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Nino Materi per “il Giornale”
Una richiesta «moralmente» irricevibile, ma «tecnicamente» possibile (anche se con zero possibilità di essere accolta). La difesa di Marco Prato ha deciso di caricare a testa bassa, spingendosi a chiedere (ad appena 20 giorni da uno dei delitti più efferati della storia della cronaca nera degli ultimi anni), la scarcerazione di uno dei due protagonisti (l' altro è Manuel Foffo) della tortura e dell' uccisione del 23enne Luca Varani in un appartamento al Collatino a Roma.
Il tribunale del Riesame si è riservato di decidere, ma il suo pronunciamento sembra scontato: Marco Prato dovrà rimanere in carcere.
Pretendere di ottenere in questa fase gli arresti domiciliari è pura illusione giuridica.
Ma il difensore di Prato la pensa diversamente: «L' ipotesi del concorso in omicidio è una tesi che non regge - sostiene l' avvocato Pasquale Bartolo - Lo stesso Foffo ha dichiarato al pm di aver inferto i colpi mortali, e non il mio assistito. Prato si è limitato a contattare Varani, invitandolo a raggiungerlo in quella casa per sesso e droga in cambio di 150 euro».
Dopo l' iniziale interrogatorio di garanzia, la strategia difensiva del pr romano specializzato nell' organizzazione di party gay, ha preso una linea ben precisa: ostruzionismo. Bocca cucita col pm, prima per un non meglio precisato «malore» e l' altro ieri la scelta di avvalersi della facoltà di non rispondere.
A spiegare le ragioni del rifiuto è stato l' avvocato Pasquale Bartolo, difensore del giovane, che ha affermato: «Marco Prato non ha voluto rispondere alle domande del pubblico ministero per un motivo ben preciso: il magistrato ha continuato a contestargli l' aggravante della premeditazione, benché il gip avesse fatto cadere questa contestazione.
Prato risponderà alle domande del dottor Scavo quando gli sarà contestata l' imputazione così come è stata indicata dal gip nell' ordinanza con la quale ha confermato l' ordinanza cautelare in carcere».
Ieri nuovo duello in tema di «richiesta di concessione degli arresti domiciliari», cui la procura ha espresso - ovviamente - parere negativo.
Nel corso dell' udienza il pm Francesco Scavo ha depositato i tabulati telefonici del cellulare di Prato e ha ricostruito il percorso fatto in auto da Prato - insieme all' altro indagato, Manuel Foffo - nella notte tra il 3 e il 4 marzo scorso. Prato e Foffo, in quella circostanza, a poche ore dall' omicidio di Varani, uscirono in macchina alla ricerca di qualcuno «a cui fare del male».
foffo marco prato manuel luca varani
Una circostanza sulla quale lo stesso avvocato Bartolo ha ricordato: «I due ragazzi, quella notte, uscirono alla ricerca di qualcuno a cui fare male, non certo da uccidere». Un distinguo allucinante che - se in mezzo non ci fosse una tragedia disumana - suonerebbe quasi ridicolo.
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