DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
1 – TWITTER, IL BANDO VERSO DONALD TRUMP È PER SEMPRE
(ANSA) - NEW YORK, 10 FEB - Gli "stop sono permanenti": quando "si è rimossi dalla piattaforma si è rimossi a prescindere" dalla carica, ovvero "se si è un commentatore, un direttore finanziario, un attuale o un ex funzionario pubblico".
Lo afferma il chief financial officer di Twitter Ned Segal in un'intervista a Cncb rispondendo a una domanda su Donald Trump. La risposta implica che anche nel caso in cui Trump dovesse ricandidarsi non avrebbe accesso al suo account. La sospensione permanente decisa dal social in gennaio è la 'sanzione' più dura prevista da Twitter, che non si può aggirare, come spiegato nell'help center di Twitter.
supporter di trump assaltano il congresso
2 – L'ORDINE DI ZITTIRE TRUMP NON VIENE DAI SOCIAL
Pubblichiamo stralci dell’ar ticolo di Dario Fabbri dal titolo «Con lo scempio del Campidoglio il potere è passato agli apparati», che appare nel nuovo numero di Limes, acquistabile in edicola e sul sito www.limesonline.com. L’edizione appena uscita del mensile di geopolitica ha per titolo «L’impero nella tempesta» e offre diversi contributi per inquadrare lo stato della superpotenza dopo le turbolenze dell’era Trump.
Testo di Dario Fabbri pubblicato da "La Verità"
All'indomani dell'assalto al Congresso, gli apparati statunitensi si sono arrogati i massimi poteri. Contro Trump, senza curarsi di Biden. Dopo anni trascorsi ad agire indirettamente, impegnati ad annullare i provvedimenti della Casa Bianca ritenuti anti-imperiali, hanno stabilito di fare da sé.
L'emozione di assistere alla rivolta dei bianchi li ha persuasi della drammaticità delle faglie esistenti nella nazione, della necessità di intervenire per risolverle. Lo shock prodotto da un presidente uscente che sognava il colpo di Stato, unito all'età avanzata di quello entrante, ne ha determinato l'assunzione delle principali attività governative - almeno ad interim.
Molto più che impedire il ritiro dei militari dall'estero o avallare l'impraticabile voto postale per favorire la vittoria del candidato democratico, sono tornati a manovrare la superpotenza, anche attraverso i principali ministri della nuova amministrazione, di palese estrazione tecnica.
Come già successo nei frangenti più incerti della storia statunitense.[...] Protagonismo tanto assoluto quanto azzardato, perché teso a eliminare la conseguenza (Trump) anziché l'origine del malessere (la fatica egemonica), perché incapace di sanare la distanza esistente tra le varie regioni d'America, perché incline a trascinare la superpotenza in nuove crisi. Fino a precipitare in conflitti assai insidiosi.
Mentre la nazione brucia, priva della maschera democratica che solitamente ne occulta l'ancestrale paranoia. Ora che la profanazione del Congresso, anziché produrre il ripristino dello status quo, ha provocato l'ulteriore indebolimento della politica. Con il rischio di smarrire la cifra morale della propaganda statunitense. [...] Per mestiere distratti dalle questioni internazionali, per cultura certi dell'intoccabilità dei costumi anglosassoni, fino al 6 gennaio gli apparati non sospettavano Trump perseguisse il colpo di Stato.
L'oligarca continuava a respingere l'esito del voto, denunciando brogli mai provati, eppure vigeva la convinzione che volesse corroborare la sua posizione elettorale in vista di una prossima vita, senza benedire concreti atti di sedizione, anche per schivare la persecuzione che la magistratura potrebbe ordire ai suoi danni.
Quanto capitato il giorno dell'Epifania ha colto di sorpresa gli analisti federali. E superato il punto di rottura. Probabilmente né Trump né gli attivisti presenti sull'Ellipse di Washington sognavano realmente di violare il Congresso - piuttosto immaginavano di scontrarsi con la polizia, magari costringendo il parlamento a sospendere il riconoscimento del voto dei grandi elettori in favore di Joe Biden.
manifestanti pro trump assaltano il congresso
Gli scatenati sostenitori dell'ex presidente non possedevano né la consapevolezza, né le capacità organizzative per imporre un cambio di regime. Ma la pressione esercitata da Trump sul Senato affinché sovvertisse l'esito elettorale, unita al dipanarsi degli eventi, ha prodotto una giornata altamente drammatica, nettamente più rilevante dell'11 settembre, segnale dell'intensità raggiunta dalla tempesta di dentro.[...]
Per quattro lunghissime ore il parlamento della prima potenza del pianeta è rimasto nelle disponibilità di pochi rivoltosi. Su tutti, lo sciamano di QAnon, Jacob Angeli Chansley, con un cappello dalle lunghe corna e un tatuaggio raffigurante il Valknut, simbolo delle antiche popolazioni germaniche, composto da triangoli intrecciati. Il colonnello in pensione Larry Brock di chiare origini tedesche, ripreso mentre si aggirava sul pavimento della Camera in tuta mimetica ed elmetto. Il proud boy Richard Barnett dalle dichiarate simpatie ariane, immortalato con i piedi sulla scrivania della speaker Nancy Pelosi. Mentre Mike Pence, inseguito nei locali del Senato, s' è salvato per un soffio dopo essere stato quasi circondato. [...]
manifestanti pro trump assaltano il congresso
Troppo per lo Stato profondo, turbato dalla vista di bianchi furiosi nei confronti delle istituzioni. Adesso il rischio che gli Stati Uniti giungano all'implosione, che la diminuita solidità induca i nemici a insidiarne il primato globale, richiede nuovamente l'intervento delle agenzie federali. Contro Trump. E nei confronti delle fratture che scuotono la nazione.
