prostitute in una case chiusa case chiuse

CRONACHE DI UN PAESE DI MIGNOTTARI - IN ITALIA, NEL 1936, ALL'INTERNO DELLE CASE CHIUSE, IL PREZZO DI UN RAPPORTO SESSUALE "ALLA BUONA" ERA DI UNA LIRA E 10 CENTESIMI, SOLDI CON CUI LE "SIGNORINE" POTEVANO A STENTO COMPRARE DUE UOVA - LE TREMENDE CONDIZIONI DI LAVORO DELLE PROSTITUTE: I PAPPONI PRENDEVANO META' DEGLI INCASSI E MALTRATTAVANO LE RAGAZZE. A MODENA OGNI GIOVANE AVEVA UNA MEDIA DI 60 APPUNTAMENTI AL GIORNO - LE LETTERE DELLE ESCORT ALLA SENATRICE MERLIN, CHE CHIUSE I BORDELLI: "I NOSTRI CAPI HANNO PELLICCE E GIOIELLI. NOI SIFILIDE, TUBERCOLOSI E NESSUNO CI VUOLE BENE..." 

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Estratto dell'articolo di Gian Antonio Stella per il "Corriere della Sera" 

casa chiusa

 

Due uova e poco più. Questo era il prezzo d’un rapporto «alla buona» (testuale) in gran parte delle case chiuse del 1936: una lira e 10 centesimi. Cinque minuti e via. Con le uova che costavano, dice la «Tavola 98 dei prezzi al consumo dell’Istituto Centrale di Statistica del Regno d’Italia», 45 centesimi l’una.

 

Con un’ora di sesso (7,20 lire) nella «Casa di piacere di lusso Madama Teresa» dice il tariffario di quell’anno si potevano comprare 6,50 etti di burro o 6 etti di fagioli secchi o tre chili di pasta o un po’ più di un chilo di strutto o di un litro d’olio, che costava 6,25 lire. O più di un chilo di zucchero o uno scarso di carne bovina o suina o mezzo chilo (scarso) di salame. 

 

casa chiusa 4

È questa la cornice reale di certi quadretti nostalgici tracciati da pittori, scrittori, giornalisti spesso straordinari ma dai ricordi strabici, cornice denunciata nel 1955, 70 anni fa, da Lettere dalle case chiuse. Un libro firmato, per l’editrice de «L’Avanti!», da due donne formidabili: Lina Merlin, la più impegnata nella guerra per chiudere tre anni dopo i bordelli di Stato («In ben 80 Paesi situati in tutte le latitudini e tutti i climi non esistono case di tolleranza tollerate dallo Stato») e Carla Barberis, cioè Carla Voltolina, la moglie di Sandro Pertini, che per restare alla larga dalle polemiche preferì firmare col cognome della madre. 

 

case chiuse

C’è tutto, in quei settanta sfoghi ripubblicati anni fa in Cara senatrice Merlin dalle edizioni Abele e curate da Mirta Da Pra Pocchiesa che ricordava come, al momento dello stop, i «casini» italiani, introdotti da una legge del 1860, prima dell’Unità, fossero ancora 560. Il tormento per l’errore: «Si entra coll’incoscienza, il miraggio di ambizioni stupide. E dopo quando vediamo che questo denaro è veramente sudato col nostro dono migliore, non dà né il risultato e nemmeno la felicità, non siamo più capaci di trovare la vera via. (...)

 

CLIENTI E PROSTITUTE NEI BORDELLI ANNI CINQUANTA

Passano gli anni, le speranze, qualche illusione d’amore, una grande pietà ci prende per noi stesse per essere così perdutamente sole». L’angoscia di non riuscire a ripartire da zero: «A poco più di trent’anni coi miei risparmi comprai una villetta e decisi di rifarmi una vita affittando tre camere (...) ma la legge di P. S. non permette di avere la licenza di affittacamere a noi e così dopo anni di acrobazie, mi riempii di debiti...». L’asfissia della trappola:

 

«Ci sono tante e tante ragazze ingenue e povere come lo ero io che ci cascano dentro, ci sono i vampiri che succhiano il sangue delle povere ragazze, ma se queste case non ci fossero anche se una sbaglia una volta non ha più la possibilità di uscirne. Quando una di noi è nel giro, se proprio non è finita non la lasciano più uscire, perché oltre a tutto ci fanno firmare tante cambiali… Ci indebitiamo per vestirci per le malattie per tutto, e pensi che se spendiamo per 50 dobbiamo firmare per 100, e la Questura è d’accordo con le padrone...». 

