DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
PIERCAMILLO DAVIGO E SEBASTIANO ARDITA
Giuseppe Salvaggiulo per “la Stampa”
Sfidarsi in un dibattito televisivo all'ultimo sangue. Come Burt Lancaster e Kirk Douglas. Come Salvini e Fedez. Ma tra giudici. Di più: tra due alti magistrati che sono stati amici, fondatori di una corrente, eletti insieme al Csm, vicini di stanza, coautori di libri-manifesto. Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita, protagonisti del caso che sta destabilizzando il terzo potere, dopo un anno e mezzo da estranei nel Csm, l'altra sera si sono scazzottati a distanza sul ring tv di Piazzapulita. Dandosi appuntamento a un'alba televisiva da western, quando «ne resterà solo uno».
Sullo sfondo della fantomatica loggia segreta Ungheria, lo spettacolo, persi i freni inibitori e corporativi, è stato notevole. Prima l'intervista in video registrata da Davigo nella sua casa di Milano. Poi, mentre in studio commentavano gli ex magistrati Luca Palamara e Alfredo Robledo (spumeggiante con i neologismi Palamaravirus e Pieranguilla su Davigo), ecco l'epifania telefonica di Ardita. Dopo un breve stacco pubblicitario per aumentare lasuspense, il consigliere del Csm accusato nei verbali dell'avvocato Amara di essere uno dei «magiari», come a Roma vengono già sbeffeggiati i presunti affiliati alla loggia, si sfoga contro «il dottor Davigo».
Dicendosi «basito dalle sua affermazioni gravissime» e accusandolo di aver veicolato «atti giudiziari provenienti da reato» contro una persona, Ardita stesso, «verso cui nutriva grave inimicizia». Ciò «ben sapendo» che la loggia era «una bufala», perché i passaggi su Ardita sono pieni di elementi falsi e «facilmente verificabili», non ultimo il paradosso per cui Ungheria sarebbe «una conventicola di garantisti» mentre Ardita ha scritto nel 2017 un libro orgogliosamente intitolato «Giustizialisti», pubblicato - ça va sans dire - da PaperFirst, casa editrice del Fatto Quotidiano, con la prefazione di Marco Travaglio. Coautore proprio Piercamillo Davigo.
Altra epoca, in cui i due magistrati, uscendo da Magistratura Indipendente, fondavano la corsara Autonomia&Indipendenza, per scardinare il sistema correntizio. Nel 2018 furono eletti al Csm e occuparono nell'ala nobile due uffici adiacenti, separati dal cosiddetto e invidiato «salottino», su cui affacciava anche la stanza delle due segretarie. Quella di Davigo, devota al punto da piangere nel giorno in cui lui fu cacciato dal Csm, ora è indagata a Roma come «corvo» dei verbali segreti.
Il rapporto tra Davigo e Ardita si incrinò dopo l'uscita delle intercettazioni di Palamara e si ruppe sulla scelta del procuratore di Roma. Ciascuno ha molte cose da dire all'altro e sull'altro. Motivo per cui Ardita, chiudendo la telefonata, lo sfida «a vedersi per un confronto», così «ce le diciamo tutte guardandoci negli occhi». Davigo non ha assistito alla telefonata di Ardita in diretta. Era quasi mezzanotte. Ieri mattina gliel'hanno segnalata via messaggio. Ma non ha potuto guardare subito la trasmissione sul web, perché aveva in casa l'idraulico.
«In ogni caso - dice prima ancora di averlo congedato - accetto il dibattito. Parlerò di quello che accadde dopo l'uscita delle intercettazioni dell'hotel Champagne. Gli ricorderò che per due volte mi disse che voleva dimettersi dal Csm. E gli ripeterò la domanda che gli feci quando lo presi in disparte: c'è qualcosa che non so?». Nel frattempo procede l'inchiesta su fughe di notizie e dossieraggi. In attesa, oggi, dell'interrogatorio del pm milanese Paolo Storari, indagato per aver consegnato i verbali a Davigo, ieri a sorpresa il procuratore di Milano Francesco Greco s' è presentato dal collega di Roma, Michele Prestipino. Greco, che si è fermato un'ora (ma non si è trattato di un interrogatorio), è considerato parte offesa perché il «corvo», nelle lettere anonime, lo accusa di aver insabbiato l'indagine sulla loggia Ungheria.
Anche il presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra (ex M5S) è andato in Procura per raccontare di essere stato informato della vicenda dallo stesso Davigo, rallegrandosi del fatto che «Ardita sia uscito bene da questa vicenda».
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