daniele mondello viviana parisi

“LO STAVANO CERCANDO COSÌ MIO FIGLIO?” - DANIELE MONDELLO PUBBLICA UN VIDEO PER DENUNCIARE LE INDAGINI SBAGLIATE E LE RICERCHE SUPERFICIALI - NUZZI: “FOSSERO STATI TROVATI PRIMA, I CORPI DI VIVIANA E GIOELE AVREBBERO POTUTO RACCONTARE DI PIÙ, TUTTO SAREBBE PIÙ FACILE PER RICOSTRUIRE GLI ACCADIMENTI MA GLI ERRORI, LE SCELTE CHE HANNO SEGNATO QUESTA STORIA HANNO RALLENTATO LE RICERCHE. SI RIMANE IMPIETRITI CHE ANCORA OGGI LE RICERCHE DI PERSONE SCOMPARSE SIANO CLAUDICANTI, INDEGNE DI UN PAESE CHE…” - VIDEO

 

GIOELE MONDELLO - VIVIANA PARISI - DANIELE MONDELLO

1 - GIALLO DI CARONIA, IL PAPÀ DI GIOELE POSTA VIDEO: "HANNO CERCATO COSÌ MIO FIGLIO?"

Da https://video.lastampa.it/

 

"Questo video me l'hanno mandato. Non so cosa pensare...lo stavano cercando così mio figlio?". Lo scrive su Facebook il papà di Gioele, Daniele Mondello, dopo il riconoscimento delle scarpette del figlio ritrovate tra la fitta vegetazione della collina di Caronia, dove Gioele e la madre Viviana erano scomparsi il 3 agosto scorso. Il dj ha postato un video in cui si vede una fase delle ricerche. Attività che lo stesso Mondello ha definito "un fallimento".

LE RICERCHE DI VIVIANA PARISI NEL VIDEO DENUNCIA DI DANIELE MONDELLO

 

2 - INDAGINI SBAGLIATE E RICERCHE SUPERFICIALI NELL'ENIGMA IRRISOLTO DI VIVIANA E GIOELE

Gianluigi Nuzzi per “la Stampa”

 

Adesso ci si affida all'entomologo perché faccia il miracolo. Solo un esperto di esapodi, gli insetti che abitano i corpi in decomposizione, potrà indicare quando è mancato Gioele, quando è spirata Viviana. Capire se sono deceduti nello stesso momento o chi per primo. E' la chiave per risolvere l'enigma del bosco: la mamma ha tolto la vita al piccolo e si è poi suicidata o l'ha lasciato andare, prima di uccidersi? O si è ammazzata insieme al figlio incosciente, lanciandosi nel vuoto? O, ancora, entrambi, magari feriti, esausti sono stati aggrediti dalla macrofauna che vive nella macchia? Tutto è legato al ciclo vitale degli insetti che già si trovano sui loro corpi. Il ciclo è come un orologio di precisione.

 

rito della luce piramide 38 parallelo

Offre la scansione naturale evolutiva, da decifrare, per capire quando hanno iniziato a presentarsi. Sarà però difficilissimo che l'entomologo pur esperto arrivi a cristallizzare l'ora precisa del decesso dell'uno e dell'altra. Un miracolo, appunto. Sarà più facile che lo stadio degli esapodi gli dia la certezza del giorno del decesso, non dell'ora precisa. E così ci si ritroverà con l'enigma irrisolto. Certo, fossero stati trovati prima, i loro corpi avrebbero potuto raccontare di più, tutto sarebbe più facile per ricostruire gli accadimenti, dare risposte a chi piange e si colpevolizza.

