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Monica Ricci Sargentini per il Corriere della Sera
Una ragazza turca di 20 anni vince la medaglia d' oro ai campionati mondiali di Taekwondo a Lima in Perù e, invece di essere applaudita in patria, viene ricoperta di insulti sui social media per il velo che esibisce con orgoglio anche quando gareggia.
Ma a criticarla aspramente non sono i turchi secolaristi fedeli al fondatore Atatürk che aveva vietato il velo nelle scuole e negli uffici pubblici. Al contrario. Ad indignarsi per l' abbigliamento di Kübra Dagli, due grandi occhi scuri e un sorriso disarmante, sono stati i musulmani più conservatori, quelli per i quali questa ragazza tenace e piena di sogni non avrebbe proprio dovuto gareggiare.
«Piedi nudi, testa coperta, le cosce e i fianchi esposti. Sei solo una merce. Cosa c' è di appropriato in questo?» è uno dei tanti commenti apparsi su Twitter.
«Perché la tua testa è coperta mentre apri le gambe e ti metti in qualsiasi posizione?
Tanto vale che te la scopri la testa, che Allah ti dia un po' di buon senso» scrive un altro.
«Questo è un insulto all' Islam e alle donne credenti - è il parere dell' ennesimo uomo indignato -, togliti subito quel velo!!! Noi ci congratuliamo con te per la medaglia ma ti condanniamo perché ti copri la testa ma poi ti comporti in modo immorale, ti esibisci come le donne senza velo».
La vicenda di Dagli è emblematica della Turchia di oggi. Se un tempo il secolarismo di Atatürk era stato usato come strumento di marginalizzazione dei musulmani, oggi è proprio la parte più conservatrice della società a voler imporre i propri valori oscurantisti.
Nei suoi quattordici anni di governo l' Akp, il partito filoislamico di cui Erdogan è leader, ha fatto cadere uno dopo l' altro i divieti di indossare il velo: prima per le studentesse universitarie, poi per le professoresse, per le hostess della compagnia aerea Turkish Airlines, per le ragazze nelle scuole elementari e medie durante le ore di Corano, per le avvocate e, infine nel 2013, per le dipendenti pubbliche. Ma se questo è stato un passo avanti che ha permesso alle donne musulmane di non incontrare più ostacoli nel mondo del lavoro e di inserirsi meglio nella società, ora si teme l' effetto opposto.
Per dirla con le parole di Asu Maro, editorialista del quotidiano Milliyet : «Una ideologia sessista vuole che le donne non si coprano la testa, un' altra non vuole che se la scoprano ma entrambe sono unite dallo stesso desiderio: farci stare a casa».
La campionessa non si capacita di tanta rabbia: «Ho realizzato il mio sogno e per questo ho lavorato duro. Abbiamo reso il nostro Paese campione del mondo, di questo vorrei che si parlasse».
Eppure nonostante il nazionalismo e l' orgoglio sportivo prevale sempre di più la voglia di relegare la donna nel ruolo di madre e moglie.
D' altra parte in questi anni il presidente Recep Tayyip Erdogan ha più volte incoraggiato le cittadine a fare almeno tre figli.
E rimane alla storia la gaffe di Bulent Arinc quando da vicepremier nel 2014 raccomandò alle donne di non sorridere o ridere in pubblico durante il mese del Ramadan e, per tutta risposta, fu inondato sui social di foto che ritraevano ragazze ridanciane.
Kübra, però, non si arrenderà. E con lei tutte le altre atlete turche che si allenano nonostante i pregiudizi, con o senza il velo.
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