malato coronavirus

DEI 322 CONTAGIATI IN ITALIA, 162 SONO IN ISOLAMENTO A CASA, 114 QUELLI RICOVERATI E FRA LORO 35 SI TROVANO NEI REPARTI DI TERAPIA INTENSIVA. SI TRATTA DI PERSONE CHE, OLTRE AL TRATTAMENTO CON ANTIVIRALI SPECIFICI, HANNO ANCHE BISOGNO DI ASSISTENZA RESPIRATORIA MECCANICA - SE L'ANDAMENTO DEI RICOVERI NEI REPARTI DI TERAPIA INTENSIVA DOVESSE AUMENTARE, QUALI SAREBBERO GLI EFFETTI SUGLI OSPEDALI? IN ITALIA I POSTI LETTO NEI REPARTI DI TERAPIA INTENSIVA NON SUPERANO LE 5.300 UNITÀ E ATTUALMENTE L'OCCUPAZIONE È DEL 90%...

Camilla Mozzetti per “il Messaggero”

 

personale sanitario scorta un malato di coronavirus a cheongdo, corea del sud

Allarme coronavirus: dei 322 contagiati - il dato risale alle 20 di ieri - 162 sono le persone in isolamento domiciliare, 114 quelle ricoverate e fra loro 35 si trovano nei reparti di Terapia intensiva. Quest'ultime ammontano dunque al 30% dei pazienti ospedalieri e al 10% dei contagiati. Persone che oltre al trattamento del virus con farmaci antivirali specifici per l'Hiv, hanno anche bisogno di assistenza respiratoria meccanica.

Se l'andamento dei ricoveri nei reparti di Terapia intensiva - ed è l'ipotesi peggiore - dovesse aumentare conclamando l'epidemia quali sarebbero gli effetti su queste strutture?

un malato di coronavirus trasportato in ospedale

 

«Ci sarebbe una criticità di gestione», spiega il professor Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e docente all'università Tor Vergata. Il motivo è presto detto: in Italia i posti letto nei reparti di Terapia intensiva non superano le 5.300 unità e attualmente l'occupazione è del 90%. Non c'è infatti solo il Covid-19 a cui tener testa: è il periodo dell'influenza stagionale e ci sono pazienti che sono ricoverati nelle unità intensive perché hanno patologie specifiche o sono stati colpiti da attacchi cardiaci o, ancora, sono reduci da interventi chirurgici particolarmente invasivi.

 

RESPIRATORE PER LA TERAPIA INTENSIVA

«Se prendiamo i casi pubblicati sul New England journal of Medicine - prosegue Andreoni - vediamo che sui primi cento pazienti colpiti dal Covid-19, il 10% circa ha avuto bisogno di una ventilazione meccanica e tre pazienti hanno richiesto l'Ecmo, la macchina di ventilazione extra corporea il cui numero nel nostro Paese è ancor più basso dei posti letto nelle unità intensive». «Senza certamente fare allarmismi, in questo momento - conclude Andreoni - la parte intensivistica fa la differenza nel trattamento dei pazienti e lo si è visto con i due cittadini cinesi di Wuhan ricoverati allo Spallanzani».

 

GLI SPAZI

Ma i posti - e sono i numeri a dirlo - in prospettiva potrebbero non bastare. «Attualmente - aggiunge il dottor Francesco Pugliese, direttore del Dipartimento emergenza, accettazione anestesia e aree critiche del policlinico Umberto I di Roma - la capacità di assorbimento è ottima ma in assenza di un'epidemia».

 

terapia intensiva 2

Per garantire o trovare altri posti letto nelle terapie intensive «si potrebbe attuare una riduzione degli interventi chirurgici programmati e utilizzare tutti gli spazi che garantiscono una ventilazione meccanica ai pazienti come le sale operatorie in condizioni estreme». Ma anche qui la gestione non è semplice. Dipende, infatti, dalla logistica di ogni singolo ospedale: capire, ad esempio, se le sale operatorie sono organizzate in blocchi oppure no perché un altro aspetto dirimente riguarda l'isolamento del paziente e pure le terapie intensive attuali non sono tutte organizzate, ad esempio, in box singoli.

 

Fonti del governo rassicurano: nell'eventualità, bypassando l'ordinario iter della gestione degli appalti, si potrebbero costruire dei reparti ad hoc in circa tre settimane. Ma questo richiederebbe anche un ingente investimento di denaro pubblico. Intanto le singole aziende ospedaliere stanno ragionando sulla questione, organizzandosi per avere dei posti liberi.

 

terapia intensiva 1

«Questo virus - analizza anche la dottoressa Francesca Leonardis, responsabile dell'Uosd Terapia intensiva del policlinico universitario romano Tor Vergata - non è più pericoloso dell'influenza però è anche vero che siamo il primo Paese in Europa per numero di contagi». E dunque ecco che la questione riguarda il modo per fronteggiare dal punto di vista ospedaliero la situazione.

 

Tanti reparti di Terapia intensiva, tra l'altro, sono Hub neurovascolari o cardiologici con pazienti molto seri che cronicizzano una patologia e che non si possono spostare in 24 o 48 ore in reparto. «Bisogna individuare - conclude la Leonardis - dei posti letto a pressione negativa, isolati, bisogna creare delle alternative perché dobbiamo essere pronti a fronteggiare qualsiasi situazione».