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Estratto dell’articolo di Francesco Moscatelli per “la Stampa”
beko europe stabilimento siena
«Ci stanno vendendo come pecore. Questi sono interessati solo ai marchi, lo si era capito fin dall'inizio. Mi spiace soprattutto per i giovani e per chi lavora nell'indotto. Qui almeno riusciamo a farci sentire, ma le realtà più piccole come faranno?». Santo Torre, 61 anni, è in pensione da sei mesi, ma questa mattina non ce l'ha proprio fatta a restare a casa. Si è messo un giaccone pesante, il cappello giallo, e ha raggiunto i cancelli della Beko di Cassinetta di Biandronno per portare il suo sostegno ai colleghi di una vita.
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Mercoledì la multinazionale turca degli elettrodomestici del gruppo Arçelik, che solo pochi mesi fa ha rilevato il 75% di Whirlpool e i relativi brand, ha presentato al ministero delle Imprese e del Made in Italy (MiMit) un piano industriale che prevede tagli pesantissimi in tutta Italia: la chiusura di due fabbriche (Siena e Comunanza, in provincia di Ascoli Piceno, oltre al centro ricerca di Fabriano) e la soppressione di 1.935 posti di lavoro sui 4.440 totali.
Solo a Cassinetta, dove si producono frigoriferi, forni e forni microonde, si ipotizza di eliminare due linee del "freddo" su cinque, per un totale di 541 esuberi, oltre un quarto dell'organico attuale.
Beko parla di un calo sostanziale della domanda europea rispetto alla capacità produttiva, assicura che non ci saranno delocalizzazioni e che intende investire 110 milioni di euro «con focus su cottura da incasso, ricerca e sviluppo e funzioni strategiche».
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Maurizio Sberna, direttore relazione esterne Europa del marchio, aggiunge che «si tratta dell'inizio di un percorso per rendere stabile la produzione e la presenza in Italia, con l'auspicio di aprire un dialogo che possa coinvolgere governo e parti sociali al fine di trovare un accordo».
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«Sono qui per i più giovani, hanno diritto a un futuro» dice Raffaella Parnesani. «Ci sono troppe vite in gioco» conferma Paolo Minella, 61 anni, da trentuno tecnico di laboratorio. «La loro proposta destabilizza completamente la fabbrica e in più non hanno fornito elementi utili sulla volontà di investire» analizza Nino Cartosio, segretario varesino della Fiom. Dietro le bandiere dei sindacati ci sono tutti: gli operai che guadagnano 1.300 euro al mese e gli impiegati, qualche immigrato e i tanti arrivati qui un po' da tutta Italia all'epoca delle precedenti ristrutturazioni.
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[…] «Questa non era una fabbrica ma una città che inizia qui e finisce a Ternate - racconta Giovanni Convertini-. Fino al 1991 c'erano i binari per i treni e un deposito che serviva tutto il continente. Ricordo i pullman che scaricavano centinaia di operai e operaie, spesso marito e moglie. Qui, se togli i frigoriferi, muore tutto». Il timore, infatti, è che gli investimenti sul "caldo" siano insufficienti, e che la riduzione della produzione da 1,5 milioni a 800 mila pezzi renderebbe insostenibili i costi fissi. «Hanno già fatto la stessa operazione in Polonia e in Inghilterra - denuncia Tiziano Franceschetti, coordinatore locale della Fim -. In Polonia hanno chiuso tre fabbriche lasciando a casa 1.800 persone. Altre 300 le hanno licenziate a Yate. Facciamo leva sui politici perché impediscano questo saccheggio».
Il riferimento è in primis al ministro Adolfo Urso, ma anche al collega dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che vive da sempre nella vicinissima Cazzago Brabbia.
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La mobilitazione permanente durerà, a Cassinetta come negli altri stabilimenti italiani, almeno fino all'incontro del 10 dicembre prossimo.
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La sottosegretaria Fausta Bergamotto ha dichiarato che il piano di Beko è inaccettabile e che il governo è pronto a fare la sua parte. Fonti del MiMit garantiscono poi che il golden power sull'operazione Whirlpool-Beko con le prescrizioni sul mantenimento dei livelli occupazionali, degli stabilimenti produttivi e sulla tutela del "know how" è attivo dal 1 maggio 2023. E che quindi, a differenza di quanto accaduto in Polonia e in Gran Bretagna, in Italia Beko non ha licenziato nessuno né chiuso siti produttivi. L'idea è che la multinazionale dovrà sedersi al tavolo e ricostruire il piano in modo concordato. Un processo potrebbe durare mesi, forse un anno.
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