RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Valentina Conte per ''la Repubblica''
A due mesi dal lockdown totale del Paese del 9 marzo, solo un lavoratore su cinque - il 19% - ha ricevuto i soldi della Cassa integrazione in deroga. Lo dicono i dati Inps, contestati dalle Regioni per le quali siamo a uno su undici, il 9% appena.
Il decreto Cura Italia che ha stanziato 5 miliardi per gli ammortizzatori sociali è entrato in vigore il 17 marzo. Soldi in grado di coprire fino a 13,8 milioni di lavoratori bloccati dal decreto "Io resto a casa" con tre strumenti: Cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario, Cassa in deroga. «Nessuno sarà lasciato indietro, tutti saranno coperti, anche le aziende con un dipendente », rassicurava il governo.
GIUSEPPE CONTE FIRMA UN DECRETO
Com' è andata? Una valanga di richieste da 9,1 milioni di lavoratori: dentro la platea, dunque. Ma solo 6,2 milioni possono ad oggi dire di avere l' assegno in tasca. Tanti, non tutti. Oltre 3 milioni sono senza stipendio da due mesi. Tra questi i più penalizzati proprio quelli finiti nel ciclone della Cig in deroga: soldi dello Stato, ma meccanismo affidato alle Regioni. Inevitabile il caos e la polemica politica.
Strumento vecchio Ma perché resuscitare un ferrovecchio come la Cig in deroga? Nata nel 2009, nel pieno della Grande Crisi, all' epoca venne data in gestione dal ministro Sacconi, governo Berlusconi, alle Regioni perché i soldi - 8 miliardi - erano delle Regioni tra fondi europei e Fas, Fondi per le aree sottoutilizzate. Il Jobs Act di Renzi nel 2016 l' ha poi spazzata via, lasciando solo la Cassa ordinaria e straordinaria. Risorge ora con la pandemia per arrivare a tutti, alle imprese sotto i 5 dipendenti - il bar e il negozietto sotto casa che hanno chiuso dalla sera alla mattina - e a buona fetta di commercio e terziario. Risorge con gli stessi difetti di 10 anni fa: tortuosa e lenta. E con i soldi dello Stato.
La falla regionale Capire dove si inceppa il cammino di una domanda per la Cig in deroga non è semplice. All' indomani del Cura Italia (17 marzo) ogni Regione ha fatto accordi quadro con le parti sociali: 21 documenti. Da quel momento, via alle domande delle aziende alle Regioni, dopo aver informato i sindacati, senza bisogno di accordi: unica semplificazione di questa fase.
Le Regioni poi hanno controllato, "decretato" le domande e spedite a Inps. Tutto liscio? No. Da una parte le imprese, specie quelle piccole, sono inciampate in una procedura inedita e mille domande: posso metterci un lavoratore in somministrazione? E uno a chiamata? Molte si sono scordate di allegare il modulo SR41, con i nomi e soprattutto l' Iban dei dipendenti per l' accredito dei soldi.
E le Regioni? Altrettanto spaesate. Il Piemonte ha dovuto richiamare in servizio un pensionato che si ricordava come si fa. I dipendenti della Regione Sicilia hanno rivendicato 10 euro in più per ogni pratica. La Lombardia ha dovuto aggiornare tra l' 1 e il 15 aprile - il sistema informatico, ritardando l' immissione delle domande e innescando una dura querelle politica col governo, reo di non pagare in tempo. Ricevendo per contro critiche per una lentezza sospetta, esasperata per lamentarsi e così occultare le falle nella fase acuta dell' epidemia.
Fatto sta che alle Regioni sono arrivate 472 mila domande per 1,3 milioni di lavoratori (dati raccolti da Uil). Ma Inps ne segnala solo 305 mila per 641 mila lavoratori. Di chi è la colpa? Chi è in ritardo nel lavorare le pratiche: l' Inps o le Regioni?
Il ruolo di Inps Un fatto è certo: su 6,1 milioni di lavoratori che hanno chiesto la Cig ordinaria o l' assegno ordinario 5,5 milioni hanno i soldi in tasca grazie all' anticipo delle loro aziende.
L' Inps ha pagato i 600 mila restanti, ma su 3 milioni di sua spettanza: il 20% appena. Inps contesta questa lettura: abbiamo pagato 600 mila su 1 milione, degli altri 2 milioni non conosciamo l' Iban. Insomma le domande sono sbagliate o incomplete del modulo SR41. Per la Cig in deroga i numeri poi sono impietosi come detto: 122 mila lavoratori pagati su 641 mila.
Le Regioni dicono: 122 mila su 1,3 milioni. Inps ora prova a velocizzare: se l' Iban è errato, farà un bonifico domiciliato alle Poste e manderà un sms al lavoratore per avvertirlo. Prima di andare allo sportello - non il massimo in fase di distanziamento fisico - dovrà aspettare la lettera di Poste. O entrare nel cassetto Inps e stampare un foglio. Si poteva e doveva semplificare. Con una Cig unica, ad esempio.
nunzia catalfo giuseppe contenunzia catalfo giuseppe contenunzia catalfoconte
Ultimi Dagoreport
FLASH! - LA GIORNALISTA E CONDUTTRICE DI CANALE5 SIMONA BRANCHETTI, STIMATA PROFESSIONALMENTE DA…
DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
FLASH! - AVVISATE CASTAGNA, GIORGETTI, FAZZOLARI, MILLERI E CALTAGIRONE: UNICREDIT PASSA ALL'AZIONE …
DAGOREPORT – CERCASI DISPERATAMENTE UN CENTRO DI GRAVITÀ PERMANENTE, DI ISPIRAZIONE CATTOLICA E…
DAGOREPORT – MENTRE LA CRISI GLOBALE DELL'AUTOMOTIVE RISCHIA DI BRUCIARE L'1% DEL PIL ITALIANO,…