
DAGOREPORT – IL CAMALEONTISMO DELLA DUCETTA FUNZIONA IN CASA MA NON PAGA QUANDO METTE I BOCCOLI…
COME SI È ARRIVATI A RIAPRIRE IL CASO DEL DELITTO DI GARLASCO? I LEGALI DI ALBERTO STASI NEL 2016 SI AFFIDARONO A UN’AGENZIA DI INVESTIGAZIONE PRIVATA PER ANALIZZARE IL DNA TROVATO TRA LE DITA DI CHIARA POGGI – NEL MIRINO DEI DETECTIVE FINÌ ANDREA SEMPIO, AMICO DEL FRATELLO DI CHIARA, CHE NEI GIORNI PRIMA DEL DELITTO AVEVA SENTITO TELEFONICAMENTE LA VITTIMA: PRELEVATO DI NASCOSTO IL DNA DI SEMPIO, SI SCOPRI' ESSERE LO STESSO RITROVATO SUL CADAVERE - MA L’ALLORA 19ENNE SI PRESENTÒ DAVANTI AGLI INVESTIGATORI CON UN “SOSPETTO” ALIBI SOLIDISSIMO VISTO CHE... - I LEGALI DI SEMPIO: "E' DISTRUTTO, HA CHIESTO LE FERIE DAL LAVORO"
LEGALE, 'SEMPIO DISTRUTTO, NEGA OGNI RESPONSABILITÀ'. AVVOCATO LOVATI, 'NON REGGE IL COLPO, HA CHIESTO LE FERIE'
andrea sempio chiara poggi alberto stasi
(ANSA) - "Non regge il colpo. E' distrutto e ha chiesto addirittura le ferie dal lavoro". Lo ha riferito l'avvocato Massimo Lovati, difensore di Andrea Sempio, il 37enne, indagato dalla Procura di Pavia per l'omicidio di Chaiara Poggi. Sempio, su disposizione del gip pavese, è stato convocato dopodomani per il prelievo del Dna, operazione necessaria per dare riscontro a due recenti consulenze, una della difesa di Stasi e una dei pm, secondo le quali le tracce genetiche trovate sotto le unghie della 26enne uccisa 18 anni fa sarebbero riconducibili all'amico del fratello. Il quale, come ha affermato il legale, dice di essere innocente.
Estratto dell'articolo di Cesare Giuzzi per www.corriere.it
È un caldissimo 13 agosto a Garlasco nelle campagne pavesi. In via Giovanni Pascoli 8 c’è una villetta bianca di due piani. Il sole è alto, ci sono più di 30 gradi, quando Alberto Stasi, alle 13.50 e 24 secondi, chiama la centrale del 118. Nella telefonata dice di avere bisogno di una ambulanza perché crede «che abbiano ucciso una persona». Ma non è sicuro, «forse è viva». Lui sta andando in caserma dai carabinieri. Quella persona è la sua fidanzata, si chiama Chiara Poggi, ha 26 anni. E in quei giorni è sola a casa perché la sua famiglia è in vacanza.
Inizia così il giallo dell’estate 2007 […] La vittima ha il cranio sfondato da un misterioso «corpo contundente metallico». Ma ha ferite anche sul volto, come colpi di pugnale che i medici legali diranno sferrati con forbici da sarto. Ma potrebbe essere anche un martello da carpentiere, come stabilirà poi una nuova perizia nel processo d’appello.
Stasi è un ragazzo taciturno e poco empatico. In poche ore i media lo soprannominano «il biondino dagli occhi di ghiaccio». È più giovane di Chiara, ha 24 anni e studia alla prestigiosa università Bocconi di Milano.
[…] Chiara non sembra aver lottato con l’assassino, avrebbe aperto lei stessa la porta di casa al killer, quindi si pensa a una persona che conosceva bene e di cui, in qualche modo, si fidava.
Per il fidanzato le cose si mettono male, anche se nei primi giorni la famiglia della vittima non sembra dubitare di lui.
