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Cristiana Lauro per Dagospia
Il "no show" al ristorante è quella maleducata costumanza del cliente che con leggerezza non si presenta ad occupare il tavolo che aveva prenotato. Il più furbo di tutti prenota addirittura tre o quattro ristoranti diversi in modo da poter decidere all'ultimo momento che taglio dare alla sua serata. Ma il no show del cliente cafone si traduce in una perdita per il ristorante.
All'estero, specie nei paesi anglosassoni, il ristoratore può applicare una penale, come si fa regolarmente negli hotel, purché ci sia trasparenza. Il cliente è informato al momento della prenotazione e deve lasciare il numero di carta di credito: non fa una piega, la cancellation policy è indicata nel sito ufficiale del ristorante. Da Alinea a Chicago si paga addirittura anticipato, ma una serata da Alinea è uno show, altro che no show.
Dal giapponese NAOE a Miami (difficile trovare posto) la penale di circa 200 dollari, ovvero il costo del menu degustazione bevande escluse, viene interamente addebitata una settimana prima della serata. Conviene presentarsi anche con qualche linea di febbre.
Ma agli italiani il concetto di carta di credito e la diretta conseguenza della sua tracciabilità fanno venire l’itterizia. Continuiamo a preferire la mazzetta di contanti belli scrocchiarelli. Non a caso siamo il paese in Europa dove circolano più banconote di grosso taglio e molte categorie, come tanti tassisti ad esempio - ma non solo – ancora oggi non accettano pagamenti con POS.
Il no show quindi reca danno all'attività di un’impresa che offre posti di lavoro. Oltre al mancato guadagno a fronte di spese fisse come affitto e personale, occorre tenere conto dei costi dei fornitori, della materia prima fresca e deperibile e molto altro. Ma un conto è un locale da 300 coperti che può rimpiazzare il tavolo con facilità, altro una piccola trattoria a conduzione familiare o un ristorante stellato con 50 posti.
Lino Stoppani, Presidente di FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), manifesta qualche perplessità. Dal rischio di uso improprio di carta di credito da parte del richiedente, all’inquinamento del rapporto di fiducia fra cliente e ristoratore. Tuttavia dichiara di aver avviato, nel contempo, un progetto con Mastercard, sperimentale in 20 locali di Milano, presto seguito anche da American Express.
I ristoratori italiani sono per la maggioranza favorevoli all’introduzione di una normativa chiara e trasparente.
Massimo Bottura dell'Osteria Francescana a Modena non risponde.
Cristina Bowerman proprietaria e chef di Romeo e dello stellato Michelin Glass a Roma, è dell'idea che la questione vada affrontata al più presto, ma non è così semplice. “In fondo perché inorridire all’idea di una penale” e prosegue: “ se non ci presentiamo a teatro o a un concerto non abbiamo diritto al rimborso”. Giacomo Gironi, direttore corsi dell’Associazione Noi di Sala e restaurant manager di Al Mercato a Milano, aggiunge che il mancato incasso non è l'unico dei danni che riceve l'esercizio commerciale.
Vincenzo Donatiello, restaurant manager del Tre Stelle Michelin Al duomo di Alba ha le idee chiarissime: " Fa male dirlo, ma è la clientela italiana, nonostante i recall, le conferme, ecc...la regina del no show. La clientela estera è abituata a cancellation policy, talvolta estremamente restrittive e la percentuale del no show è molto più bassa.
Il no show è sicuramente un tema spinoso per la ristorazione italiana, non siamo minimamente tutelati a riguardo. Si discute da anni di penali, acconti, ma la classica lungaggine della politica italiana non fa nulla a riguardo. Sono assolutamente favorevole al pagamento di una penale: tutti i ristoranti, di qualsiasi categoria, sono aziende che producono, garantiscono posti di lavoro e se qualcuno cagiona un danno economico con un no show è giusto che paghi”.
Allan Bay, giornalista e autore di libri di cucina: " In Italia nessuno applica la penale se non ti presenti ad occupare il tavolo prenotato, all'estero sì. C'è un problema: 99 ristoratori su 100 temono di perdere troppi clienti chiedendo il numero di carta di credito e alla fine fra la padella e la brace, non sanno cosa scegliere".
Enrico Pierri, chef e titolare del frequentatissimo ristorante di pesce ilSanlorenzo a Roma è d’accordo con gli altri: "In Italia c'è un vuoto legislativo, non è stata regolamentata la faccenda. Quindi si può ovviare il problema con società estere di gestione delle prenotazioni. Dover negare il tavolo a un cliente che vuole prenotare perchè il ristorante è in over booking e ritrovarselo vuoto, è un danno unicamente a carico del ristoratore".
Simone Pinoli, maître del Tre Stelle Michelin La Pergola dell'Hotel Cavalieri Hilton a Roma: "Noi facciamo il recall e in caso di mancata conferma entro le ore 18.00 cancelliamo il tavolo e diamo priorità alle persone in waiting list. Al momento solo gli alberghi possono addebitare una notte in caso di no show, mentre per noi ristoratori non è possibile. Speriamo che questo possa cambiare al più presto, abbiamo tante persone il lista di attesa che è un peccato avere un tavolo libero a causa di un no show".
Alessandro Pipero, titolare di Pipero, altro noto stellato di Roma. : "Tema spinoso. Un tavolo disdetto mezz'ora prima in un ristorante di lusso che lavora solo su prenotazione resta vuoto, è tardi per rimpiazzarlo, quindi genera un mancato incasso. Nel contempo ammetto di avere qualche riserva all’idea di addebitare una penale nel caso di cliente amico, ad esempio".
richiamare i clienti del ristorante
E’ così affannoso introdurre il concetto di “caparra” o di “penale” nella ristorazione come si fa da tempo con hotel, noleggio barche, affitti di case, Airbnb o qualsiasi servizio normalmente soggetto a prenotazione? Un posto prenotato e garantito è un privilegio per il cliente, un servizio aggiuntivo, perché mai il costo e il rischio devono essere totalmente a carico del ristoratore?
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