COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Emiliano Fittipaldi per https://www.editorialedomani.it
L’inchiesta giudiziaria che ha terremotato l’inner circle di Giuseppe Conte e che vede coinvolto anche Luca Di Donna, ex socio dell’avvocato di Volturara Appula accusato di aver intermediato illegalmente business su mascherine e test molecolari, offre ogni giorno nuovi spunti investigativi.
Non solo sui reati ipotizzati, ancora cristallizzati nel decreto di perquisizione al socio dell’ex premier, al legale Gianluca Esposito e altri 11 imputati, indagati a vario titolo per traffico di influenze illecite e associazione a delinquere. Ma anche sulle mosse dell’imprenditore Giovanni Buini, il supertestimone dalle cui dichiarazioni è partita l’inchiesta della procura di Roma.
ARRIVA BERTOLASO
Domani ha già dato conto di come l’11 maggio del 2020 la struttura commissariale per l’emergenza Covid, al tempo guidata da Domenico Arcuri, avesse deciso di restituire al mittente mezzo milione di mascherine fornite dal titolare della società Ares Safety. Una scelta apparentemente anomala (al tempo c’era grande penuria di dispositivi individuali) e avvenuta subito dopo la decisione, da parte di Buini, di far saltare l’accordo economico preso con Di Donna ed Esposito.
Se la procura sta indagando per capire se ci siano stati abusi, Domani è ora in grado di raccontare che Buini la stessa sera del 5 maggio, poche ore dopo il secondo incontro avuto con Di Donna (durante il quale era presente sia il capo di gabinetto dell’Aise Enrico Tedeschi sia un carabiniere in servizio all’agenzia che lo aveva accompagnato) accende il computer e manda una email ad Arcuri in persona. Una missiva nella quale non fa alcun cenno agli incontri con l’amico dell’allora premier grillino.
Ma tira in ballo Guido Bertolaso, al tempo consulente per l’emergenza Covid della regione Lombardia a guida leghista. «Buonasera commissario Arcuri, sono Giovanni Buini, titolare di una società che vende dispositivi di protezione individuale. Ci siamo sentiti per tramite di Guido Bertolaso e vi abbiamo fornito una partita di mascherine chirurgiche 10 giorni fa», scrive l’imprenditore. «La informo che possiamo darle 10 milioni di mascherine chirurgiche e due milioni di mascherine FFP2 a settimana a condizioni vantaggiose. Le chiedo un appuntamento per proporle di regolarizzare le possibili forniture future. Cordiali saluti».
COMPAGNI DI GOLF
Buini sembra dunque cercare in quei giorni non solo la mediazione (poi saltata per le presunte richieste economiche di Di Donna) con uomini dell’entourage di Conte, ma anche con un pezzo da novanta vicino al centrodestra come Bertolaso. Che, risulta a fonti vicino la struttura anti Covid, avrebbe davvero presentato l’imprenditore perugino all’ex commissario.
A insaputa degli interessi di Buini, come già per i “trafficati” Arcuri e Conte? Sentito al telefono lo stesso Buini dice: «Non mi ricordo della mail che avrei mandato ad Arcuri. Le dico però che avevo già lavorato con la struttura commissariale prima di conoscere Di Donna. Mi ero sentito più volte con l’ex capo della protezione civile Angelo Borrelli. Bertolaso? Siamo solo amici, giochiamo a volte insieme a golf. Ma non credo lui avesse strumenti di darmi nessunissima introduzione ad Arcuri».
I CONTROLLI
La vicenda del testimone Buini dunque si complica. Così come i motivi della «singolare coincidenza» temporale – così la chiamano i pm – tra l’interruzione dei rapporti con Di Donna e la decisione da parte di Arcuri di chiudere i rapporti con la Ares Safety. Il sei maggio, il giorno dopo l’incontro con Di Donna, l’azienda del commerciante riceve infatti a sorpresa una visita dai carabinieri del Nas, e l’indomani un altro controllo della Guardia di finanza.
Una doppia ispezione di cui la struttura commissariale viene subito a conoscenza: sarebbe l’evento che mette in allerta Arcuri, convincendolo a restituire a Buini le mascherine già consegnate. Una motivazione plausibile, seppure nella mail mandata dal braccio destro di Arcuri Antonio Fabbrocini all’imprenditore l’11 maggio non vi siano spiegazioni di sorta, se non una frase generica che tira in ballo «sopravvenute mutate esigenze» degli uffici.
domenico arcuri e i banchi monoposto
L’imprenditore nega comunque che con le sue dichiarazioni ai magistrati abbia voluto finanche congetturare ritorsioni contro di lui, né vuole accusare i Nas e la Gdf di controlli ad orologeria. «La procura farà le sue valutazioni, sono il primo a dire che possano essere solo di suggestioni. Vedremo. Sono solo un commerciante che provava a vendere mascherine. Non cerco notorietà».
LA CENA
Arcuri e i suoi ex collaboratori (nessuno di loro è indagato) presto potrebbero essere ascoltati dagli investigatori per dare la loro versione dei fatti, e sciogliere ogni dubbio sul perché abbia restituito la fornitura. Intanto, risulta a Domani, che qualche incontro tra l’allora commissario e l’avvocato Di Donna è davvero avvenuto. Di sicuro a fine luglio del 2020 quando Arcuri si è seduto al tavolo di un ristorante dei Parioli, il Gallura. A una cena a cui era presente proprio Di Donna, l’avvocato Esposito, il professor Federico Tedeschini, un importante direttore generale del Mise e due altri avvocati.
Arcuri sarebbe arrivato a metà della serata, invitato da Esposito per un saluto rapido. Se sappiamo che è stato quest’ultimo a pagare il conto, non conosciamo il contenuto delle discussioni della comitiva.
«Solo una cena per salutarsi prima delle vacanze», spiega uno degli astanti. Che aggiunge che non c’è nulla di anomalo o conflitti di interesse o opportunità, anche perché «Arcuri ed Esposito si conoscono da anni». L’avvocato oggi indagato è stato in effetti per anni direttore generale degli incentivi alle aziende del Mise, un ufficio che interloquisce proprio con Invitalia, di cui Arcuri è amministratore delegato dal 2007.
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