IL BOTTO DI FINE ANNO: IL 1 AGOSTO 2024 (DUE SETTIMANE DOPO IL TAGLIO SUL CAPOCCIONE) GENNARO…
Estratto dell’articolo di Simona Lorenzetti per www.corriere.it
Il loro terreno di caccia erano due piattaforme on line: Subito.it e Bakekaincontri.com.
Selezionavano gli annunci dal tenore sentimentale, poi contattavano gli inserzionisti e fingendosi agenti della polizia postale paventavano violazioni di ogni genere, costringendoli così a pagare pesanti multe per non incorrere in guai peggiori con la giustizia.
Un giro di truffe 2.0 in cui sono rimaste intrappolate decine di vittime che hanno sborsato centinaia e centinaia di euro perché il lato privato della loro vita non finesse in un’aula di Tribunale. Adesso in Tribunale ci sono coloro che a quelle truffe (a vario titolo) avrebbero preso parte, anche solo prestando il proprio nome e la post pay per l’accredito dei versamenti.
L’indagato principale, Simone Atzori, 43 anni (difeso Antonio Mencobello), è in carcere: sta scontando quattro anni di reclusione, inflitti al termine di un patteggiamento. Pena che si aggiunge a una precedente condanna, sempre a quattro anni, per episodi già passati in giudicato. Alla sbarra ci sono i presunti complici. [...]
[...] alle vittime [...] veniva detto di aver pubblicato un annuncio «dal contenuto vietato», «non igienicamente certificato», «privo di autocertificazione» o «pornografico».
Tutte bugie, il cui unico scopo era destare ansia e preoccupazione nel malcapitato, convinto di essere stato contattato dalla polizia postale. A quel punto, i presunti truffatori […] forzavano la mano, paventando all’inserzionista chissà quali conseguenze: arresto, querele, processi penali, sequestro di beni, comunicazioni ufficiali alle consorti e convocazioni di servizi sociali per prendere in carico i figli minori. Tanto bastava per gettare le vittime nel panico, timorose di vedere andare la propria esistenza in frantumi per un annuncio equivoco.
A un uomo il falso agente aveva contestato di «aver navigato su un sito senza aver prima effettuato la necessaria registrazione» per poi prospettargli l’eventualità di inviare una pattuglia che «avrebbe portato via la sua bambina».
In sostanza, questo era il messaggio sotteso alle minacce: la pratica poteva essere risolta con un click, cioè con un versamento di qualche centinaia di euro. Dopodiché, tutto sarebbe stato archiviato. I soldi erano da versare su carte post pay, a volte in più tranche. Negli atti si parla di versamenti di 400, 700, 1.000 euro.
Tra le vittime c’è anche chi ha versato 4.200 euro per evitare conseguenze penali. [...]
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