[…] I vestiti di Stasi non sono sporchi di sangue, le sue scarpe Lacoste non hanno tracce di sostanza ematica, eppure in casa ci sono i segni inequivocabili di una mattanza.
Di colpi sferrati con ferocia. Lui quella mattina stava lavorando alla tesi di laurea, a casa dei suoi genitori. Aveva chiamato Chiara più volte, ma lei non rispondeva. Così alle 13.45 era andato a vedere se tutto fosse a posto. In casa non rispondeva nessuno, così lui ha scavalcato la recinzione, è entrato dalla porta lasciata aperta e ha visto il corpo della fidanzata in fondo alle scale.
Gli investigatori lavorano per settimane, poi il 24 settembre del 2007 Stasi viene arrestato su ordine della procura di Vigevano. Lo inchiodano gli esami sul suo pc che indicano una finestra temporale in cui certamente non stava lavorando alla tesi. Stasi ha mentito per crearsi un alibi. Quattro giorni dopo il giudice per le indagini preliminari Giulia Pravon, a sorpresa, lo scarcera per insufficienza di prove. Ci sono degli indizi, ci sono delle incongruenze, ma le indagini sono troppo deboli. La procura di Vigevano però è convinta che ad uccidere Chiara Poggi sia stato il fidanzato. E così i pm chiedono e ottengono il rinvio a giudizio per omicidio. Stasi sceglie il rito abbreviato: processo a porte chiuse, sulla base degli atti finora raccolti, e sconto di un terzo della pena in caso di condanna.
Il giudice Stefano Vitelli il 17 dicembre 2009 lo assolve. Si scopre che ci sono incongruenze sull’orario della morte e soprattutto che davvero Stasi quella mattina, nell’ora del delitto, stava lavorando alla tesi di laurea. Senza sosta. La perizia informatica eseguita dai carabinieri del Ris di Parma viene totalmente smontata da quella disposta dal Tribunale di Vigevano. Il pc è stato manipolato senza cautele dai carabinieri prima di essere sottoposto alle analisi. Ma alla fine i consulenti trovano traccia dei file temporanei che confermano che effettivamente Stasi in quei minuti stava lavorando al computer.
La procura ricorre appello e il caso passa a Milano. Il processo vede nuove perizie, nuove datazioni sull’orario di morte che viene anticipato rispetto al giudizio di primo grado. In questo modo— secondo i consulenti della famiglia Poggi — si evidenzia un buco di 23 minuti durante i quali quella mattina Stasi non stava lavorando al pc e durante il quale Chiara potrebbe essere stata uccisa. Anzi è così. Nonostante in primo grado il medico legale (che poi farà dietrofront) avesse sostenuto che l’omicidio è avvenuto dopo le 10, anzi probabilmente intorno alle 11. Adesso invece Chiara Poggi risulta essere stata uccisa poco dopo le nove di mattina.
Guerra di perizie e scintille tra avvocati e pm. Ma la decisione dei giudici è la medesima: il 6 dicembre 2011 Stasi viene assolto per non aver commesso il fatto. La procura non si ferma e ricorre in Cassazione. Il 13 aprile 2013 arriva il responso della suprema corte che a sorpresa annulla la sentenza e rinvia ad un nuovo giudizio d’appello a Milano. È il primo esito sfavorevole davanti ai giudici per Alberto Stasi, ma sarà decisivo. Vengono ordinati nuovi esami biologici sui campioni di Dna trovati intorno alle unghie di Chiara e su un capello che la ragazza stringeva in mano.
Il processo d’appello bis condanna - il 17 dicembre 2014 - Stasi a 24 anni di reclusione poi ridotti a 16 grazie allo sconto di pena previsto per il rito abbreviato. L’accusa è di omicidio volontario ma cadono le aggravanti della crudeltà e della premeditazione.
Gli esami del Dna, svolti dal genetista Francesco De Stefano, incaricato dalla Corte d’appello, dicono che non è possibile stabilire con certezza a chi appartenga il profilo. Tuttavia non c’è neppure certezza che non sia di Stasi. Per il consulente però il materiale biologico è poco e inutilizzabile.
