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“HAMAS E L’IRAN A METTONO A RISCHIO LE NOSTRE VITE DA 17 ANNI” – IL CLAN AL MASRI, UNO DEI PIÙ INFLUENTI DEL NORD DELLA STRISCIA, È L’ARTEFICE DELLE PROTESTE A GAZA CONTRO HAMAS: “ANDREMO AVANTI FINO A QUANDO OTTERREMO LO STOP AL CONFLITTO E LA RINUNCIA DI HAMAS AL POTERE” – I JIHADISTI CONTINUANO AD ACCUSARLI DI ESSERE “IL MEGAFONO DI ISRAELE”, MA PER IL GIORNALISTA PALESTINESE SAMI ABU SALEM: “QUESTA È LA GENTE CHE È STATA COSTRETTA A NUTRIRSI DI MANGIME PER I POLLI ED ERBACCE, LA STESSA GENTE CHE ASPETTA DI VEDERE I CADAVERI DEI FIGLI ESTRATTI DALLE MACERIE. CHIAMARLI TRADITORI È AMORALE…”
Estratto dell’articolo di Davide Frattini per il “Corriere della Sera”
proteste a beit lahia contro hamas 1
Sono stati i primi a dover scappare dai bombardamenti e dall’invasione israeliana, gli ultimi a tornare tra le rovine delle case devastate, i primi a marciare per le strade […] senza paura di urlare l’indicibile: «Fuori Hamas da Gaza». Perché la disperazione sovrasta la paura dei bastonatori fondamentalisti e chi è sopravvissuto ai diciassette mesi di assalto militare, ordinato dopo i massacri del 7 ottobre 2023 perpetrati dai terroristi, adesso chiede di poter «vivere con dignità» come dice Ahmed Al Masri via WhatsApp.
AL CONFINE
proteste a beit lahia contro hamas 2
Il suo clan è uno dei più influenti nel Nord della Striscia. Fratelli, cugini, parenti più o meno lontani — ma sempre uniti — che abitano da generazioni tra i villaggi di Beit Hanoun e Beit Lahia, i più vicini alla barriera con Israele. È da queste parti che nei giorni scorsi l’esercito ha ricominciato a lanciare i volantini per ordinare l’evacuazione, i carrarmati avanzano ancora una volta, il premier Benjamin Netanyahu ripete di voler prendersi il controllo del territorio, i palestinesi uccisi hanno ormai superato i 50 mila.
yahya sinwar nel 2018, proteste a khan younis, gaza
È da queste parti che il sumud — la resilienza, la fermezza, la tenacia — non insorge più solo contro Israele perché «sono Hamas e l’Iran a mettere a rischio le nostre vite da diciassette anni», continua Ahmed. Il fratello Amzah è in Turchia e sostiene il movimento via Facebook: insieme hanno incitato la gente a manifestare in quella che chiamano la «perla dei rivoluzionari», la loro Beit Lahia.
«L’idea è nata da noi e da qualche capo locale — spiega Ahmed —. Abbiamo deciso di dover reagire: andremo avanti fino a quando otterremo lo stop al conflitto e la rinuncia di Hamas al potere». Per ora i jihadisti rispondono con la contro-informazione. Sostengono che dietro i cortei – almeno diecimila persone tra martedì e giovedì in vari punti dei 363 chilometri quadrati – ci siano «manovre politiche» degli avversari di Fatah: Hamas nel 2007 si è presa Gaza con un golpe, il presidente Abu Mazen non ci è mai tornato.
proteste a beit lahia contro hamas 5
Un comunicato diffuso dal gruppo accusa i rivoltosi di essere «collaborazionisti», di aver dato agli israeliani la scusa per far saltare il cessate il fuoco. […]
Il giornalista Sami Abu Salem spiega che il dissenso a Beit Lahia è «spontaneo»: «Questa è la gente che è stata costretta a nutrirsi di mangime per i polli ed erbacce, la stessa gente che aspetta di vedere i cadaveri dei figli estratti dalle macerie. Chiamarli traditori è amorale». Allo stesso tempo gli inviti di Israel Katz, il ministro della Difesa israeliano, «a cacciare Hamas» alimentano solo le teorie del complotto. «E rischiano di spingere molti a restare a casa per non essere tacciati di seguire gli ordini israeliani», commenta Saleh Fayaz su Facebook. […]
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