Case chiuse

 

E poi ancora le invettive contro i proprietari dei bordelli: «Moltissimi padroni danno da mangiare dei polli interi ai suoi cani e biscotti, zabaglioni di uova ecc. ecc.  Ed alle signorine danno la bistecca di 70 o 80 grammi l’una e licenziano la cuoca su due piedi se per caso si dovesse sbagliare a darne di più.

 

Perché il peso poi viene controllato dai signori padroni. Se qualche signorina protesta col dire che è piccola la bistecca, allora fingono di richiamare la cuoca in presenza alle signorine... E la cuoca bisogna che stia zitta perché altrimenti viene licenziata su due piedi. Dove va poi con tanta disoccupazione che c’è?». 

 

Case chiuse

Fino agli appelli disperati: «Siamo quasi tutte gialle in faccia. Mettiamo i belletti per tirarci su ma se ci vedesse quando ci alziamo! Faremmo pena a tutti meno che a quelli che guadagnano su di noi e dicono che siamo sgualdrine e non abbiamo voglia di lavorare. Loro però hanno macchine pellicce i gioielli e noi sifilide, tubercolosi e nessuno ci vuole bene. Ci salvi tutte Onorevole e che più nessuna ragazza entri in queste case come sono entrata io». 

 

E chi potevano invocare le poverette, se non lei, Angelina «Lina» Merlin, padovana, cattolica [...] ma antifascista e socialista al punto di venir arrestata cinque volte dopo il delitto Matteotti e mandata poi al confino a Dorgali? [...]

 

Case chiuse

Una storia di confino (edito da Carlo Delfino). «I fascisti la esiliarono a Nuoro perché consideravano Nuoro la peggiore punizione possibile», sostiene l’ex senatore Luigi Zanda, «ignoravano che in quella zona c’è una straordinaria capacità culturale. Tra Merlin e i pastori sardi si creò un’empatia: antifascismo e povertà strinsero un’alleanza». 

 

Tra i partigiani della Brigata Rosselli che nell’aprile ’45 occupano il Provveditorato agli Studi di Milano, eletta nel ’46 alla Costituente, accesa sostenitrice dell’art. 3 («Tutti i cittadini... sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso»), infaticabile paladina del Polesine dopo l’alluvione del ’51, unica donna eletta al Senato nel ’53, la Merlin è tuttavia ricordata soprattutto per quella accanita battaglia nel secondo dopoguerra contro «la prostituzione di Stato». [...]

 

casse chiuse con cagne incinte

Una realtà assai diversa da quella rimpianta con nostalgia da certi cantori del passato che ricordavano i bordelli come luoghi accoglienti dove «far flanella».  Spiegherà la Merlin a palazzo Madama nell’ottobre ’49, per fare un solo esempio: «Modena. La popolazione di questa città è di 130 mila anime; la provincia di 450 mila. Esistono quattro case di tolleranza nel capoluogo con un totale di venti donne ed una a Mirandola con due o tre donne. 

 

Queste debbono servire anche la scuola militare, il C.A.R. e la polizia. Tariffa media lire 100; media dei “colloqui” per ogni donna 60 al giorno. I proprietari delle case hanno diritto a metà dell’introito...». 

lina merlin

 

Per capirci: con 100 lire, in quel 1949, si potevano comprare un chilo di pane o di fagioli secchi o 700 grammi di pasta o tre uova (31 lire l’una) o due etti di lardo. Il tutto mentre certe tenutarie, con tanto di patente prefettizia, raccomandavano ai clienti giacca e cravatta in linea con «l’ambiente signorile»...