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LA CAREZZA: Il caro Censis, gli italiani e la scienza del dottor Kranz
Francesco Merlo per “la Repubblica”
C hi non sapeva che in Italia va forte l' uomo forte, capitano, duce, arruffapopolo e mazziere?
Eppure, sabato scorso, il Censis, che è l' acronimo latineggiante di un' importantissima istituzione che si chiama Centro Studi Sociali, ce l' ha rivelato ex cathedra: «disamorati e risentiti, gli italiani vogliono essere governati da un uomo forte al di sopra del Parlamento».
Dunque scrivevano il vero tutti quei libri di storia che ci mettevano in guardia su Garibaldi e l' archetipo nazionale dell' uomo d' azione come uomo di mano e uomo d' ordine, mai leader ma sempre grande capo come gli squadristi Balbo e Farinacci, e ovviamente D' Annunzio e Mussolini.
Ed era scientifica l' ossessione del «qui ci vuole un uomo» non importa se mezzo vero e mezzo finto, se autocelebrativo, declamatorio ed anche un po' ridicolo, come il Craxi decisionista con gli stivaloni, come il celodurista Bossi e Sua Emittenza Berlusconi, e ora il truce Salvini, perché sempre "l' uomo della provvidenza" in Italia è un eroe comico e drammatico: Di Pietro e D' Alema, Renzi e Beppe Grillo "e quando c' era lui, caro lei".
Grazie al Censis, possiamo addirittura dar ragione a Giorgio Bracardi che per Renzo Arbore cantava (1974): «Se ce fosse Pippe Baude a comandar. La situazione è grave, non se ne può più / la gente invoca l' uomo forte:/ se ce fosse Pippe Baude a comandar. Peeeeee! Peeeee!». Per farmi perdonare l' ironia da Giuseppe De Rita, che so spiritoso e che del Censis è il dominus dal 1964, passo ora alle sostanze identitarie profonde svelate dal rapporto presentato sabato scorso: gli italiani "sono stressati", "si arrangiano", "si rifugiano nel privato e nel piccolo", "non ne possono più dei politici in tv", "i giovani più preparati fuggono all' estero", e "tutti stanno incollati allo smartphone".
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Ma va? E magari l' anno prossimo, nel già attesissimo rapporto del 2020, il Censis scoprirà che lo facciamo trillare ad alto volume sui treni e non lo spegniamo neppure in chiesa. Ci viene il dubbio che in 55 anni di raggi X sociologici, il Censis ci abbia detto tutto, proprio tutto quello che... sapevamo.
Ma come si riesce a vestire di autorevolissima sapienza il luogo comune? Con la scienza sociale, ovviamente, misterioso e sussurrato contrappunto della banalità. Ecco: solo illuminando l' ozio post industriale con la memoria semantica, il Censis ha potuto certificare l' amore dell' italiano per la mamma. E non si potrebbe accertare la nostra terribile diffidenza vero lo Stato e i suoi titoli, i famosi Bot, se non studiando le variabili qualitative, le variabili quantitative e quelle misurabili (base per altezza) dei gruppi in formazione.
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Ancora: solo valutando le socialità visuocostruttive e lo sfondo mnesico si può stabilire non solo che ci piace la pizza, ma che la consideriamo un bene rifugio. Non dico che la sociologia scientifica sia come la medicina del dottor Tersilli (Alberto Sordi), quello che faceva il saltello. Ma ho il sospetto che talvolta, somigli alla scienza del dottor Kranz di Paolo Villaggio, quello che gridava: «Chi viene voi adesso?».
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