DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Estratto dell’articolo di Michele Masneri per “Il Foglio”
Nasceva 20 anni fa il social che puntava a connettere i giovani, e si è trasformato in un paradiso per vecchi
[…] Correva l’anno 2004 e i destini del mondo erano ben diversi, e il brufoloso Mark Zuckerberg si metteva in testa la sua idea meravigliosa: anche se con intenti un po’ da maschio “incel”, fare pagelle di ragazze (che non se lo filavano), e poi connettere universitari, come si vede nel celebre film di David Fincher “The social network”; forse rubava pure l’idea a due belloccioni, i gemelli Winklevoss, che avevano però troppo da fare con le regate e con le ragazze (che ci stavano) per concentrarsi seriamente sul computer. Che tempi.
[…] Lui, intanto, la sua vita se l’è fatta. Si è preso come molti siliconvallici una moglie di origine cinese solida, una dottoressa del San Francisco General Hospital (subito ribattezzato Zuckerberg General Hospital dopo le colossali donazioni della famiglia) e non dimostra segni di crisi di mezza età, del resto compirà 40 anni a maggio. Niente a che vedere col Bezos, palestrato daddy con nuova morosa turgida di palestra e chirurgie; né trapianti di capelli e figli in provetta e nomi strambi alla Elon Musk.
[…] se proprio bisogna trovargli un animale guida quello è Bill Gates – del resto, sempre nel film, il fondatore di Microsoft, impersonato da un attore, parlando a una conferenza, dice che “il prossimo Bill Gates è qui oggi”, vedendo Zuckerberg tra i presenti.
[…] Il suo pupillo vive sobriamente, unica bizzarria (come Gates) è ammassare enormi lande di terre, forse preconizzando sventure future e cataclismi, o solo un mondo di masse ormai mostrificate (anche a causa sua, e in generale dei social). Se Gates è il proprietario terriero numero uno d’America, Zuck è padrone di mezze Hawaii. Entrambi hanno abbandonato Harvard per lanciarsi nelle loro imprese.
Certo anche Zuck ha avuto i suoi periodi pazzerelli. Negli anni Duemiladieci, al massimo del trionfo e della ubris, si imbarcò in un viaggio lungo tutti gli stati rurali americani, anche in trattore (sarebbe piaciuto molto a Lollobrigida) in quella che sembrava chiaramente una cavalcata verso la candidatura alla Casa Bianca. Poi decise che, più che partecipare, a lui le elezioni piaceva farle fallire: vennero quindi gli scandali Cambridge Analytica nelle presidenziali del 2016 e prima altri brogli o guai digitali in Birmania e dopo l’assalto a Capitol Hill con Facebook che non avrebbe censurato migliaia di post di svalvolati che si davano appuntamento con gli elmi cornuti, convinti d’essere nel giusto.
“Zuckerberg lascerà ai posteri un mondo diverso, e molto peggiore di quello che ha trovato”, ha detto il suo più grande nemico, ed ex investitore, Roger McNamee. Per le elezioni 2024 che si annunciano come le più a rischio infiltrazione, Facebook annuncia che si terrà ben lontano dalla politica e metterà a punto una serie di controlli per evitare che i malvagi possano intrufolarsi. Ma intanto cos’è diventato, Facebook? Un social di vecchi, il Televideo dei social, secondo l’impressione corrente e i dati per cui l’età media degli utenti è sempre più alta. Nel 2021 Zuck fece un discorso chiaro: “I giovani diventeranno la nostra stella polare”.
L’anno prima un rapporto della Sec, la commissione di Borsa americana, aveva rivelato che gli utenti più giovani erano scesi del 16 per cento. Secondo il Pew Research Center la percentuale di adolescenti è scesa ancora, dal 71 al 32 per cento. I dati poi non sono monolitici: la categoria più rappresentata è quella che va dai 25 ai 34 anni (24,4 per cento degli utenti) mentre gli over 65 sono solo il 12,1 per cento. Ma se si mettono insieme quelli dai 45 in poi si arriva a oltre il 37 per cento.
