
DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È…
Jenner Meletti per “la Repubblica”
Q UI, fra “femenes da ròba” e “fioi de sotefamea”, non è facile districarsi. Un fatto è certo: le Regole d’Ampezzo pensano che le donne non possano avere gli stessi diritti dei maschi.
LE Regole sono l’istituzione che dal tardo Medioevo governa la proprietà collettiva dei boschi, dei pascoli e dei campi. E così, davanti alla “Ciasa de ra Regoles”, la casa delle Regole, subito dopo un’assemblea che ha lasciato le donne nel Medioevo, tre di queste — un po’ scherzando, un po’ no — si sono avvolte in burqa improvvisato e con una foto hanno mandato a dire a tutti che a Cortina la Costituzione deve ancora arrivare. E che la parità dei diritti resta un sogno.
«Maschilismo e paura del foresto, come qui si chiama il forestiero, anche se viene dalla valle vicina». Questa la sintesi di Roberta de Zanna, “regoliera” e titolare di una importante gioielleria. «C’è la paura che la donna porti all’interno della comunità le proprie idee di rinnovamento e così inquini le radici maschiliste. E che danneggi ancor più la purezza della comunità sposando un foresto». L’assemblea ha detto sì alle nuove proposte con 416 voti su 650, ma per passare la mozione aveva bisogno di una maggioranza di due terzi, con 434 favorevoli.
Tutto resta dunque come prima e le regole millenarie fanno un po’ impressione. Diventano infatti regolieri solo i figli maschi. Le femmine possono entrare solo se non hanno fratelli. Le donne regoliere poi perdono ogni diritto se decidono di sposare un foresto o anche un maschio di una famiglia non regoliera. Fino all’ultima guerra solo il capofamiglia può entrare nella “Ciasa”, poi si accetta anche il figlio non sposato (“i fioi de sotofamea”) che entra al compimento dei 25 anni.
Negli anni ’60 le Regole vivono un momento di gloria: essendo proprietarie del 60% del territorio e praticamente di tutti i pascoli e delle foreste, impediscono l’invasione di mattoni e cemento che invece coprono gran parte del fondovalle. E in questi stessi anni le donne cominciano a chiedere più potere. Non si accontentano di essere “femenes da ròba” donne con proprietà, che potevano entrare nella “Ciasa” solo se senza fratelli e senza matrimonio con forestieri.
«Sono un regoliere, il voto è segreto e non posso dire come ho votato. Però…». Il sindaco Andrea Franceschi racconta comunque che il suo capogruppo è donna e che in giunta ci sono tante signore, delle quali non si potrebbe fare a meno.
«La riforma è stata fermata perché il Laudo, il complesso delle leggi interne, è frutto di tempi lontanissimi. Anche per i maschi ci sono comunque problemi. Entri a 25 anni ma non puoi partecipare alla gestione di questo bene comune. Questo andava bene quando l’età media era molto più bassa. Adesso ci sono capifamiglia — i soli che possono diventare “marigo”, vale a dire le guide delle 11 Regole ampezzane — di 80, 90 anni ed i loro “fioi di sotofamea” hanno più di 50, 60 anni e ancora non contano nulla. Un tempo la Regola aveva un grande potere. Ti dava la legna per riscaldarti e il legno per costruire la casa. Ti diceva quando salire con le mucche nei pascoli».
Adesso ci sono più alberghi — tanti in crisi — che vacche nelle stalle. «Certo — dice il sindaco — essere regoliere dà certi piccoli privilegi. Come affittare a poco prezzo uno dei casoni, che sono baracche che venivano usate da pastori e taglialegna nei boschi. Ci puoi fare la grigliata con gli amici, o dormire».
Non è d’accordo Lorena Alberti Minel, che gestisce il ristorante rifugio Peziè de Parù. Lei è una delle donne che si è fatta un selfie di protesta. «Il “marigo” conta ancora, eccome. Viene eletto il lunedì di Pasqua e resta in carica per un anno. È lui che ti permette di tagliare un albero, di coltivare un campo. Puoi usufruire di questo grande patrimonio comune solo se sei maschio e hai cognomi ampezzani, come Ghedina, Alverà, Manaigo, Franceschi, Menardi… Io sono donna e per di più ho sposato un foresto, un veneziano. Speravo che l’assemblea cambiasse le cose, almeno a 70 anni dalla conquista del voto da parte delle donne. E invece…».
Difficile raccogliere altri commenti. Cinzia Ghedina, che è stata presidente delle Regole per due mandati (con questi ritagli di Medioevo non puoi diventare “marigo” ma puoi salire invece sulla poltrona numero uno) dice soltanto di non voler parlare «perché questo è un paese difficile ». Omertà, intrighi?
La signora Lorena Alberti Minel finisce di preparare i casunziei. «Ci fa piacere la solidarietà ricevuta da tante donne. Ma non devono offendere Cortina. Marta Marzotto ha scritto che questa è “una città di maschilisti di m…”. No, questa è la città delle donne, io la sera dopo l’aperitivo torno a casa senza problemi. Questa è la città dove le donne vogliono contare anche nella “Ciasa de ra regoles”. Tutto qui. E ci riusciremo ».
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