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“AVERE I GENITORI ATTORI? HO AVUTO DEI VANTAGGI PER ENTRARE NEL CINEMA” – DIO BENEDICA MAYA HAWKE, UNA DELLE PROTAGONISTI DI “ASTEROID CITY” DI WES ANDERSON, CHE RIVELA COME ESSERE “FIGLIA DI” LE ABBIA FACILITATO LA STRADA (E NON SI NASCONDE DIETRO LA SOLITA RETORICA): “I VANTAGGI SONO L’ACCESSO ALLE PERSONE E AGLI AMBIENTI, SUPPORTO FINANZIARIO. SO QUANTO SIA FORTUNATA LA MIA CONDIZIONE: PERCHÉ LA COSA PIÙ DIFFICILE È APRIRE LA PORTA, IO NON HO DOVUTO FARLO DA SOLA…” - VIDEO

Estratto dell’articolo di Arianna Finos per "la Repubblica"

 

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La città asteroide di Wes Anderson atterra alla Croisette con il suo equipaggio di divi. […] Nella famiglia artistica affollata delle consuete star entra Maya Hawke, la 24enne figlia di Uma Thurman e Ethan Hawke, poliedrica e provocatoria attrice e cantante, che ha raggiunto la fama mondiale con la serie Stranger Things.

 

In Asteroid City (dal 14 settembre in sala con Universal), interpreta la garbata maestra di una classe elementare che si lancia in un ballo scatenato con un cowboy, danza che l’attrice ha riproposto sul tappeto rosso.

[…]

 

Ricordi?

«Favolosi. Il mio preferito è stato l’ultimo giorno: finisco di girare e Wes scende dal balcone — la sua camera ha un balcone che si affaccia sul cortile per sorvegliare la sua gente manovrare, mangiare, parlare. Mi dice “è il tuo ultimo giorno”. Io “Lo so, sono devastata”. Lui “dove devi andare? Che impegni hai?”. Io “Nessuno”. Lui: “Dammi un minuto. Sale nella sua stanza e mi inserisce in un’altra scena, solo come comparsa. Invece che i tre giorni programmati sono stata lì tre settimane. Se vedete la mia faccia sullo sfondo, è perché ho chiesto di essere lì».

 

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Perché tutti vogliono restare nel mondo di Anderson?

«Perché quel posto mi ha regalato la sensazione che è quella che vorrei provare sempre facendo questo lavoro: la gioia assoluta. […]».

 

Anderson decide non solo il set.

«È un mago che viene dal mondo che sta creando […] ».

 

[…] Anche lei come Wes è un’artista poliedrica. C’è mai stato un piano B?

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«Rientro nella categoria della barzelletta classica: se sei in grado di fare qualcos’altro, fallo. Ma io non potevo fare nient’altro che mi piacesse. Non ero un bravo studente, sono molto dislessica. Tornavo a casa da scuola e dipingevo, raccontavo storie, mi interessavano le lingue. Non ho mai eccelso in altro a parte che mi piacciono gli animali».

[…]

 

Lei è molto attiva sui social che sanno essere critici. Cosa pensa dell’hashtag “nepo babies” che si riferisce ai figli d’arte?

«Questo genere di hashtag mi fa venire il prurito ma il concetto non mi preoccupa. Ognuno ha il suo percorso, il suo viaggio. E c’è una differenza tra ciò che le persone immaginano siano i vantaggi e quelli che lo sono davvero. I vantaggi sono l’accesso alle persone e agli ambienti, supporto finanziario, informazioni, ma non significa che ti ritrovi magicamente sul set o i tuoi genitori facciano telefonate per te. So quanto sia fortunata la mia condizione: perché la cosa più difficile è aprire la porta, io non ho dovuto farlo da sola».

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Se incontrasse la se stessa di qualche anno fa che le direbbe?

«Riprenditi alcuni amici che hai perso, ho imparato dagli errori. Poi puoi essere un’amica migliore, una figlia migliore, una lavoratrice migliore. Mangiare meglio, fare più esercizio fisico e andare a dormire prima. Ma la cosa che conta è essere buoni con chi ti ama, prendersi cura di loro».

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