Gli studi suggeriscono poi che i giovani usano Facebook per le sue funzioni secondarie, mentre il nocciolo duro degli anziani adora quelle classiche: condivisione foto, like, messaggistica, videochiamate. Inoltre, forse non tutti gli utenti di Facebook sono anziani, ma tutti gli anziani o quasi usano Facebook (il 71 per cento degli americani). L’azienda negli anni ha fatto qualunque cosa per rincorre i giovani; in uno dei tanti “leak”, nel 2021, uscirono sulla stampa i cosiddetti “Facebook files” in cui vennero svelate anche discussioni interne alla società su una app chiamata Messenger Kids, per i bambini, che però non veniva scaricata tanto quanto i capi avrebbero voluto.
Ma più si rincorrevano i ragazzini, più arrivavano i pensionati. La app che dovrebbero fare è per i settanta, ottanta, novantenni (secondo noi anche un telefono blu col logo bianco Facebook, magari prodotto dalla Brondi, e con funzioni semplificate, avrebbe un certo successo). Facebook dovrebbe “abbracciare la sua età”, come consigliano a Biden, cioè non travestirsi da giovane (sempre come Biden). Accettare d’essere un po’ invecchiata con noi. Facebook intanto più che uno specchio dell’attualità è diventato un museo, un sacrario di memorie; ci sono le diapositive delle vacanze, non studiate come su Instagram ma più rustiche, storte, buie.
Nella soffitta di Facebook ci gettiamo tutto quello che non vogliamo tenere in vista ma non abbiamo il coraggio di buttare […] Più che “aggiungi agli amici” ci vorrebbe la funzione “aggiungi agli ex amici”, perché Facebook è un luogo di ex. Su Facebook siamo tutti sopravvissuti. Ma in senso buono: se siamo qui, siamo ancora vivi. L’alternativa sarebbe peggio, in fondo. In questa dolce discesa del social blu verso gli anni azzurri, Facebook sembra avere almeno l’età del suo fondatore, 40 anni, più che i 20 della sua anagrafe.
E’ appesantita, un po’ fuori forma, non funziona molto bene, si impalla, insomma è invecchiata al posto suo (sì, ok, Dorian Gray). E gli anziani sono i veri protagonisti.
[…] La scrittura anziana di Facebook ha inaugurato un nuovo genere e avrà effetti di lungo periodo. I segni che più hanno subito una mutazione sono gli apostrofi (“po’” che è ormai cambiato definitivamente in “pò”) ma soprattutto i tre punti di sospensione che hanno spezzato le catene, sono esplosi. Il boomer di Facebook di puntini ne mette due, quattro, sei, ma mai in nessun caso tre, come in una forma di ribellione alla grammatica (al pensiero unico della grammatica, direbbero i complottisti), perché qui si sente finalmente libero. Così gli esclamativi; perché risparmiarsi? E’ gratis. Mettine quattro. Questo tipo di scrittura poi da Facebook è tracimato in ogni comunicazione digitale
[…] L’anziano poi su Facebook diventa inevitabilmente grafomane. E’ la categoria degli scrittori su Facebook immortalata anche da “Un altro Ferragosto”, il bel remake di “Ferie d’agosto”, il film di Virzì al cinema in questi giorni, in cui il vecchio Sandro Molino, l’intellettuale interpretato da Silvio Orlando, ormai ex editorialista dell’Unità, compila i suoi pensosi editoriali proprio su Facebook – e litiga con gli amici che glieli contestano, sempre lì sul social blu.
Ma tra reale e virtuale, ci sono in questi giorni tanti critici cinematografici che scrivono su Facebook recensioni di questo e altri film (magari esodati, o pensionati, o autoproclamati, chi lo sa. I giudizi generalmente – forse perché si soffre il medium, e il demansionamento – sono più acuminati di quelli che si esprimerebbero su un vero giornale). Ognuno, infatti, è ormai un severo editorialista presso sé stesso su Facebook; e anche i like vengono presi seriamente e dosati col bilancino (“gli ho messo il like”, “gli ho tolto il like”)
[…] Nella grande Rsa di Facebook al me ormai anziano piacciono molto i gruppi di quartiere […] in questo Facebook ha una sua rilassante dignità generalista, come un canale Rai; in un mondo in cui ognuno sempre più ha il suo social (i trumpiani il loro Truth, i giornalisti X, i pischelli appunto TikTok, le sciure Instagram) Facebook è rassicurante, è come vedere il carosello dai nonni.
[…]
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