RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Annamaria Sbisà per “la Repubblica - Album Moda”
Un'attivista della bellezza, al di là dei generi. Una guerriera dell'identità che ha lottato per trovare la sua di donna transgender e che ora ne difende i diritti, contro transfobia e stereotipi.
La storia è quella di Lea T, prima transgender nel sistema moda, lanciata nel 2010 sulle passerelle internazionali da Riccardo Tisci, come volto della campagna Givenchy. La sua "T" è dedicata allo stilista che l'ha aiutata nel passaggio, permettendole di affrontare l'operazione per diventare donna e quindi modella transgender, personaggio televisivo, ambientalista e appunto attivista: «Con il mio lavoro cerco di regalare cinque minuti di sogno a chi si identifica con me».
Unica transessuale ad aver sfilato in una cerimonia olimpica, portabandiera ai Giochi di Rio 2016, la top brasiliana è il volto di Milano Moda Donna e una delle testimonial della nuova campagna Pantene #HairHasNoGender. Insomma, sembra che tutto sia andato per il meglio. Invece è tutto difficile, ogni giorno: «Il quotidiano di un trans è massacrante. Incontri la transfobia al bar, sul tram, in tv, a scuola quando ritiri i nipotini, quando ti negano il bagno o la casa in affitto».
Lei però lavora: «Le mie amiche modelle hanno comprato appartamenti, io non ho nemmeno la macchina. Diciamo che per alcuni marchi la mia personalità può risultare una scelta scomoda». Un'indefinita solitudine, con una precisa consapevolezza: «Il mondo non concede a tutti la stessa libertà».
Il #metoo ha fatto la differenza: «Sono in molte a non denunciare, perché l'oppressore è ancora in casa». L'oppressore è l'uomo bianco di un mondo colonialista diviso tra predatori e prede: «Un ordine prestabilito a binari, ma il binario serve solo per i treni». Ci sono treni che deviano verso la libertà. Jennifer Lopez, Shakira, Rihanna e Beyoncé sono latine assurte a starplanetarie: «Sono icone che abbracciano chi è fuori dal gruppo privilegiato. Un pubblico immenso sensibile al pregiudizio».
C'è l'uomo della recente moda maschile, che sfila capi senza genere: «Bene, ci si allontana dall'ordine colonialista». Come riuscire a farlo anche sulle passerelle donna? «Le modelle dovrebbero scegliere l'abito, il trucco e la pettinatura, l'atmosfera con cui presentarlo». Un discorso di autonomia e gender diversity che va oltre l'ondata di modelle omologate su pallore e magrezza: «Più facile stringere un abito che rifarlo e anche truccare un volto non troppo deciso».
Gli affari sono affari. Ma moda, pubblicità e passerelle premiano il fascino trans di Lea T e di Andreja Pejic, quello intersessuale di Hanne Gaby Odiele, il volto con vitiligine di Winnie Harlow, la curvilinea femminilità di Ashley Graham. Icone di bellezza e di liberazione a cui accostiamo le finte brutte e ambigue e moderne, lanciate nel 2015 da Gucci: «Le sue modelle hanno profili Instagram interessanti, Alessandro Michele sceglie la personalità».
E il futuro? «Non importa essere bellissima, ma potersi sentire "fabulous"». Come si sente Lea T, se attaccata o in difficoltà, quando la soccorre una voce interiore: «Mi ricorda che sono forte. Difficile oltrepassare la realtà, quando per molti sei uno sbaglio della natura». Che lavoro avrebbe voluto fare? «La biologa, per studiare il com-portamento degli animali più temuti, come i rettili».
Il suo senso della bellezza: «Negli anni di scuola frequentavo gente alternativa attratta dalla loro libertà, poi con gli studi artistici ho imparato a disegnare fino a perdermi dentro le rughe degli anziani, a valorizzare ombre e luci». C'è una Lea in ombra? «Quella che si è messa in gioco. Per tutti arriva prima la transessuale brasiliana, modella e figlia del famoso Toninho Cerezo».
Intanto la nuova Barbie con labbra carnose, zigomi alti e capelli scuri, in fuga dall'unico cliché bionda occhi azzurri, corre verso un futuro di bellezza plurale. Un mondo in cui l'uguaglianza si chiama diversità. La più favolosa possibile, per tutti.
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