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99 POSSONO - IL CONCERTO DEI 99 POSSE A CREMONA SI FARÀ, IL SINDACO NON PUÒ PROIBIRLO: È IN UN LUOGO PRIVATO - ERRI DE LUCA: “PIÙ BASTONI E MENO TASTIERE? FRASE GIUSTA CONTRO L’AGGRESSIONE FASCISTA”

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1. CREMONA, SCATTA L’ALLARME PER IL CONCETTO DEI 99 POSSE

Paolo Berizzi per “la Repubblica

 

Che altro deve ancora succedere a Cremona dopo la chiamata ai «bastoni» antifascista dei 99 Posse? E giovedì: sarà un semplice concerto — visto che il concerto si farà — quello dei “cattivi ragazzi” napoletani al Dordoni, il centro sociale dove passava le sue serate Emilio Visigalli prima che i mazzieri di CasaPound lo riducessero in coma? Sono le domande, non le uniche, che rimbalzano in queste ore nella città sconvolta dalla vergognosa guerriglia scatenata sabato dai black bloc.

 

cremona vetrine sfondatecremona vetrine sfondate

Nemmeno il tempo di fare la conta dei danni (almeno 500mila euro) e, tra il “fortino” degli antagonisti di via Mantova, il palazzo duecentesco del Comune, gli uffici della Digos e, ovviamente, tra le fila dei militanti di CasaPound, sui quali pende ora la fatwa degli antagonisti, deflagra il caso 99 Posse.

 

scontri a cremona scontri a cremona

«Siamo molto preoccupati e contrari al concerto — dice il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, del Partito democratico — . Lo abbiamo detto a questura e prefettura». Già. Ma attenzione ai tempi di questa nuova giornata convulsa. Il sindaco parla alle quattro e mezza del pomeriggio.

 

Spiega che — semmai al Comune arrivasse una richiesta di autorizzazione da parte degli antagonisti del Dordoni, gli organizzatori del concerto dei 99 Posse — questa «autorizzazione non ci sarà». Tanto basta perché le agenzie battano il “veto” del sindaco alla band napoletana protagonista dell’appello shock contro i neofascisti («onore a chi lotta, più bastoni e meno tastiere»).

 

Va però precisato un punto: l’«autorizzazione» riguarderebbe esclusivamente l’eventuale richiesta di occupazione del suolo pubblico. Che, al momento, non c’è. Non c’è per il semplice fatto che i 99 Posse si esibiranno su un palco montato all’interno del Dordoni. Vale a dire uno spazio chiuso e privato. È su questi due aggettivi — «chiuso» e «privato » — che si gioca la partita concerto si-concerto no.

cremona black bloccremona black bloc

 

«Non abbiamo gli strumenti giuridico-legislativi per vietarlo — fanno sapere dalla questura — . Se il concerto, come risulta a oggi, si terrà nel centro sociale, e quindi in uno spazio privato, non sussistono motivi per impedirne lo svolgimento ». Infatti, quattro ore dopo le dichiarazioni del sindaco Galimberti, da questura e prefettura arriva il via libera al concerto. Si farà.

 

L’unica variabile è rappresentata da un’ipotesi, fin qui remota. Ma sulla quale i dirigenti dell’ordine pubblico fanno questo ragionamento: «Una valutazione diversa sarebbe possibile solo se cambiasse il luogo del concerto... ». Se, per dire, l’afflusso a Cremona di militanti antagonisti per l’esibizione del 99 Posse fosse tale da richiedere uno spazio più capiente dei locali autogestiti dal Dordoni all’interno dell’ex foto boario. Per esempio una piazza. O comunque uno spazio pubblico. Difficile, visto quanto successo sabato, che al Dordoni decidano di strafare di nuovo.

scontri cremonascontri cremona

 

Non che i toni si siano abbassati, anzi. Dopo l’inno alla violenza — per loro solo «all’autodifesa » antifascista — del gruppo musicale, sul loro sito gli antagonisti cremonesi hanno scritto: «Sabato è stata data una risposta forte e chiara: chi tenta di uccidere un compagno ne paga le conseguenze! ».

 

Una rivendicazione un po’ curiosa, visto che a pagare «le conseguenze» della giornata delle bombe carta, delle vetrine distrutte, del comando della polizia locale assaltato, è stata un’intera città. Dice Emanuele Fiano, responsabile Sicurezza del Pd: «Quella manifestazione non è l’antifascismo che mi rappresenta ». Intanto con un tam tam su Fb cittadini e commercianti hanno lanciato la proposta di una contro- manifestazione, proprio giovedì, per chiedere la chiusura del Dordoni.

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2. ERRI DE LUCA E LE FRASI VIOLENTE «SONO LA GIUSTA REAZIONE A UN’AGGRESSIONE FASCISTA»

Marco Imarisio per il “Corriere della Sera

 

«Al massimo posso istigare alla lettura, nel migliore dei casi alla formazione di un sentimento. Perché sono uno scrittore. Con il suo lavoro Reinhold Messner istigava a scalare le montagne. Ma certo non è responsabile per le morti in alta quota».

L’imputato Erri De Luca domani si presenterà in un’aula di tribunale per rispondere dell’accusa di istigazione a delinquere. Disse quattro parole, la Tav va sabotata, in una intervista all’ Huffington Post .

