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Estratto dell'articolo di Antonio Piedimonte per “La Stampa”
Un pomeriggio di paura e un'ondata di polemiche dopo le notizie su una rivolta nel carcere di Benevento. L'allarme scatta quando trapelano le prime notizie attraverso i comunicati dei sindacati della polizia penitenziaria. Lo scenario è inquietante: detenuti armati, due agenti in ospedale e altri forse tenuti in ostaggio, un intero piano devastato.
Le note sembrano quasi degli sos: «È in atto una violenta rivolta da parte di alcuni dei detenuti ristretti, la situazione è molto grave», scrive il Sappe intorno a mezzogiorno. […]
In assenza di notizie ufficiali la tensione cresce anche tra i familiari degli agenti e dei carcerati. […] Per ore con il fiato sospeso temendo il peggio, finché arrivano le parole del direttore dell'istituto Gianfranco Marcello: «Al rifiuto del medico della Asl di visitare un detenuto è esplosa una protesta vibrata, sfociata in momenti di concitazione con la rottura di alcune vetrate le cui schegge hanno ferito lievemente due agenti di polizia. Non c'è stata alcuna colluttazione, né aggressione da parte dei detenuti verso gli agenti e ora la protesta è rientrata. Nessuna rivolta né sequestro», ha spiegato all'Ansa.
Ugualmente lapidarie le dichiarazioni dei garanti dei detenuti, che in serata hanno emesso una nota congiunta: «Stamattina (ieri, ndr) nel carcere di Benevento si sono registrati momenti di tensione, il motivo sarebbe stato il mancato accompagnamento di un detenuto ad effettuare una visita medica all'interno della Casa circondariale. Si sono verificati attimi di protesta durante i quali è stato mandato in frantumi un vetro e due poliziotti hanno riportato lievi lesioni, poi sono stati prontamente medicati in ospedale e sono poi rientrati a lavoro».
I tre rappresentanti – Felice Maurizio D'Ettore, Patrizia Sannnino e Samuele Ciambriello – hanno poi aggiunto: «Comunicati stampa aggressivi, agenzie di stampa, giornali e telegiornali hanno riportato notizie di rivolta e di sequestri di agenti e di disordine ancora in corso. Sempre più aggressivi i comunicati dei sindacati di polizia penitenziaria, che ritraggono le carceri come un fronte di guerra, non stupiscono chi ha contezza di un conflitto in effetti in atto, sebbene il bersaglio dell'offensiva sia uno solo: la popolazione detenuta. E poi perché comunicare quando l'evento è in corso? Si crea allarme a tutta la comunità penitenziaria».
«Le carceri in Campania - spiega Di Giacomo (segretario generale del Sindacato polizia penitenziaria) - sono le peggiori di Italia per sovraffollamento, carenza di organici, suicidi e morti per altre cause di detenuti, aggressioni e violenze al personale, rivolte, traffico di droga, diffusione di telefonini. Cos'altro dobbiamo aspettarci?».
E quindi l'appello: «Le nostre denunce sono state sempre inascoltate con le conseguenze che a pagare sono sempre e solo gli agenti abbandonati al proprio destino ed impossibilitati a difendersi». […]
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