IL BOTTO DI FINE ANNO: IL 1 AGOSTO 2024 (DUE SETTIMANE DOPO IL TAGLIO SUL CAPOCCIONE) GENNARO…
Una seconda ondata peggiore della prima. Per Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, oggi in audizione alla commissione Sanità del Senato, l’Italia sta rincorrendo il virus anziché anticiparlo. Concetti espressi già nelle settimane scorse. Solo che questa volta, a peggiorare la risposta del Paese alla pandemia da Coronavirus, «c’è un coinvolgimento del centro sud, che ha servizi sanitari più fragili, abbiamo di fronte 4-5 mesi di inverno, c’è la pressione data dall’epidemia influenzale, il personale sanitario è meno motivato e ci sono attriti tra governo e enti locali che impediscono di prendere le misure più opportune».
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Tornando al ritardo, per Cartabellotta, non è solo una questione sanitaria, il risvolto è anche politico. «Siamo in ritardo con i Dpcm, stiamo andando verso il lockdown totale perché non siamo in grado di valutare gli effetti delle misure introdotte con i vari decreti. Bisogna notare che anche un lockdown totale da solo permette di ottenere una riduzione del 50% dei casi al ventottesimo giorno».
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Sull’accesso ai dati, ha aggiunto l’esperto, c’è bisogno di più trasparenza. «La legge assegna all’Iss la sorveglianza utilizzando una piattaforma che è ad accesso riservato, i ricercatori indipendenti non possono fare nessuna ricerca ulteriore. L’altro aspetto è il monitoraggio degli indicatori del 30 aprile 2020, il report non è pubblico, periodicamente emerge attraverso organi di stampa ma è riservato. Riteniamo che rispetto al report è opportuno che vengano resi pubblici i contagi per comune, mentre ora li abbiamo solo per provincia».
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Per il presidente di Gimbe la soluzione è una: «Si dovrebbe rendere accessibile il database in formato open data, mentre per il monitoraggio della fase 2 si dovrebbero rendere pubblici i report e i database in formato open data, ed espliciti e riproducibili i criteri per l’attribuzione del livello di rischio».
Andrea Crisanti
A mettere il carico da novanta, sempre durante la stessa audizione al Senato, ci ha pensato Andrea Crisanti. Il virologo ha infatti spiegato che contro una eventuale “terza ondata” della pandemia serve un sistema di sorveglianza con tre elementi. Il primo, la capacità di fare tamponi sufficienti, «mirati. Sappiamo che se siamo positivi negli ultimi 5 giorni abbiamo interagito con parenti, amici, colleghi, tutte queste persone vanno testate».
Il secondo, l’utilizzo di strumenti informatici «che permettano di monitorare in termini spazio temporali come i casi si distribuiscono nelle regioni, integrati con altri parametri come la mobilità delle persone, informazioni necessarie per prevedere quello che succede dopo, come si diffonde il virus». Infine, a completare il quadro, un sistema che renda accessibili i tamponi in tutto il Paese. «Se questo l’ha fatto il Vietnam può farlo anche l’Italia, ha detto.
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