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OK PREGARE INSIEME MA CIÒ CHE SERVE DAI MUSULMANI IN EUROPA E’ AIUTO CONCRETO CONTRO IL TERRORISMO - E’ NECESSARIO CHE I PREDICATORI D’ODIO VENGANO DENUNCIATI, ROTTURA CON LE DOTTRINE DELL'ISLAM RADICALE E RINUNCIA AI FINANZIAMENTI SOSPETTI - DALL'INIZIO DEL 2015 IL VIMINALE HA ESPULSO 102 SOSPETTI E NESSUNA SEGNALAZIONE E’ ARRIVATA DALLA COMUNITÀ MUSULMANA

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PADRE JACQUES HAMEL SGOZZATO A ROUENPADRE JACQUES HAMEL SGOZZATO A ROUEN

Gian Micalessin per “il Giornale”

 

Pregare insieme è un bel gesto. E diventerà un segnale importante se oggi i musulmani affolleranno le chiese. Ma quel bel gesto non basterà, da solo, a dividere l' islam pacifico da quello colluso con violenza, odio e terrorismo. Dopo lo sgozzamento dell' 84enne padre Jacques Hamel sull' altare di Saint-Etienne-du Rouvray i gesti simbolici non bastano più. Per lo scrittore Tallal Ben Jalloul quell' atto aberrante rappresenta «una dichiarazione di guerra di nuovo genere, una guerra di religione».

 

Per fermarla comunità e nazioni islamiche devono reagire con la stessa fermezza con cui reagiscono, ad esempio, quando viene pubblicata una vignetta considerata «blasfema». Ma devono, soprattutto, compiere passi audaci e concreti.

Eccone i primi quattro, suggeriti anche da voci autorevoli della cultura islamica e araba.

ADEL KERMICHE E ABDEL MALIKADEL KERMICHE E ABDEL MALIK

 

1. CONDANNARE E ISOLARE, NON SOLO RINNEGARE

«Che impressione dobbiamo farci dei non musulmani se ogni settimana ascoltiamo migliaia di predicatori chiedere ad Allah di non lasciar traccia di loro. Ammettiamolo l'educazione nelle nostre scuole e nelle nostre moschee getta le fondamenta per un implicito ISISmo...».

 

Così all' indomani della strage di Nizza l'accademico palestinese Khaled Al Hroub attacca sul quotidiano londinese in lingua araba «Al Hayat» i musulmani che rifiutano ogni responsabilità per gli atti dell'Isis. E anche per lo scrittore Ben Jalloul «non basta più ripetere che questo non è l' islam». Comunità e nazioni islamiche devono condannarlo e isolarlo. Come mai fatto fino a oggi.

ASSALTO ALLA CHIESA DI ROUEN   ASSALTO ALLA CHIESA DI ROUEN

 

2. DENUNCIA DEI SOSPETTI TERRORISTI

Secondo l' imam di Firenze Izzeddin Elzir, presidente nazionale dell' Ucoii, la principale organizzazione delle comunità islamiche italiane, la denuncia di sospetti terroristi infiltrati nelle comunità islamiche non spetta a queste ultime, ma solo a magistratura e polizia. Il 24 marzo dopo gli attentati di Bruxelles Elzir ricordava che «la responsabilità penale è individuale, non collettiva, come invece si tende a pensare quando si tratta della comunità islamica».

 

TAHAR BEN JELLOUN jpegTAHAR BEN JELLOUN jpeg

Quest' atteggiamento è comune a gran parte del mondo musulmano. Come ricorda, invece, Ben Jalloul solo uscendo da questa logica comunità e nazioni islamiche isoleranno il terrore jihadista. «Dobbiamo denunciare chi tra noi è tentato da questa criminale avventura. Non è delazione dice lo scrittore - ma un atto di coraggio, per garantire la sicurezza a tutti».

 

3. ROTTURA CON LE DOTTRINE DELL'ISLAM SEGUITE DAI TERRORISTI DELL' ISIS

In un articolo sul quotidiano arabo «Al Sharq Al-Awsat» l'intellettuale giordano Nuhammad Barhouma nota che le condanne degli attentati di Parigi da parte delle autorità religiose saudite e dell'Università Al Azhar del Cairo non sono state seguite da una revisione dei passi del Corano e dei testi in cui si giustifica la violenza. «Non si sono ancora convinti - spiega Barhouma - che l' interpretazione e la spiegazione di questi testi richiede un urgente riesame critico con smantellamento, aggiunte omissioni e sviluppi in grado di adeguarli allo spirito dei tempi e al progresso». Finché autorità religiose islamiche non si dedicheranno a questa revisione, richiesta anche da molti intellettuali musulmani, l' Isis potrà continuare a giustificare le sue azioni con i testi in uso nelle scuole islamiche.

imam di al azhar e papa bergoglioimam di al azhar e papa bergoglio

 

4. RINUNCIA AI FINANZIAMENTI SOSPETTI

La Qatar Charity, l' associazione legata al governo del Qatar, finanzia con circa sei milioni all' anno l' attività di varie moschee italiane in esercizio o in costruzione. Peccato che la stessa «Qatar Charity» sia stata accusata, in passato, di finanziare Al Qaida. Un pentito di Al Qaida, ex-impiegato dell' associazione, confermò alla Commissione sull' 11 settembre i legami tra l' organizzazione e Bin Laden.

