DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER…
Estratto dell’articolo di Giusi Fasano per il “Corriere della Sera”
[…] La mattina di quel disgraziato 18 gennaio le scosse di terremoto avevano aggiunto paura alla paura, dopo i mesi di scosse e devastazione di Amatrice, Visso, Accumuli, Norcia... In trappola Era tutto spaventoso.
Per questo la gente bloccata nell’hotel Rigopiano voleva tornare giù, a valle. Per questo alcuni provarono ad andarsene, senza però riuscire ad avanzare di un metro. Serviva una turbina, porca miseria! Che qualcuno chieda una turbina alla provincia, fu la preghiera di tutti. E allora ci pensò il direttore dell’hotel. Ecco. Se dovessimo percorrere la «via» del caso Rigopiano dovremmo cominciare proprio da lì: dalle telefonate per chiedere quella benedetta turbina, mai arrivata.
Alle 9.30 del mattino il funzionario della Provincia Mauro Di Blasio parla con il suo capo del servizio viabilità, Paolo D’Incecco. «Il direttore del Rigopiano vuole una turbina per far ripartire gli ospiti bloccati», dice Di Blasio. Risposta: «Quello dell’albergo non deve rompere i c..., digli che deve stare calmo».
«Ne parliamo domani» Erano talmente tante le richieste di aiuto — alcune di tipo medico urgente — ed erano talmente scarse le forze in campo per far fronte a tutto, che Rigopiano sembrò una specie di capriccio. La turbina per andare a recuperare gente al calduccio in un hotel poteva anche aspettare, si pensò.
Nel pomeriggio un dipendente dell’Anas al telefono con la Provincia dice che «arrivare fin lì è una bella tirata..» «Ne parliamo domattina?», chiede il suo interlocutore. «Sì, almeno domattina. Perché quello con la turbina fino a mo’ ha faticato». Sono le 15.35. Manca poco più di un’ora al momento in cui un cumulo mostruoso di neve, ghiaccio, alberi e macerie si abbatte sull’hotel radendolo al suolo e spostandolo di diversi metri dal punto in cui sorgeva.
[…] L’inchiesta Finiti gli scavi, le ricerche, i sequestri, il recupero di piccole cose appartenute a chi non c’era più, è decollata l’inchiesta. La Procura ha lavorato sull’ipotesi della valanga prevedibile, degli amministratori che — «agenti modello» — dovevano per forza farsi carico del rischio che venisse giù tutto.
C’è un dato impressionante fra mille altri: si è calcolato che dalla cima del monte alle spalle dell’hotel sono precipitate a valle centoventimila tonnellate di detriti. Che significa quattromila tir a pieno carico.
Tutto di corsa, giù, lungo un canalone fino al primo grosso ostacolo: l’hotel Rigopiano. La sentenza di ieri sembra dire che no: la valanga non era prevedibile e il terremoto, quanto mai imprevedibile, potrebbe averla innescata. Il contrario di quanto hanno raccontato due anni di indagini, che ritenevano invece irrilevante il motivo per cui si stacca una valanga e puntavano piuttosto sull’azzardo di lasciar costruire un hotel ai piedi, appunto, di un canalone. È su questo punto che si è giocata la partita giudiziaria. Fra rinvii, perizie, consulenze e sospensione delle udienze per Covid. Per 1.318 giorni.
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