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Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”
La badante Alexandra ha visto un uomo che tremava e un uomo che piangeva. A tenerli separati c' era un capannello di persone, carabinieri e volontari del 118, che si muovevano intorno a un elicottero. C' è una sola strada che porta ad Apricale, e alla domenica nessun autobus.
L' autostop non ha funzionato, anche perché di mattina presto non sale quasi mai nessuno. Alexandra ha visto sfrecciare una ambulanza diretta a fondo valle. Poi ha visto tutta quella gente, ha sentito le urla che venivano da sotto, dalla pista che fa il periplo del paese. «Hanno sparato a un ragazzo» ha detto il giovane maresciallo che le ha sbarrato il passaggio. «Si salverà» ha aggiunto. Ma non sembrava convinto.
Alle 8 del mattino la sua squadra, Camporosso 137, è arrivata alle porte di Apricale. Nel bosco che dalle pendici al fondo copre tutta la montagna, all' altezza di Villa Margherita, una storica dimora oggi trasformata in bed and breakfast, c' è la piazzola dove si appostano i cacciatori, completamente coperta dalla vegetazione, che oscura anche il sole.
L' attesa è durata dieci minuti. G.I. ha sentito un rumore, ha lanciato il richiamo senza ottenere risposta, così raccontano i suoi compagni. E ha sparato. Un colpo solo. Il fucile è un carabina Winchester calibro 300 caricata con cartucce a lunga distanza per la caccia a cinghiali e altri ungulati.
L' uomo che piangeva si chiama Enea Labolani ed era il padre di Nathan. Suo figlio era uscito di casa alle 7 con Pippo e Masha, i suoi cani. Alla fine di ottobre avrebbe compiuto 19 anni. Sul suo profilo Facebook alla voce «Ha lavorato» aveva scritto «A non fare un c...». Ma non era vero.
Subito aveva aggiunto «muratore», e molto altro ancora. Lavorava un sacco. Nell' azienda agricola fondata dal nonno, era quello che faceva le consegne, olio per i clienti da Ventimiglia a Imperia, legna per i ristoranti con il forno e nelle case private. È stato colpito a distanza quasi ravvicinata. Non più di venti metri, secondo i carabinieri. Alla schiena.
I primi ad accorrere sono stati l' operaio di Ventimiglia e il cacciatore che faceva coppia con lui. Le urla, le bestemmie, la disperazione, i pianti e i vigili del fuoco e il 118, l' elisoccorso da Cuneo che ha calato quattro medici in quella zona impervia. Tutto inutile.
«Aveva diciotto anni, punto». Siamo saliti ad Apricale anche per provare a raccontare chi era e cosa faceva la vittima di questa tragedia così priva di senso. Era nato e cresciuto qui, la sua famiglia è una delle più antiche del paese.
Nel negozio del nonno, all' inizio della salita che porta alla piazzetta, sono esposti come trofei gli attrezzi contadini del passato, la defogliatrice degli anni Trenta e macchina per raccogliere le olive del 1950.
Non sognava di andare via, gli bastava quello che aveva, un lavoro, un futuro sicuro. Ma ha ragione Nancy, la barista dell' Apricus, uno dei due bar di questo borgo famoso in tutto il mondo per la sua bellezza.
Una volta scoperto che tifava Juventus e aveva una moto da Enduro, faceva il volontario alla Protezione civile, andava ogni tanto per funghi, la sostanza non cambia con i dettagli. Quello che Nathan Labolani era e sognava di essere, ora non è più.
A cancellare tutto è stato il colpo partito dal fucile di un cacciatore che credeva fosse un cinghiale e invece era un essere umano. Le sole iniziali senza le generalità sono un espediente dei Carabinieri per risparmiare la gogna e il linciaggio social a un uomo accusato di omicidio colposo.
Ad Apricale gli echi del mondo fuori giungono attutiti. È pur sempre un paesino da seicento abitanti sul cucuzzolo di una montagna, dove tutti si conoscono.
Nelle stradine come sempre affollate di turisti si percepisce solo il dolore, il senso della perdita. E anche un poco di rabbia. «Se mi svegliavo e non mi ricordavo che è domenica e ci sono i cacciatori poteva toccare a me» dice Nancy, mentre gli avventori annuiscono. Il posto è a un chilometro e mezzo dalle prime case, ma è molto vicino al sentiero di Apricale, una delle passeggiate preferite dagli abitanti e dagli escursionisti.
Poco distante scorrono il rio Merdanzo e la stradina che collega il borgo al comune di Perinaldo, altri luoghi boschivi spesso frequentati anche da fauna umana. Il sindaco Silvano Pisano si tormenta le mani. La sua schiettezza ne ha fatto un personaggio. Lo chiamano il «re», anche per via dei modi talvolta bruschi. «Una tragedia annunciata. I cinghiali arrivano nel torrente, sempre più vicino al paese, e i cacciatori li inseguono.
Altro che Apricale mondo a parte, purtroppo viviamo anche noi in un mondo distorto, dove le regole esistono solo sulla carta». L' amarezza gli fa storcere anche la bocca. Conosceva bene Nathan, l' ha visto crescere, conosce la sua famiglia. Gli chiedono se ci sarà una giornata di lutto cittadino. «A cosa serve? Conta solo quel che è successo. Un ragazzo è morto, in un modo orribile».
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