DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E…
Irene Famà per “La Stampa”
«Non è che "Gino" c'entra qualcosa?». È il senso delle chiacchiere al telefono intercettate dalla polizia ascoltando le conversazioni tra amici e conoscenti di Luigi Oste, il barista sessantaduenne in cella con l'accusa di aver ucciso Massimo Melis.
Frasi di questo genere hanno rafforzato i sospetti degli investigatori della Squadra Mobile, diretti da Luigi Mitola, che sin dal primo momento avevano imboccato la pista passionale ritenendola più solida di altre, ugualmente scandagliate. Ieri, l'udienza di convalida del fermo davanti alla gip Valentina Soria, che si è riservata la decisione.
La pubblico ministero Chiara Canepa ha chiesto la misura cautelare in carcere presentando ulteriori indizi di colpevolezza. Oste si è avvalso della facoltà di non rispondere. E il suo difensore, l'avvocato Salvo Lo Greco, commenta: «Mancano gli elementi per convalidare il fermo».
Di che elementi si parla? Dell'omicidio non c'è un'immagine dell'agguato, avvenuto domenica 31 ottobre nel parcheggio condominiale al fondo di via Gottardo, quasi a ridosso del sottopasso di via Toscanini. Ma c'è una sequenza che collocherebbe il presunto assassino nelle vicinanze del luogo del delitto.
Secondo la difesa, quel frame non è indicativo: Oste abita in corso Vercelli, vicino al bar che gestisce, "L'angelo azzurro", aperto sino alle 24. Per gli inquirenti, invece, sarebbe un indizio che dimostrerebbe la sua presenza, in movimento, a pochi metri dal parcheggio dov' è stato ucciso Melis.
L AUTO DOVE E' STATO TROVATO MORTO MASSIMO MELIS A VIA GOTTARDO - TORINO
C'è poi la questione orario: l'ambulanziere della Croce Verde, 52 anni, è stato ammazzato intorno alle 21, con un solo colpo di pistola alla tempia. Ed è proprio intorno alle 21 che Oste viene ripreso dalle telecamere. Il presunto assassino, proprio perché abita lì, non avrebbe avuto bisogno di fuggire con un'auto, ma sarebbe dovuto semplicemente tornare a casa a piedi.
Come se fosse la solita passeggiata serale di cui raccontano diversi testimoni. Sempre secondo la difesa, il fermo sarebbe «immotivato»: Oste non avrebbe mai manifestato la volontà di allontanarsi dalla città. La Squadra Mobile invece ha accertato che negli ultimi giorni, il barista ha cambiato due utenze telefoniche.
OMICIDIO MASSIMO MELIS VIA GOTTARDO
Perché? Temeva di essere intercettato? Non voleva lasciare tracce di sé? Il movente del delitto è la gelosia. Oste si sarebbe invaghito di Patrizia Cataldo, che lavora nel bar "Caffè Gottardo", a trenta metri dal suo, e che vive nel condominio davanti al luogo dell'omicidio. Melis, amico del cuore della donna, avrebbe suscitato l'odio del sessantaduenne. Sarebbe stato considerato un rivale, un ostacolo da eliminare.
A sostegno di questa ricostruzione ci sono dei messaggi inviati da Oste a Patrizia. Messaggi che gli investigatori ritengono eloquenti del rancore, «ostili nei confronti sia di lei sia della vittima». Ancora ieri la Squadra Mobile ha cercato di recuperare l'arma del delitto, un Revolver calibro 38. Gli agenti hanno perquisito varie abitazioni e luoghi che Oste era solito frequentare. Ha chiesto aiuto a qualcuno? Ha lasciato la pistola in custodia a qualcuno? Questo è uno degli elementi al vaglio degli inquirenti.
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