Novità immediatamente abbracciata dall'amministrazione entrante, guidata da un presidente molto avanti con l'età, alfiere di regioni etnicamente secondarie.[...] Il piano degli apparati per i prossimi anni è fin troppo semplice e ambizioso. Cancellare Trump dall'agone politico, costringere gli americani a concentrarsi sulle questioni esterne. Nella speranza di sopravvivere all'attuale.
La damnatio memoriae è istituto creato nella Repubblica romana, utilizzato estensivamente ai tempi dell'impero, replicato in ogni grande potenza della storia. Dopo i fatti del Campidoglio, Oltreoceano è stata ordinata la dannazione dell'oligarca newyorkese. Su imbeccata della burocrazia washingtoniana, i Big Tech hanno accettato di sospendere Trump da ogni piattaforma a tempo indefinito.
Perfino acconsentendo, per costrizione e narcisismo, di mostrarsi all'estero come unici decisori in materia.Così, stando alla vulgata mediatica, il fondatore di Twitter Jack Dorsey avrebbe bandito l'ex presidente su sollecitazione dei suoi più stretti collaboratori, dopo due tweet con cui questi annunciava che non avrebbe partecipato all'inaugurazione di Biden e definiva «grandi patrioti» gli insorti.
«Conservarne il profilo sarebbe come collaborare con i nazisti», ha lasciato trapelare l'azienda di San Francisco. E il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, in vacanza alle Hawaii, avrebbe seguito l'esempio di Dorsey perché intimamente convinto che Trump sia stato l'istigatore morale dell'assalto al Campidoglio, al termine di un personale esame di coscienza.In realtà l'oscuramento è stato ordinato dalla Cia, dall'Fbi e dal Pentagono, nonostante le lamentele dei social network, preoccupati dalle conseguenze finanziarie di tale decisione.
Come dimostrato dal tentativo di Twitter, durato appena 48 ore, di ristabilire l'account @realdonaldtrump. E dall'inverosimile comitato per il controllo, composto da 20 membri internazionali di cui cinque americani, incaricato da Zuckerberg di rivedere il caso. Esito inevitabile in una nazione che vive di potenza e non di profitto, in cui i giganti del Web sono semplici gestori di tecnologie prodotte al Pentagono, da Internet al microprocessore, dal cellulare a Siri.
Soggetti sottoposti alle decisioni delle agenzie centrali, dipendenti da queste per la propria sopravvivenza, consapevoli di non poter mancare la prossima invenzione prodotta in ambiente militare - la spesa federale in innovazione resta il doppio di quella del settore privato. Con buona pace dell'Europa occidentale - Italia in testa - a digiuno di geopolitica, ingenuamente convinta siano stati proprio i Big Tech a decidere il nuovo corso, intenta a interrogarsi sui limiti alla libertà d'espressione fissati da sopravvalutate aziende private, invece di cogliere la natura imperiale del provvedimento.
un manifestante con uno striscione per l impeachment a trump
Dopo aver perso l'eloquio, nelle intenzioni degli apparati Trump dovrebbe subire la permanente interdizione dai pubblici uffici. Sviluppo difficoltoso per riluttanza dei senatori conservatori, timorosi di perdere l'enorme elettorato tuttora afferente al fronte trumpiano - per realizzare l'impeachment servono 17 voti repubblicani. Piuttosto, nel medio periodo il newyorkese resterà sotto costante minaccia giudiziaria, ragione che ha determinato la nomina del giudice Garland.
manifestanti assediano il campidoglio a washington
Probabilmente Trump non rischia la vita - una sua fumosa eliminazione provocherebbe l'ulteriore precipitare delle tensioni interne - ma nulla è impossibile in questa fase.Con lo Stato federale che intende risolvere unilateralmente la questione. Mentre ragiona su come scongiurare il decisivo avvitarsi della nazione. Al riguardo la grammatica strategica fornisce un'indicazione indisputabile. Per evitare lo stallo conviene trasferire verso l'esterno la turbolenza interna, affinché questa si scateni altrove, affinché la popolazione si coaguli contro un nemico comune. Non necessariamente cominciare una nuova guerra, quanto lanciarsi in una crisi che impegni la popolazione, possibilmente funzionale all'interesse nazionale.
manifestanti assediano il campidoglio a washington
Nei prossimi mesi gli Stati Uniti potrebbero dedicarsi a uno specifico dossier per distrarre l'opinione pubblica, per esaltare l'omogeneità della cittadinanza, per confermarne la disciplina sociale, specie in tempi incerti. La superpotenza potrebbe scatenare la propria ira sul pianeta, come in passato.
manifestanti picchiano un poliziotto con una bandiera americana a washington
Anzitutto sull'Asia-Pacifico, sfidando la Cina nei mari rivieraschi, puntellando la difesa di Taiwan, ergendosi a paladina dell'autonomia di Hong Kong, dei diritti degli uiguri. Oppure applicando altra pressione sull'Iran per costringerlo al tavolo delle trattative, sfiorando la guerra prima di ottenere il placet dell'ayatollah Khamenei. O ancora dedicandosi al contenimento della Russia nel suo estero vicino, oppure nel Mediterraneo.
jack dorsey 45doug jensen 2gas lacrimogeni contro i manifestanti a washington jack dorsey audizione eugene goodman distrae la follaDONALD TRUMP
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