ANDREA SEMPIO CHIARA POGGI ALBERTO STASI
Al centro della condanna c’è anche una superperizia sulla camminata […] secondo i pm Stasi non poteva non macchiarsi le scarpe dopo essere entrato in casa e aver scorto il cadavere lungo le scale imbrattate di sangue di cui ha sceso alcuni gradini. Quindi ha avuto il tempo di ripulire la scena e di cambiarsi: l’ha uccisa, è tornato a casa a lavarsi e poi ha inscenato un finto ritrovamento. Non c’è un movente preciso. Si parla di «un momento di rabbia».
I suoi legali contestano la condanna e ricorrono in Cassazione per ottenere l’assoluzione o il rinvio a un nuovo processo d’appello ter. La procura chiede invece di inasprire la pena riconoscendo anche l’aggravante della crudeltà. I difensori Angelo e Fabio Giarda e Giuseppe Colli, fanno leva sui dubbi già riconosciuti nel primo verdetto della Cassazione sulla «impossibilità di determinare la colpevolezza o l’innocenza con certezza».
È lo stesso procuratore della Cassazione Oscar Cedrangolo a chiedere a sorpresa ai giudici di annullare la sentenza «con preferenza per il rinvio»: «In questa sede non si giudicano gli imputati, ma le sentenze - spiega nella sua requisitoria il procuratore rivolto al collegio —. Io non sono in grado di stabilire se Alberto Stasi è colpevole o innocente. E nemmeno voi. Ma insieme possiamo stabilire se la sentenza è fatta bene o fatta male. A me pare che la sentenza sia da annullare».
Invece nel giorno del 46esimo anniversario della Strage di piazza Fontana, il 12 dicembre 2015, la Quinta sezione della Cassazione, presieduta da Maurizio Fumo, emette il verdetto con la conferma della sentenza di appello bis. Stasi è condannato in via definitiva a 16 anni. Poche ore dopo si presenta spontaneamente alle porte del carcere di Bollate.
Nel 2016 a sorpresa i legali di Stasi provano a riaprire il caso. Si affidano a un’agenzia di investigazione privata e a un consulente di parte, il genetista Pasquale Linarello, tornano ad analizzare i risultati della perizia del dottor De Stefano e valuta invece che il Dna è perfettamente utilizzabile, benché incompleto. Ma quel che c’è basta ad escludere la presenza di materiale biologico di Stasi e a indicare invece tracce di quello di un amico di Marco Poggi, fratello della vittima, e frequentatore della casa di via Pascoli.
I detective privati hanno prelevato di nascosto il Dna di Andrea Sempio e lo hanno confrontato con il campione e il match è risultato positivo. Sempio era stato sentito all’epoca delle indagini, e curiosamente – almeno secondo quanto sostengono i legali di Stasi – aveva fornito un alibi solidissimo. Troppo solido: un bigliettino del parcheggio di Vigevano dove quella mattina Sempio si era recato per andare in una libreria e che i genitori avevano deciso di conservare per oltre un anno.
In più ci sono delle telefonate a casa Poggi da parte di Sempio nonostante in quei giorni l’amico Marco era in montagna. Scoppia una nuova bufera mediatica. La famiglia di Chiara insorge contro il tentativo di ribaltare il verdetto definitivo dei giudici e di riscrivere la storia del delitto. […] L’inchiesta viene chiusa in poco tempo. Non viene disposto alcun esame «alternativo» sul Dna. Il caso si chiude.
Gli altri tentativi di riaprire la partita davanti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si chiudono con il respingimento del ricorso nel 2024. Sembra davvero l’ultimo atto di una storia infinita. Sempre sfavorevole all’unico imputato condannato. Invece arriva l’inchiesta parallela di Pavia che adesso riapre per l’ennesima volta le indagini su Sempio e alimenta nuovi e inediti sospetti. Il finale, stavolta, appare davvero imprevedibile.
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