 

Eppure in Italia i musulmani dell' Ucoii sono ben felici d' usufruire di questi finanziamenti e partecipare all' inaugurazione di centri islamici sostenuti dalla Qatar Charity. Secondo il premier francese Manuel Valls è fondamentale, invece, vietare i finanziamenti alle moschee da parte di stati come l' Arabia Saudita e il Qatar che mantengono rapporti ambigui con il terrorismo. E i primi a dover spezzare questa connivenza sono le comunità islamiche.

 

imam di al azhar e papa bergoglio 3imam di al azhar e papa bergoglio 3

2 - CENTO ESPULSIONI PER LA JIHAD ZERO DENUNCE DAI MUSULMANI

Sabrina Cottone per “il Giornale”

 

Ci sono le parole rivolte a Dio e il gesto in aiuto del prossimo. La preghiera ma anche la denuncia. E i numeri sono impietosi. L' ultimo dato l' ha fornito il ministero dell' Interno il 28 luglio scorso: dall' inizio del 2015 il Viminale ha eseguito 102 espulsioni di «soggetti evidenziati per radicalizzazione o sostegno ideologico al jihad». Otto imam, e poi detenuti, ma anche aspiranti guerriglieri dell' Isis, navigatori solitari su siti sospetti, fondamentalisti che frequentano moschee o centri culturali. Fatti da mettere sulla bilancia con altri fatti.

jihadisti arrestati in italia  2jihadisti arrestati in italia 2

 

Tra queste 102 persone, non ne risulterebbe nessuna denunciata da esponenti di una comunità islamica. Una notizia inquietante, che parla se non di collaborazionismo, almeno di omertà o contiguità purtroppo note nel nostro Paese: con la mafia e la criminalità organizzata, temi ancora attualissimi, e con il terrorismo, ai tempi degli eskimi in redazione e dei compagni che sbagliano.

 

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A denunciare la circostanza è il deputato Paolo Grimoldi, segretario della Lega lombarda. Il tema è particolarmente sentito in Lombardia perché la regione è un epicentro del fenomeno: una consistente percentuale di jihadisti è stata individuata in Lombardia.

«Tra tutti gli espulsi non ci risulta che ci siano state denunce da parte di componenti della comunità islamica. Le espulsioni sono frutto delle indagini e delle attività di intelligence» dice il parlamentare leghista, che ha studiato il fenomeno sia da Milano che da Roma.

 

«Ho già sufficienti elementi e informazioni per esserne sicuro - spiega Grimoldi -, ma per un' ulteriore verifica ho intenzione di presentare un' interrogazione parlamentare per sapere se esistano denunce da parte di membri delle comunità islamiche sotto copertura.

jihad isis italiajihad isis italia

Ne dubito, dal momento che molti rappresentanti delle comunità islamiche fanno fatica persino a scrivere lettere di solidarietà quando ci sono attentati e stragi».

 

Le prime presenze di imam musulmani nelle chiese cattoliche per solidarietà aprono spiragli di ottimismo. Eppure la mancanza di denunce che si respira nel mondo islamico italiano fa temere ciò che è certezza oltre confine e cioè che anche in Italia esistano piccole Molenbeek, il quartiere di Bruxelles dove è stato cresciuto, allevato, addestrato Salah Abdeslam, uno degli autori della strage di Parigi del novembre 2015: è a Molenbeek che la polizia l' ha arrestato quattro mesi dopo, protetto nella latitanza da un' intera comunità.

 

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A Milano Abdel Shaari, direttore del Centro islamico di viale Jenner, parlando di padre Jacques sgozzato a Rouen, in un' intervista alla Stampa di mercoledì scorso ha dichiarato: «Nel mirino ci siamo anche noi musulmani. Gli estremisti vanno denunciati». Eppure Jenner Abu Imad, collaboratore di Shaari, espulso nel 2013, è stato a lungo imam di viale Jenner anche dopo una condanna per terrorismo. È confortante pensare oggi a un ravvedimento di Shaari, ancora di più se potesse essere operoso.