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COME SARÀ IL MONDO DOPO IL CORONAVIRUS? – STUDIOSI, FILOSOFI E STORICI SOSTENGONO CHE NIENTE SARÀ COME PRIMA, DALLA GLOBALIZZAZIONE ALL’ECONOMIA AI NOSTRI RAPPORTI SOCIALI. HARARI: “ABBIAMO DUE SCELTE, LA PRIMA È TRA SORVEGLIANZA TOTALITARIA E RESPONSABILIZZAZIONE DEI CITTADINI. LA SECONDA TRA ISOLAMENTO NAZIONALISTA E SOLIDARIETÀ GLOBALE” – MORIREMO POSITIVISTI? “LA SCIENZA È PIÙ FORTE DEL VIRUS”

yuval noah harari 6

1 – IL MONDO DOPO IL CORONAVIRUS – L’ARTICOLO DI HARARI PER IL “FINANCIAL TIMES” – https://www.ft.com/content/19d90308-6858-11ea-a3c9-1fe6fedcca75

 

2 – IL CORONAVIRUS CAMBIERÀ IL MONDO PERMANENTEMENTE. ECCO COME – IL SONDAGGIO DI “POLITICO” A 34 PENSATORI – https://www.politico.com/news/magazine/2020/03/19/coronavirus-effect-economy-life-society-analysis-covid-135579

coronavirus medici 1

 

3 – LA NOSTRA VITA DOPO IL CORONAVIRUS

Da www.rivistastudio.com

 

Mentre in Italia, almeno stando ai dati di cui disponiamo in questo momento, attendiamo che si raggiunga il picco dei contagi, sembra davvero difficile pensare a cosa verrà dopo. La pandemia causata dal Coronavirus che stiamo attraversando è ancora al primo, difficilissimo stadio, ma ha giù drasticamente cambiato molte delle nostre abitudini, a partire dall’isolamento forzato cui sta costringendo moltissime persone nel mondo.

coronavirus, milano deserta nel secondo giorno di quarantena 4

 

C’è preoccupazione per le ripercussioni economiche, tanto per cominciare, che colpiranno duramente l’Italia e tutti i Paesi coinvolti dalle misure di contenimento, ma ci sono anche paure più profonde, che riguardano il modo in cui vivremo gli spazi pubblici e la stessa socialità dopo aver sperimentato la paura del contagio in maniera così totalizzante.

 

emergenza coronavirus a wuhan

Abbiamo scelto cinque articoli che provano a immaginare cosa succederà quando la fase di emergenza sarà passata, da come giudicheremo le misure prese dai governi in questi giorni drammatici a come cambierà il nostro rapporto con l’elemento digitale.

 

“The world after Coronavirus” – Financial Times

Lo storico israeliano Yuval Noah Harari ha scritto un lungo pezzo sul Financial Times in cui analizza alcuni dei problemi più cogenti che ci troveremo davanti una volta che la prima fase dell’emergenza Coronavirus sarà passata.

 

MASCHERINA E BOTTIGLIA DI PLASTICA IN TESTA PER DIFENDERSI DAL CORONAVIRUS

«In questo momento di crisi, affrontiamo due scelte particolarmente importanti. La prima è tra sorveglianza totalitaria e responsabilizzazione dei cittadini. La seconda è tra l’isolamento nazionalista e la solidarietà globale», scrive Harari. In questi giorni confusi, molti governi nel mondo stanno prendendo in poche ore decisioni che normalmente avrebbero avuto una gestazione di anni, dalla necessità di passare a una digitalizzazione di massa di molte attività, dalla scuola alle attività commerciali, a quella sul controllo degli spostamenti e – come succede in Cina e come vuole fare Israele – dei parametri biometrici dei cittadini.

 

Non c’è troppa differenza tra una risata e un colpo di tosse, avverte Harari, che auspica una cooperazione globale su questi temi. Quello tra salute e privacy sembra un dilemma distopico, ma non è mai stato più reale di così.

 

coronavirus controlli alla stazione termini 6

“Will the Coronavirus Change the Way China’s Millennials See Their Country?” – New Yorker

Riportando la testimonianza di Wu Meifen, abitante della città di Zhanjiang nel sud della Cina, il New Yorker riflette su alcuni cambiamenti nel modo di considerare il proprio Paese nei giovani cinesi, dopo la pandemia da Coronavirus: un fenomeno che, scrive Jiayang Fan, potrebbe estendersi anche nel resto del mondo.

