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(AGENPARL) - La Camera e il Senato non sono titolari di alcun potere di “autodichia” sulle controversie relative alle procedure di affidamento dei propri appalti, che rimangono così sottoposte alla giurisdizione del giudice amministrativo. Lo ha ribadito la Corte costituzionale con la sentenza n.65, depositata oggi, con la quale ha respinto un conflitto di attribuzione promosso dalla Camera dei deputati contro due pronunce del Consiglio di Stato e delle sezioni unite civili della Corte di cassazione.
Nel caso che ha dato origine al conflitto, un’impresa che aveva partecipato a una gara bandita dalla Camera aveva impugnato il provvedimento di esclusione dalla procedura davanti al giudice amministrativo, ottenendo l’annullamento dell’atto da parte del Consiglio di Stato.
La Camera aveva proposto ricorso alla Corte di cassazione contro la sentenza, sostenendo che un proprio regolamento interno attribuisce al Consiglio di giurisdizione della Camera stessa il compito di decidere sui ricorsi contro qualsiasi proprio atto di amministrazione, compresi quelli in materia di appalti.
La Corte di cassazione aveva però confermato la giurisdizione del giudice amministrativo, e la Camera aveva a questo punto investito della questione la Corte costituzionale, sostenendo che tanto il Consiglio di Stato quanto la Cassazione avessero violato la propria sfera di attribuzioni costituzionali.
Nel respingere il ricorso, la Consulta ha richiamato la propria precedente giurisprudenza, che ha riconosciuto a tutti gli organi costituzionali il potere di adottare regolamenti e di decidere direttamente, attraverso propri organi di giurisdizione interni, le controversie con i propri dipendenti.
Tuttavia, come già era stato affermato in una sentenza del 2017, questa potestà – di per sé eccezionale rispetto ai principi, di rango costituzionale, che affidano la tutela dei diritti e degli interessi legittimi dei singoli alla giurisdizione civile o amministrativa – non si estende a controversie che coinvolgano gli interessi di terzi, come i partecipanti a una procedura di appalto.
In questi ambiti, le amministrazioni della Camera e del Senato restano soggette – come ogni altra amministrazione pubblica – ai controlli da parte del potere giudiziario sulla legittimità dei loro provvedimenti, da intendersi come fisiologici in uno stato di diritto.
La Corte ha, infine, sottolineato come questa conclusione discenda anche dalla crescente consapevolezza, a livello nazionale ed europeo, dell’assoluta centralità dell’obbligo a carico dello Stato di assicurare a tutti l’accesso a un giudice “indipendente” e “naturale”, e pertanto una tutela giurisdizionale effettiva davanti a un giudice equidistante dalle parti e dai loro rispettivi interessi.
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