall’ospedale per dirmi che Andrea non ce l’aveva fatta. Ma non potevo immaginare, altrimenti non l’avrei mai permesso».
I testimoni raccontano che Andrea è stato messo faccia a terra, immobilizzato per dieci minuti con le manette. E così portato in ospedale. Cosa ha pensato quando gliel’hanno detto?
«Mio figlio, l’hanno ammazzato con cattiveria. Non ha mai fatto niente di male a nessuno Andrea ».
Perché il centro di salute mentale aveva predisposto il trattamento sanitario obbligatorio?
«Andrea rifiutava le cure. Ma quello era un intervento programmato, una volta al mese per fargli fare la puntura. Non doveva finire così».
(g.g.)
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