 

«Avevo notato che, dovendo vivere isolati, ci veniva più facile esporre tutte le nostre vulnerabilità tramite i mezzi di comunicazione, nonostante noi cinesi per cultura e costume siamo siamo sempre stati molto reticenti a divulgare i dettagli intimi delle nostre vite», dice Meifen. Insieme ad alcuni amici ha aperto un canale pubblico su WeChat, la piattaforma cinese di social media e messaggistica, per documentare gli effetti del coronavirus sia sugli individui che sulla società, raccogliendo lamentele e numerose recriminazioni nei confronti del Paese.

 

coronavirus, roma nel secondo giorno di quarantena 29

«Mentre un tempo facevamo fatica ad ammettere gli errori del nostro governo, ora è come se la nostra fiducia fosse stata erosa. E non abbiamo paura di dirlo, soprattutto noi giovani».

 

“We’re not going back to normal” – MIT Technology Review

meme sul coronavirus 3

Gideon Lichfield scrive sulla rivista del Massachusetts Institute of Technology che l’esperienza che stiamo vivendo cambierà profondamente il nostro futuro stile di vita, e lo farà in molti modi: da come lavoriamo a come facciamo shopping, da come facciamo attività fisica a come socializziamo, da come gestiamo la sanità pubblica a come educhiamo i bambini.

 

La prima convinzione da abbandonare è quella che finirà presto. Finché non troveremo un vaccino potremmo andare incontro a periodi intermittenti di quarantena, e quando lo troveremo dovremmo essere sicuri di aver sviluppato un sistema capace di gestire la prossima pandemia, perché è molto probabile che arriverà.

 

inglesi si sbronzano prima del lockdown 4

Com’è successo dopo l’11 settembre, nuove misure di sicurezza verranno introdotte in tutti gli spazi pubblici, dalle palestre alle arene per i concerti, dagli aeroporti ai luoghi di lavoro. Finiremo per abituarci anche a queste misure, pur di conservare la nostra libertà di incontro con gli altri, ma allo stesso tempo dovremo metterle in discussione e vigilare perché non diventino ulteriore fonte di diseguaglianza sociale, il rischio più grande che la società post Coronavirus ha ereditato dalla precedente.

ALI KHAMENEI PIANTA UN ALBERO CON I GUANTI

 

“Il virus ha eliminato le ultime resistenze alla rivoluzione digitale, ora parte la società contactless” – Linkiesta

«Non è la fine del mondo. È la fine del mondo che conosciamo»: in questo articolo del 20 marzo, Christian Rocca si chiede cosa cambierà quando la crisi sanitaria e, in alcune zone, umanitaria, diventerà gestibile e ci ritroveremo a fare i conti con nuove abitudini sociali e professionali, e soprattutto, nuove esigenze.

 

Cambieranno molte cose, e molte cose dovranno cambiare: sarà l’inizio di una “società contactless”, dalle maniglie delle porte e dai citofoni (meglio utilizzare nuovi metodi che consentano di evitare il contatto dell’uomo con le superfici: chi richiede consegne a domicilio ha già ricevuto nuove istruzioni tramite app). «Vivremo contactless, non solo per effettuare i pagamenti, ma gradualmente in tutti gli aspetti della società post Coronavirus», scrive Rocca. Perché è «come se il virus stesse eliminando fisicamente e materialmente le ultime sacche di resistenza alla rivoluzione digitale, le persone anziane e i comportamenti analogici, completando definitivamente il rovesciamento radicale del vecchio mondo causato da Internet».

 

prove di lockdown in india 5

“Hollywood Braces for Coronavirus Financial Hit That Could Change the Industry Forever” – Variety

Sono settimane che l’industria dell’intrattenimento sta affrontando domande essenziali sulla sua sopravvivenza, tra sale cinematografiche chiuse, film di cui è stata rimanda la distribuzione e la produzione. Quanto sarà doloroso il bilancio delle chiusure sui lavoratori del nostro settore? Attraverso dati circa i titoli rimandati e alcune previsioni, Variety ha provato a delineare una panoramica di quanto potrebbe accadere.

metodi alternativi per proteggersi dal coronavirus 3

 

«Il botteghino del fine settimana del Nord America ha raggiunto i 55,3 milioni di dollari, i suoi livelli più bassi dal settembre 2000, e le prime vittime sono sempre i dipendenti». Si stima, infatti, che l’arresto di così tante produzioni cinematografiche e televisive che erano in procinto di iniziare, o erano in pieno svolgimento, avrà un impatto non solo sugli scrittori e sui produttori, ma anche sul personale, che non gode di alcun tipo di tutela. «Quando la grave minaccia della pandemia si attenuerà, poi, l’altra grande sfida per l’industria sarà quella di rimodellare il calendario annuale degli eventi, delle proiezioni e delle anteprime, per fare spazio a tutto ciò che è stato spinto nella metà posteriore di quest’anno e nel 2021».

