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Antonella Aldrighetti per “il Giornale”
Parola d' ordine: prudenza. Sebbene dai numeri raccolti e divulgati dall' Istat l' aumento dei matrimoni nella nostra penisola, negli ultimi due anni, sia dovuto essenzialmente alle nozze di cittadini italiani con stranieri, (in tutto le unioni sono 4.260, pari al 15 per cento del totale) capita, sempre più spesso, che questi matrimoni falliscano in tempi brevi. Il 73% dei matrimoni misti, si rompe dopo tre anni nel caso in cui la coppia è formata da donne di credo cattolico e uomini di fede islamica.
In valore assoluto di unioni così se ne contano circa 920 all' anno, perché il resto dei rapporti tra donne italiane e musulmani del nord Africa si consuma in una convivenza di breve periodo. Tracciando un quadro generale emerge che gli uomini italiani che negli ultimi due anni (ovvero tra il 2015 e il 2016) hanno sposato una cittadina straniera hanno scelto nel 20% dei casi una moglie rumena, nel 12% un' ucraina e nel 6 una russa.
Nel complesso quindi oltre una sposa straniera su due è cittadina di un paese dell' Est Europa. Le donne italiane che hanno sposato un cittadino straniero invece, hanno scelto più spesso uomini provenienti dal Marocco (13%), dall' Albania (11%) e dalla Romania (6%). Vale a dire che per il 24% gli stranieri che contraggono il matrimonio sono uomini di fede musulmana (marocchini e albanesi).
La frequenza di questo tipo di matrimoni è strutturalmente più elevata nelle aree del nord e del centro Italia, in cui è più stabile e radicato l' insediamento delle diverse comunità straniere. Nel nord-est, quasi un matrimonio su cinque ha almeno uno sposo straniero (20%), al nord-ovest e al centro questa quota si abbassa al 15, mentre al Sud e nelle Isole si registrano proporzioni prossime al massimo al 6% del totale delle nozze.
Tuttavia la tenuta dei matrimoni misti è pressoché uguale in tutta la penisola, senza differenze di aree. Le donne italiane che hanno scelto un partner straniero provenienti dal nord Africa sono tra le prime protagoniste di separazioni e divorzi. E il motivo preponderante dell' instabilità coniugale che porta poi alla fine dell' unione è la diversità di confessione fra i coniugi che, già nei primi mesi dopo il matrimonio, comincia a costituire ostacoli.
Da tenere presente che la differenza religiosa porta quasi sempre i matrimoni misti a essere celebrati con rito civile. Prerogativa che fa emergere, dalle analisi statistiche effettuate, quanto invece il matrimonio religioso freni la propensione al divorzio. Nel caso specifico di una coppia cattolico-musulmana tuttavia è molto difficile che l' uomo si converta al cattolicesimo a differenza della donna che accetta anche di abbracciare la religione del marito ma questo non basta quasi mai a stabilire una completa integrazione fra i coniugi.
Via via che passa il tempo e, che la coppia ha dei figli, gli ostacoli culturali si trasformano in barriere insormontabili. Le problematiche che emergono sono problematiche strettamente sociali: dalle frequentazioni esterne alla famiglia, all' educazione dei figli, all' alimentazione scelta, fino all' abbigliamento preferito.
Non ultimo il carattere strettamente prevaricatore della sharia (la «via giusta») per le donne sposate a un musulmano che devono accettare senza eccepire, tutti i dettati del marito. Compresa la poligamia. E secondo l' Islam la seconda (o terza, o quarta) moglie può essere ripudiata senza godere di alcuna tutela giuridica.
Questo per dire che i richiami all' amore, esternati nel periodo del fidanzamento non sembrano sufficienti a superare le differenze oggettive. Nella famiglia, primo tassello della società, assai difficilmente l' uomo musulmano si adatta ma sarebbe meglio si piega, a suo dire - al modo di vivere della consorte cattolica. È lui invece che vuole prevaricare la cultura della moglie e imporre la propria.
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