 

il procuratore di patti angelo cavallo sul luogo dove sono stati ritrovati i resti di gioele

Ma gli errori, le scelte che hanno segnato questa storia hanno rallentato le ricerche, preso qualche bagliore, lasciando noi al buio di verità. Si rimane infatti impietriti che ancora oggi le ricerche di persone scomparse siano claudicanti, indegne di un Paese che vanta forze di polizia e vigili del fuoco d'avanguardia. Nella zona della scomparsa di Gioele sono intervenuti 70 esperti, cani molecolari, un elicottero, droni, e persino da poco l'esercito e i cacciatori di Sicilia, carabinieri specializzati nella caccia ai latitanti in zone impervie, capaci di stare dodici ore immobili mimetizzati in un rovo per vedere con lenti Swarovski se una tendina di un casolare si muove a un chilometro di distanza.

 

giuseppe di bello, il carabiniere in pensione che ha trovato i resti di gioele

Una macchina enorme senza ritrovare il corpo del bimbo che era a poche centinaia di metri dalla mamma. C'è voluto l'intuito di un solitario volontario armato del solo falcetto, un brigadiere in pensione, appassionato ricercatore di funghi, per risolvere l'enigma. Possibile? Da qui, iniziano inevitabili le polemiche: «Le ricerche sono fatte a cavolo - sbotta il generale Luciano Garofano, già comandante dei Ris dei carabinieri -. Bisogna impiegare la cosiddetta ricerca a pettine, tenendosi braccio a braccio, proprio per evitare zone vuote, buchi, aree non esaminate».

 

Eppure chi ha lavorato giorno e notte per trovare il bambino osserva che si trattava di individuare una persona in vita, magari in movimento, e quindi ci si è più concentrati su un'area ampia, usando droni e mezzi aerei. «Non c'è differenza - rilancia Garofano - tra ricerca di un soggetto vivo o morto, il problema è che ancora oggi non esiste un sistema uniforme».

 

IL CASO DI VIVIANA PARISI E DEL PICCOLO GIOELE

Basta guardarsi alle spalle e pensare a Yara Gambirasio, la ragazza di 13 anni di Brembate scomparsa fuori dalla palestra che frequentava nella bergamasca. Ironia della sorte, il corpo venne trovato in un campo incolto tra l'erba alta a una decina di chilometri dalla sua abitazione, ma a soli 300 metri dal comando della polizia locale dell'Isola Bergamasca, ovvero da quello che era il centro di coordinamento delle ricerche della ragazza.

il punto dove sono stati trovati i presunti resti di gioele

 

Se da subito si fosse compreso il perimetro della tragedia che si stava consumando, forse dallo Stato sarebbero state dirottate sul posto ancora più forze, più uomini, più esperti, tesi a risolvere quello che stava diventando il giallo dell'estate, che stava creando «allarme sociale», destando enorme interesse e apprensione, come si legge nei documenti ufficiali, nell'opinione pubblica. Invece, nei primi giorni dopo l'incidente del 3 agosto, nella storia di Viviana si è assistito a un certo torpore, come se si trattasse di una "fuitina" di minorenni, con i ragazzini che scappano, attraversano l'Italia pur di vivere il loro amore acerbo, in una fuga sentimentale.

 

VIVIANA PARISI E IL PICCOLO GIOELE

Invece, Viviana era nel suo labirinto cieco, soffocata dai fantasmi, ossessionata dalle ansie, dai nemici senza identità, dai cattivi senza volto che la braccavano giorno e notte in uno stillicidio senza fine. Non era salita su un'altra auto, non era scappata dalla Sicilia e dal pericolo degli assistenti sociali e delle loro scelte. E' che ti senti sola. E ti senti soffocare. E' che ti guardi dietro e non dentro. E' che, insomma, ti senti così fragile, incerta, che la profonda inadeguatezza colonizza il tuo agire, avvelenandoti senza cura. E' che diventi iperprotettiva nei confronti di tuo figlio sul quale proietti e trasferisci ogni tuo limite. In fondo, lui come potrebbe fare senza di te? Tanto che nelle crisi post parto non si contano le madri che si suicidano portandosi dietro la propria creatura. E così nei primi anni di vita del figlio che esprime un disagio sovrastante.