 

4 – LO STORICO ISRAELIANO OTTIMISTA SULLA LOTTA ALLA PANDEMIA

Elena Loewenthal per “la Stampa”

 

Quali sono le armi di cui disponiamo per combattere il coronavirus? Quanto durerà questa emergenza? Che cosa ci lascerà, per il futuro? A queste domande ha risposto lo storico israeliano Yuval Harari - noto anche in Italia per i suoi libri, come Homo Deus. Breve storia del futuro e 21 lezioni per il XXI secolo (entrambi da Bompiani) - in una rara intervista concessa alla anchorwoman Ilana Dayan per la rete Mako.

 

coronavirus, il mondo vuoto 4

«La scienza è più forte del virus. L' arma fondamentale di cui l' umanità dispone oggi e che non aveva in passato è la conoscenza. La scienza è conoscenza più metodo: questa combinazione fa tutta la differenza, nella guerra contro il coronavirus», spiega.

L' umanità sta affrontando un evento epocale che detterà a lungo la vita politica, sociale, economica e anche culturale. Non sappiamo ancora quando finirà, quanto sia profondo il pozzo in cui ci troviamo. Harari conosce la storia, ha con questa disciplina una consuetudine quotidiana, «ma affrontare una epidemia da uomo e non da storico è molto diverso. Certo, fa più paura».

 

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Oggi, però, grazie alla scienza e allo scambio di informazioni, «i dottori corrono più in fretta del virus». Il virus lavora sulla base del caso, i medici e la scienza no: procedono per analisi sistematica dei dati. La forza della scienza è il metodo, insieme alla capacità di collaborazione a livello globale. Alla base di tutto il nostro equipaggiamento c' è la conoscenza, scientifica e diffusa: un valore fondamentale del progresso e delle sfide che il mondo ci pone.

yuval noah harari 21 lezioni per il xxi secolo

 

«La capacità di analisi propria della scienza è uno strumento formidabile», dice Harari, per aprire gli orizzonti. Tutto sta nel capire se l' epidemia diventerà occasione di rivalità globale o di consapevolezza comune. Non siamo inermi davanti al coronavirus. L' umanità non è mai stata «armata» come oggi. A metà del XIV secolo la peste nera ci impiegò dieci anni per arrivare dalla Cina in Europa, e devastò il continente.

 

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Oggi ci sono volute due settimane per diffondere il coronavirus, ma la velocità del sistema non è necessariamente un male, anzi. In due settimane gli scienziati hanno mappato il Dna del virus, lo hanno decifrato. Sanno che cos' è, cosa fa. La peste, nel passato, è sempre rimasta un mistero. Non si sapeva nulla di quale fosse l' origine, di come si propagasse. La nostra situazione è molto diversa. I sistemi sanitari hanno una certa fragilità proprio perché si trovano ad affrontare tantissime patologie diverse, che si incontrano inevitabilmente in ospedale - e questo determina contagi.

 

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Ma è anche vero che oggi «quando un medico di Milano scopre l' efficacia di un farmaco per contrastare gli effetti del virus, nel giro di poche ore quel farmaco è a disposizione di un suo collega a Tel Aviv, e dei suoi pazienti». Resta ovviamente sempre una misura di incertezza: il virus ci grida che non abbiamo il controllo totale sulla natura, e ciò è inquietante. È un fattore di destabilizzazione. Ma il mondo può reagire di fronte a questa incertezza. La risposta che dobbiamo dare è quella della cooperazione: in questo senso la globalizzazione è giusta. Certo, vi è un paradosso di fondo. Oggi come oggi l' arma principale contro il diffondersi dell' epidemia è l' isolamento. Non è forse il contrario della collaborazione?

 

No, l' isolamento è positivo. È necessario. Yuval Harari propugna da sempre l' abbattimento dei muri, la società aperta. Ma in questo caso l' isolamento è giusto. Come abbiamo visto, il virus passa anche dai muri fisici: non sono quelli che servono. «L' isolamento umano oggi invece è necessario, purché sia un metodo e non un fare ognuno per sé. Non c' è contraddizione tra il chiudere le frontiere, interne ed esterne, e sentirsi parte di una comunità umana universale. Se l' isolamento come arma contro il virus è deciso e coordinato, allora diventa il perfetto modello di cooperazione globale».

CORONAVIRUS CONTROLLI FIUMICINO

L' arma, insieme alla scienza, per combattere il virus.

 

Bisogna usare la globalizzazione, non temerla e nemmeno subirla. Ci vuole, insomma, un isolamento «giusto», consapevole: chiudersi contro il virus, non contro il resto del mondo. «La conoscenza condivisa è fondamentale», ripete Harari. È il cardine del progresso, ciò che ci rende meno disarmati che mai di fronte alle incertezze, alle minacce globali. E lo stiamo vedendo quotidianamente, in questi giorni.