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LA FINE DEL CHAPO CINESE - TSE LI CHOP, IL CRIMINALE PIÙ RICERCATO DELL’ASIA, È STATO ARRESTATO ALL’AEROPORTO DI AMSTERDAM MENTRE ASPETTAVA DI IMBARCARSI SU UN AEREO PER IL CANADA: IL 57ENNE COMANDAVA UN “CARTELLO” DI NARCOTRAFFICANTI LEGATO A CINQUE TRIADI, CHE DOMINA UN BUSINESS DA 70 MILIARDI DI DOLLARI – IN PASSATO È SFUGGITO ALL’ERGASTOLO FINGENDO DI…

Guido Santevecchi per "www.corriere.it"

 

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La caccia è finita a Schiphol, l’aeroporto di Amsterdam. Alla fine ha commesso un errore anche lui, Tse Li Chop, il criminale più ricercato dell’Asia, un cinese che muoveva droga per miliardi di dollari attraverso il Pacifico ma non ostentava la sua ricchezza. La polizia olandese lo ha individuato mentre aspettava di imbarcarsi su un aereo per il Canada e lo ha bloccato.

 

Tse Li Chop, 57 anni, cantonese con passaporto canadese, comandava un «cartello» di narcotrafficanti legato a cinque Triadi, che domina un business da 70 miliardi di dollari. Secondo stime dell’Unodoc, l’agenzia Onu che si occupa di droga e crimine, la sua quota personale nel giro valeva tra gli 8 e i 17 miliardi all’anno. «Tse Chi Lop è la versione asiatica del messicano El Chapo e del colombiano Pablo Escobar», ha detto Jeremy Douglas, direttore Unodoc per la regione asiatica.

 

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Negli ultimi anni era stato segnalato a Bangkok, dove sarebbe stato protetto da una squadra di kickboxer thailandesi; a Macao, dove in una notte aveva perso 66 milioni di dollari al casinò; a Taiwan e Hong Kong. Tse era abituato a volare su un jet privato, ma questa volta aveva cambiato piano e non è sfuggito all’archivio digitalizzato della polizia di frontiera olandese. O forse è stato tradito, perché una caccia del genere si avvale anche di fonti di intelligence.

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La caccia per più di dieci anni è stata guidata dalla polizia australiana, in collaborazione con investigatori di altri venti Paesi. «The Company», L’«Azienda», come la chiamano gli adepti, è specializzata in metamfetamine, eroina e ketamina, spedite a tonnellate in una dozzina di Paesi, dal Giappone alla Nuova Zelanda. La polizia taiwanese descrive Tse come «amministratore delegato di una multinazionale»: il capo lascia ai suoi luogotenenti il lavoro più sporco, lo smercio della droga, i regolamenti di conti, lui si dedica al riciclaggio degli utili, attraverso i casinò, gli alberghi e le società immobiliari nella regione del Mekong, il grande fiume che scorre nel Sudest asiatico.

 

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Secondo gli investigatori internazionali la triade del Chapo asiatico è riuscita anche a stringere rapporti con funzionari governativi dei Paesi attraversati dal Mekong, dalla Thailandia al Laos, alla Cambogia. Nella regione la Cina ha promesso di costruire una rete di infrastrutture, autostrade, ferrovie e centrali energetiche e i «ragionieri» del narcotraffico stanno cercando di ripulire il loro denaro in quei progetti. Un socio di Tse, il boss «Dente rotto» Wan Kuok Koi, secondo il Dipartimento della Giustizia di Washington sarebbe particolarmente attivo in questo campo.

 

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Alla rete del «most wanted» Tse la polizia ha dato il nome «Sam Gor», che in dialetto cantonese significa «Fratello numero tre» ed è anche uno degli alias di Tse. E nella regione di Canton comincia la storia del narcotrafficante: dopo la Rivoluzione culturale maoista che gettò nel caos la Cina tra il 1966 e il 1976, un gruppo di Guardie Rosse rimaste senza una causa per cui combattere aveva costituito una banda criminale chiamata «Grande Cerchio», simile a una triade. Il giovane Tse aderì e come altri banditi si trasferì a Hong Kong, dedicandosi al contrabbando. Quando la polizia dell’allora colonia britannica si mise sulle sue tracce, Tse si rifugiò in Canada, nel 1988. Era diventato un trafficante di eroina di medio livello. Gli archivi criminali registrano il suo nome di nuovo nel 1998, questa volta a New York.

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Sfuggì all’ergastolo sostenendo di avere i genitori in fin di vita in Cina, bisognosi di cure continue, disse di aver lasciato a Canton un figlio, anche lui malato e solo. La storia lacrimevole fu creduta e la corte americana gli diede solo nove anni. Scontata la pena, nel 2006 tornò in Canada e scoprì le metamfetamine. Dice ancora il dossier della polizia australiana: diversamente da El Chapo e Pablo Escobar, che conducevano vite esagerate, il cinese si mimetizza e soprattutto ha dato al suo «cartello» una struttura di regole che ne fanno un’organizzazione estremamente disciplinata, degna di un’agenzia di intelligence. Niente sparatorie e rese dei conti spettacolari, come in Messico e Colombia. L’Asia è molto più sofisticata, anche nel delitto.

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