GIOELE MONDELLO

 

Un quadro psicologico che avrebbe dovuto allarmare e che avrebbe dovuto far scattare l'allarme rosso, una volta trovata l'Opel Corsa abbandonata, per un soggetto in profonda crisi esistenziale e con alle spalle ricoveri e disorientamenti. Invece, per giorni nell'afa investigativa si è parlato di lieve incidente nella galleria Pizzo Turda, di una donna un po' triste, insomma ogni angolo era smussato rendendo nella percezione una pericolosa anormalità, meno grave e inquietante.

 

E se è condivisibile e commovente che il papà, Daniele Mondello, si consumasse negli appelli per far tornare Viviana a casa, quindi tranquillizzandola, sminuendo l'accaduto per ricucire e andare oltre, la ricerca doveva assumere una capacità di penetrazione sul territorio assai maggiore.

la distanza tra il luogo del ritrovamento e quello dell incidente

 

E non solo per il destino prioritario di questa famiglia ma per quello di noi tutti che siamo rimasti lì a Caronia, appesi, il cuore in gola. E attendiamo sempre dallo Stato una risposta superiore a quella che purtroppo riesce a organizzare. L'allarme sociale non è una classificazione sociologica o giudiziaria degli eventi, è un preciso sentore al quale si deve rispondere mostrando ogni competenza, cercando di compiere l'impossibile, per rassicurare la cittadinanza e garantire ordine ed equilibrio sociale. Invece, qui si rivive la scomoda sensazione, tante volte provata nel seguire queste vicende, che in Italia non è solo importante dove nasci - da quale famiglia, in quale contesto sociale - ma anche dove sparisci o dove ti ammazzano.

 

il percorso in auto

Si pensava che l'autostrada A20 Messina Palermo nel tratto della scomparsa fosse a tenuta stagna con recinzioni e canaloni, per poi scoprire varchi percorribili. Si cercava verso i monti Nebrodi, seguendo i tardivi ricordi di qualche testimone, quando la direzione di marcia di Viviana era verso Palermo: quindi con la fuga verso i riflessi del mare alla propria destra, più accessibile, immediata per chi è preso dal panico e fugge da sé stesso. E allora si torna alla ricerca. Il corpo di Gioele e quello di Viviana erano lì a 400 metri di distanza l'uno dall'altro, sotto una grandine di domande irrisolte. Perché non sono stati trovati subito?

 

i segni della frenata sull asfalto

E perché il piccolo non è stato individuato nell'immediatezza del rinvenimento della mamma? Gli esperti avevano diviso le zone in aree, giuste sbagliate, probabili e impossibili. Lo scacchiere era preciso, corretto? Quella dove sono stati trovati i resti del piccolo era stata battuta e con quale esito? Sì, perché poi le responsabilità sono più estese e riguardano anche ciascuno di noi. Di quanto vediamo e tacciamo. Qualche giorno fa i turisti del Nord avevano fatto tardivamente il loro dovere di testimoni oculari, affermando di aver visto mamma e figlio andare verso la boscaglia.

 

DANIELE MONDELLO VIVIANA PARISI

Quindi verso i monti e non verso il mare, verso il traliccio dove poi è stato trovato il corpo di Viviana. La direzione contraria rende il percorso più irto, superando ostacoli e canali per poter salire di quota. Se questi signori avessero fatto il loro dovere prima, forse si scriverebbe oggi una storia diversa. Se si obbligasse penalmente un testimone oculare a fare il proprio dovere nel bene di tutti, si darebbe ossigeno a indagini di ogni natura che sbattono sempre con l'omertà, l'indifferenza, la sciatteria sociale. E questo purtroppo capita in Sicilia, ma capita anche in Lombardia, proprio come nel caso di Yara, dove per mesi gli inquirenti hanno vissuto la frustrazione del silenzio di chi sa e se ne frega.