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SIAMO STATI TROPPO SCRUPOLOSI? – SECONDO UNA RICERCA DELL’IMPERIAL COLLEGE DI LONDRA DUE TERZI DEI CASI DI CORONAVIRUS NEL MONDO NON SONO STATI DIAGNOSTICATI E, PRESUMIBILMENTE, LE PERSONE SONO GUARITE - ECCO SPIEGATO PERCHÉ IN ITALIA, DOVE ABBIAMO FATTO PIÙ DI DIECIMILA CONTROLLI, ABBIAMO UN NUMERO MAGGIORE DI CONTAGIATI – PER ESEMPIO, NEGLI STATI UNITI SONO STATI EFFETTUATI 426 TEST, E IN GERMANIA PARLANO DI “BOOM DELL’INFLUENZA STAGIONALE” – VIDEO
conferenza stampa di donald trump sul coronavirus 1
1 – IN GERMANIA LA TV DI STATO PARLA DI “BOOM DELL’INFLUENZA STAGIONALE” CON 80MILA CASI CONFERMATI (DOVE SONO I COMPLOTTISTI?) – VIDEO
paziente sospetto a daegu, corea del sud
2 – CORONAVIRUS: IN USA EFFETTUATI SOLO 426 TEST. E IN CALIFORNIA IN 8.000 SI SONO MESSI IN QUARANTENA VOLONTARIA
Mauro Bottarelli per www.businessinsidere.com
La notizia in sé si presta a una duplice interpretazione, in ossequio al principio sempre valido del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: uno studio condotto da un’equipe di ricercatori dell’Imperial College di Londra, infatti, sottolinea infatti come i due terzi dei casi di infezioni da coronavirus a livello globale possano essere stati non diagnosticati. Ovvero, chi ha contratto il Covid-19 potrebbe aver sviluppato la patologia e averla superata senza mai essere a conoscenza del suo stato di contagio.
Se da un lato questo apre scenari ottimistici rispetto al livello di pericolosità del virus, il cui grado di impatto letale sarebbe quindi molto limitato rispetto alla Sars, dall’altro rende ancora più evidente un fenomeno che sta emergendo con forza in queste ore di quarantena forzata o limitazione della normalità per gran parte del Nord Italia: la discrasia fra Stati nel contrasto al virus. Ovvero, il fatto che se il nostro Paese vanta il ben poco piacevole record di terza nazione al mondo per decessi e per numero di contagiati, questo potrebbe essere riferibile all’ancora meno nobile pratica dei nostri partner di non condurre test diagnostici, se non in casi acclarati di rischio come – ad esempio – i passeggeri della Diamond Princess.
persone vestite come i medici della peste a venezia
E a tale riguardo, sono proprio gli Stati Uniti a fare notizia, visto che 18 dei cittadini statunitensi evacuati dalla nave da crociera e rimpatriati con volo diretto senza quarantena sono risultati positivi al test, non appena sbarcati: 11 di loro sono in ospedale in Nebraska, mentre cinque sono in quarantena in Texas e due in California. E questo ultimo Stato, di fatto, appare il poster-boy della mancanza di prevenzione assoluta in vigore negli Usa a livello federale, al netto delle rassicurazioni via Twitter di Donald Trump: come riportato dal San Francisco Chronicle, infatti, sono oltre 8.000 mila le persone in “quarantena volontaria“, in aumento dalle 6.700 della scorsa settimana.
ambulanza a dusseldorf coronavirus
Al momento, infatti, il governo della California non ha imposto obblighi o misure restrittive, limitandosi a chiedere a chi ha recentemente viaggiato in Cina di non andare al lavoro ed evitare luoghi affollati. Tutto, però, appunto su base meramente volontaria. E se la Speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha voluto inviare un segnale rassicurante, visitando il 24 febbraio la Chinatown di San Francisco, dove l’ottimismo della Casa Bianca non pare aver però attecchito, visto che il 70% di attività commerciali è attualmente chiusa, a lanciare un allarme è la massima autorità sanitaria statunitense, il Center for Disease Control and Prevention (Cdc), la stessa che aveva fortemente sconsigliato il rimpatrio diretto degli americani a bordo della Diamond Princess e che per rimarcare la sua contrarietà, ha voluto che la propria sigla venisse tolta da ogni documento ufficiale al riguardo, scaricando tutto sul Dipartimento di Stato e della Salute.
conferenza stampa di donald trump sul coronavirus
Il 23 febbraio, il Cdc aveva aggiornato il suo bollettino, portando a 39 il numero di cittadini Usa infettati a bordo della nave da crociera o di ritorno da Wuhan e aveva anche lanciato un allarme chiaro, relativamente al rischio di mancanza di materiale medico necessario in caso di epidemia conclamata che esplodesse nel Paese. Addirittura, il Cdc ha avvisato Dipartimento di Stato e Casa Bianca del rischio che i campus universitari – i quali ospitano molti studenti stranieri – possano tramutarsi in focolai epidemici in tutto il Paese.
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C’è però un problema. E a porlo è stato Richard Erbright, virologo e docente alla Rutgers University, partendo da questi sconsolanti dati ufficiali, solo lievemente in rialzo rispetto a quelli inseriti nel suo allarmato tweet: se il rischio di esplosione di un’epidemia negli Usa è così alto per il Cdc, perché in un Paese di circa 315 milioni di abitanti sono stati condotti solo 426 test contro i quasi 200.000 della Cina o i 28.000 della sola Corea del Sud?
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