DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI…
Marco Menduni per “la Stampa”
Igor il fuggitivo non è un animale predatore, avvezzo a mangiare bacche e carote e a dissetarsi con l'acqua piovana per poi balzar fuori dai canali e aggredire le sue vittime. Magari lo fa, lo fa ora, inseguito e braccato. Lo fa forte di un addestramento paramilitare, che gli ha insegnato a sopravvivere in ogni situazione. Non è sicuramente l' uomo, come lo descrivono alcune testimonianze suggerite più dall' epica che da circostanze veritiere, che da anni vive così. È questo il motivo per cui, al terzo giorno di ricerche dell' assassino imprendibile, gli investigatori imboccano anche un' altra strada.
Ci sono mille uomini che continuano a perlustrare palmo a palmo questa vasta zona intorno alla cittadina di Molinella. C' è anche chi scava tra i suoi contatti, nell' ipotesi che la fuga di Igor abbia trovato una complicità. Che qualcuno gli abbia potuto offrire un riparo nella zona, in attesa che la pressione si allenti e si riapra una possibilità di fuga. Un rifugio magari già utilizzato in passato. Un uomo, una donna?
Sicuramente Igor alle donne piaceva. Il suo compagno di cella ha svelato ai carabinieri un dettaglio fino a oggi trascurato. Nelle numerose foto pubblicate dal ricercato su Facebook ce ne sono alcune scattate a Valencia, in Spagna. «A Valencia andava a fare il gigolò. Aveva un giro. Diceva di guadagnare molti soldi così».
La circostanza: i Ros piombano in casa dell' uomo che ha trascorso mesi accanto a Igor in carcere perché è l' ultima persona che il killer in fuga contatta su Facebook, un mese fa: «Mi piacerebbe venire a trovarti», scrive. L' incontro non si concretizzerà. Ma l' ex detenuto racconta diverse cose. Conferma la super preparazione atletica del compagno: addominali ogni giorno, dalle 6 alle 11. Conferma che raccontava di un passato militare, anche se lo collocava nei servizi speciali siberiani.
Ma è il ritratto psicologico dell' uomo a non collimare con le descrizioni. Ci sono le foto del 2016 che lo vedono alla mostra dei fumetti di Ferrara, a Valencia, ancora a Ferrara vicino al duomo. Impeccabile: pettinato, ben vestito, sorridente. Non è sicuramente una persona che, già ricercata, viveva negli acquitrini. Ha avuto una base, che è quella che ora i carabinieri stanno cercando. Una base per dormire, lavarsi, dove teneva gli abiti.
Dove utilizzava Internet per gigioneggiare su Facebook.
Avrebbe potuto usare anche un cellulare: ma chi si arrischia, sapendo di essere ricercato, di venire individuato attraverso la sim? Non pare poi, il vezzo dei social network, uno svago sensato per chi vive di fortuna. Così la caccia al rifugio e al complice è già scattata. «Lo stiamo già cercando anche altrove, non solo qui», conferma il comandante generale dei carabinieri Del Sette. Ora c' è una doppia identità.
Quella del russo Igor Vaclavic e quella del serbo Ezechiele Norberto Feher. Due alias ma non solo. Due personalità da apparire non sovrapponibili, come Jekyll e Hyde. E' una circostanza che lascia sbigottita l' avvocato Stefania Smanio. E' il legale che, d' ufficio, ha difeso Igor nel processo che poi lo porterà a scontare quattro anni di galera e uscire nel 2015.
Non ha dubbi sulla sua pericolosità: «Non ha bisogno di armi, è lui un' arma», dice. Poi aggiunge: «Si dichiarò colpevole di 4 dei 5 episodi che gli venivano contestati. Disse di chiamarsi Igor Vaclavic nato in Russia, ma è sempre stata solo una sua dichiarazione: non aveva documenti, non dichiarò una residenza, ma non sembrava un uomo che dormiva nei boschi». Ora emergerebbe che la sua identità sia un' altra: fatto ben strano, perché di solito, quando le generalità sono solo dichiarate, si fanno dei controlli».
Non è avvenuto. Così emerge un paradosso: la Serbia aveva già cercato Ezechiele con un mandato di cattura internazionale, nel 2011: rapina con stupro. Lui era in carcere in Italia, ma nessuno si è mai accorto si trattasse di lui. Di più: quando alla fine della pena si cerca di procedere all' espulsione decretata dal giudice, la Russia lo rifiuta: «Non è russo». Fosse stato consegnato ai serbi, non sarebbe già stato più in Italia. Invece, per quella beffa burocratica che si consuma quando un Paese alza una diga, Igor torna libero. Torna a rapinare e ad ammazzare. «In questa storia - conclude l' avvocato - ci sono cose che non tornano».
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