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LO CHIAMAVANO “INSEMINATOR” - UN FRANCESE HA DONATO IL SUO SEME PER FAR NASCERE 60 BAMBINI - HA DUE MATRIMONI ALLE SPALLE, VIVE DA SOLO E HA GIA’ QUATTRO FIGLI “UFFICIALI” - DAL 2007 HA DECISO DI AIUTARE TUTTE LE DONNE CHE VOGLIONO DIVENTARE MAMME: “FIN QUANDO CONTINUERÒ? FINCHÉ NON NE POTRÒ PIÙ. MA FINO A CHE LA DOMANDA C'È...”
Manuela Gatti per “il Giornale”
Chissà se un giorno i suoi quattro figli «ufficiali», passeggiando chissà dove per il mondo, si imbatteranno in persone dallo sguardo familiare, dalla camminata già vista, dai lineamenti così simili ai propri. Non sarebbe improbabile, dato che i quattro figli del «superpapà» francese hanno 60 fratellastri e sorellastre. No, non si tratta di un uomo dalla vita sregolata.
Ma di un padre che una decina d' anni fa ha deciso di donare senza limiti il proprio sperma. Mezza età, 1,71 metri d' altezza, capelli castani e occhi marroni: così si descrive sul suo blog, come racconta il quotidiano francese Le Figaro che l'ha intervistato in cambio dell' anonimato. Di lui sappiamo soltanto che ha due matrimoni finiti alle spalle e che vive da solo nella Dordogna, in Francia. E che è fermamente convinto che «tutte le donne abbiano il diritto di avere figli».
Per questo, dal 2007, ha deciso di aiutare tutte quelle che, nonostante lo vogliano, non riescono a diventare mamme. «Sole o in coppia, omosessuali o etero, belle o brutte, vecchie, grosse, di tutti i colori e nazionalità - ha spiegato il superpapà - a me non importa».
Sul suo computer ha una tabella Excel in cui si appunta i dati di tutti i «suoi» bambini - data di nascita, cognome, sesso, luogo di residenza - per evitare rischi di consanguineità. La donazione del seme, sempre gratuita, può avvenire attraverso un rapporto sessuale, altrimenti il materiale viene messo in un barattolino e poi iniettato con una siringa. «Fin quando continuerò? Finché non ne potrò più - prosegue -. Ma fino a che la domanda c'è...».
Un caso simile, in Italia, è stato raccontato da Vanity Fair. Il protagonista su Facebook si fa chiamare «Donato Re» ed è qui che viene contattato dalle donne che non riescono a rimanere incinte a causa dell'infertilità dei compagni, delle attese e dei costi eccessivi della fecondazione assistita o perché omosessuali (in Italia la legge 40 del 2004 prevede che possano accedervi solo coppie maggiorenni stabili e di sesso diverso).
Il «superpapà» italiano, un 37enne emiliano, usa il suo profilo social anche per pubblicare gli esiti degli esami medici a cui si sottopone regolarmente, «per garantire di non avere Hiv, epatiti e sifilide».
Al momento dell'intervista riferiva di avere una ventina di «riceventi», cioè di aspiranti mamme a cui ha donato il seme, ma «questo non significa che ho venti figli - ha spiegato - perché purtroppo alcune sono sparite senza farsi più sentire». Lui, però, continua a donare, «perché aiutare in modo disinteressato rende migliori e dà gioia. E poi perché è meraviglioso vedere o sapere che un grembo femminile cresce grazie alla donazione».
Non è solo «Donato» a utilizzare i social network per donare il proprio seme. Basta una rapida ricerca su Facebook per scovare diversi gruppi italiani, spesso addirittura regionali, il cui obiettivo è far incontrare domanda e offerta. «Cerco seme in zona X», «Dono seme in zona Y», sono i post più diffusi, e c'è anche chi allega una breve descrizione fisica di se stesso. È un universo a parte, in cui mancano gli intermediari e qualunque tipo di regolamentazione.
Ma se in tanti si rivolgono alla rete anche per avere figli, qualcosa vorrà dire. In Italia, secondo i dati dell' Istituto superiore della sanità citati dall' Espresso, ci sono 354 centri pubblici e privati che si occupano di procreazione assistita, grazie ai quali nel 2015 (ultimo dato disponibile) sono nati 12.836 bambini, il 2,6% del totale delle nascite.
Ma la legislazione italiana è restrittiva: in Italia un donatore non può far nascere (in teoria) più di 10 figli e, tra gli altri requisiti, deve avere al massimo 40 anni (43 per le donne). Inoltre i gameti, cioè spermatozoi e ovociti, possono essere donati ma non venduti, il che fa sì che nel nostro Paese le banche del seme siano mezze vuote. E così gli aspiranti genitori si riversano in rete.
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