 

cremona black bloc cremona black bloc

È diventato uno scrittore alla sbarra su richiesta della procura di Torino, i sabotaggi come conseguenza diretta della «Parola contraria», titolo del suo pamphlet appena uscito per Feltrinelli. Quale che sia l’esito giudiziario, la vicenda rischia di assumere contorni surreali, in una stagione dove purtroppo si deve molto discutere della libertà di espressione, vedi alla voce Charlie Hebdo , e da ultimo, nel loro piccolo e in un contesto ben diverso, i 99 Posse che a Cremona vorrebbero incentivare l’uso dei bastoni.

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Non può esserci mai un nesso di causa ed effetto tra parole e azione?

«Vado a processo per questo. Per conoscere e vedere le persone che avrei istigato. Ma nella lista dei testimoni non ne compare neppure una».

 

Lo scrittore è sempre libero di dire quel che vuole?

«Non mi disturba una condanna. Come scrittore ed essere umano misuro la libertà con me stesso, nel rapporto tra quello che dico e faccio».

 

Non è autoindulgenza?

«Piuttosto una assunzione di responsabilità. Le mie parole sono quel che faccio. Se avessi voluto sabotare in senso materiale il cantiere della Tav sarei andato di persona, non ne dubiti. L’ho già fatto».

erri de luca e carmen lieraerri de luca e carmen liera

 

Quando lavorava in Fiat?

«Esatto. I 35 giorni dell’occupazione di Mirafiori, nel 1980. Sabotare significa impedire una funzione, e noi bloccammo la produzione. Lo rivendico, così come rivendico le mie parole sulla Tav».

 

Ma quello era l’Erri De Luca operaio, non lo scrittore letto da tanta gente.

«Oggi la mia libertà consiste nel dire cose di cui sono convinto e rispondere solo di quelle. Subisco un abuso di potere da parte di una accusa che vuole invece sabotare il mio diritto di parola, per altro sancito dalla Costituzione sulla quale giurano quegli stessi giudici».

ERRI DE LUCA ERRI DE LUCA

 

Lei è convinto che esista solo la sua verità sulla Tav?

«Sono dieci anni che sto con queste persone. Conosco la loro commovente fermezza civile contro un’opera micidiale. Sono come i pescatori di Lampedusa, rei confessi del sabotaggio della norma che impedisce di salvare la gente in mare».

 

La libertà di espressione non è soggetta a un principio di responsabilità?

«Altroché. Io lo esercito difendendo e onorando lo strumento che usiamo in questo momento, la parola».

 

Se il limite non esiste quindi può passare anche l’invito a usare i bastoni dei 99 Posse?

«Quella frase è una evidente reazione a una aggressione fascista che ha ridotto in fin di vita un ragazzo di Cremona. Di questo si dovrebbe parlare».

 

Non è anche istigazione a delinquere?

PROTESTA NO TAVPROTESTA NO TAV

«Decidono i giudici».

 

Si tira indietro?

«Credo invece che si debba ragionare caso per caso, non esiste una normativa interna all’espressione di pensiero. Comunque quelle parole rientrano in un episodio circoscritto. La Polizia ha permesso che un giovane fosse pestato a sangue dai fascisti. Anche l’ordine pubblico dovrebbe essere citato in giudizio».

 

La rabbia per quel che è successo autorizza sempre la reazione uguale e contraria?

«Anche la Marsigliese incita i cittadini a prendere le armi. Eppure non mi risulta che qualcuno si scandalizzi per l’inno nazionale francese».

 

«Aux armes citoyens» e ai bastoni i cremonesi?

«Se dicessi che condivido la frase dei 99 Posse dovrei stare lì, come sto in Val di Susa, e magari avrei potuto andarci. Comprendo la loro rabbia e tornando al nostro discorso escludo anche che si tratti di una forma di istigazione».

lavori nel cantiere Tavlavori nel cantiere Tav

 

La violenza può ancora essere uno strumento politico?

«Sempre. Da una parte e dall’altra. Spaccare la testa di un militante è violenza criminale e politica, come l’assalto alla Polizia che non lo ha impedito, come la militarizzazione della Val di Susa. Esiste una violenza pubblica che scatena reazioni inevitabili».

 

Non le sembra un concetto da anni Settanta?

«Certe cose cambiano solo di nome. Ma non mi faccia tornare indietro. Domani in aula non va il mio passato. Se fossi accusato di resistenza a pubblico ufficiale allora qualcuno potrebbe vedere una continuità con la militanza politica di un tempo. Invece gli eventuali precedenti di istigazione vanno cercati solo in quel che dico e scrivo. Non rispondo in tribunale della mia vita, ma della mia parola contraria».

ATTACCO DEI NO TAV CON BOMBE CARTA NOTAV ATTACCO DEI NO TAV CON BOMBE CARTA NOTAV

 

Lei dovrebbe pagare da bere, ai magistrati di Torino...

«Se la mia opinione è un reato, continuerò a commetterlo, come scrittore e come cittadino. I magistrati devono anche dimostrare la connessione tra le mie parole e l’azione di qualcuno. Auguri. Ma se davvero lo trovano, questo qualcuno, sarei curioso di conoscerlo. Come scrittore e come cittadino, ovviamente».