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Pierluigi Battista per “Il Corriere della Sera”
In Francia Le Monde ha scoperto che dopo la sbornia del «Je suis Charlie» successiva alla carneficina di Parigi, è il momento del ripudio del povero Charlie. Scrive infatti che tanti disegnatori e vignettisti, contattati da Charlie Hebdo per continuare la collaborazione con quel settimanale per un giorno soltanto ammirato da tutti come ultima trincea della libertà d’espressione, hanno chiesto espressamente che il loro nome venisse cancellato. È il «virus della censura» che sta contagiando tutti, come la chiama il commentatore Michel Guerin? È la paura che vince, il terrore che ha colpito nel bersaglio? E con che velocità la solidarietà universale si è prima appannata e poi è scomparsa nei confronti dei vignettisti «satanici» che sono stati massacrati dai guerrieri del fanatismo islamista.
Anche in Danimarca, dopo gli attentati di qualche settimana fa, i giornali militarmente blindati che hanno osato sfidare l’ira dei fondamentalisti, hanno ripiegato su una sponda meno esposta al pericolo delle rappresaglie armate di chi, con la scusa della «blasfemia», uccide e commette stragi. Vince la paura? Si diffonde il «virus della censura» e dell’autocensura? I vignettisti hanno paura di entrare in quella internazionale degli invisibili che, dopo essere stati indicati come bersagli della vendetta islamista, si nascondono, fanno perdere ogni traccia di sé, cambiano identità sotto la protezione della polizia.
funarali dei fumettisti dello charlie hebdo
Facebook in Turchia ha tolto le vignette considerate blasfeme. A Londra, nel museo Albert e Victoria un ritratto di Maometto, neanche particolarmente blasfemo, è stato rimosso per evitare in anticipo ogni polemica. Ayaan Hirsi Ali, che ha appena pubblicato un libro, non potrà presentarlo in pubblico per ragioni di sicurezza. E perché dei vignettisti, dei disegnatori liberi, anarchici, trasgressivi, ironici dovrebbero diventare degli eroi? Perché rischiare la morte per la propria libertà d’espressione se le società che hanno fatto della libertà d’espressione un principio apparentemente non negoziabile, in realtà si tirano indietro, eccepiscono sulla libertà che si trasforma in «licenza», se le autorità religiose considerano un’«offesa» la libertà di critica anche la più urticante e irridente?
Charlie Hebdo è di nuovo un giornale solo, come lo era prima della carneficina di gennaio. Quando pubblicavano le vignette incriminate, pochissimi trovarono quel gesto coraggioso un esempio da seguire. Per la paura. E per la censura che si sta insinuando dentro di noi, diventando potentissima autocensura. Un virus devastante per i nostri valori.
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