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Daniela Brandonisio per “Libero quotidiano”
Passare gli ultimi anni della propria vita in una casa, in compagnia di parenti, amici o anche semplici conoscenti uniti da esigenze comuni. È il sogno di tutti, un desiderio che piano piano sta diventando realtà anche in Italia.
Negli ultimi anni stanno infatti aumentando gli anziani che decidono di condividere la propria vita con altri coetanei, con l' obiettivo di abbattere le spese e combattere la solitudine. Qualcuno le ha definite "comuni".
In realtà si tratta di appartamenti privati, o esperimenti di cohousing, nei quali cittadini in terza età vanno a convivere. Il fenomeno sta crescendo anno dopo anno, grazie anche al successo ottenuto in Paesi come gli Stati Uniti o la Danimarca.
Le case comuni altro non sono che spazi condivisi nei quali gli over 65 - quelli con buoni livelli di autosufficienza - hanno a disposizione aree private ma anche luoghi destinati alla condivisione dei pasti e dei momenti di svago. I vantaggi sono moltissimi: in questi luoghi gli anziani possono superare più facilmente i momenti di solitudine e, in qualche modo, controllarsi a vicenda in caso di bisogno. Inoltre possono evitare di entrare nelle case di riposo, strutture qualche volta note alle cronache per i casi di violenze e vessazioni.
I vantaggi sono numerosi anche economicamente, perché vivere in una stessa casa o entrare in un progetto di cohousing sociale significa abbattere le spese quotidiane, ma anche quelle relative all' assunzione di una badante. In Italia questo fenomeno è ancora in una fase sperimentale, ma i primi casi registrano un discreto successo. Le formule più diffuse prevedono strutture in cui gli anziani hanno a disposizione spazi propri e aree da condividere in modo da creare un mix perfetto fra autonomia e socialità.
Gli esempi Attualmente nel nostro Paese sono presenti circa 40 esempi di cohousing, il venti per cento degli abitanti è composto da cittadini over 65. Alcune strutture sono nate proprio con l' obiettivo di ospitare i più anziani. Come il cohousing "Del Moro", inaugurato nel centro di Lucca. Il progetto è dedicato agli over 65 autosufficienti «rimasti soli, che godono ancora di buona salute, disposti a coabitare in ambienti parzialmente condivisi», spiegano i responsabili.
La residenza è aperta sia ai single sia alle coppie ed è composta da 13 ambienti fra stanze doppie, tutte dotate di bagno privato, e una zona comune destinata ai pasti e alla socializzazione. Tutto questo in cambio di un affitto più basso rispetto a quello delle case di riposo o della spesa necessaria per assumere una badante, che comprende anche servizi di accompagnamento a cinema, teatro o cene e servizi di prima assistenza.
A Bologna si trova, invece, il «Villaggio della speranza». Una serie di appartamenti autonomi che ospitano in totale 126 famiglie, delle quali molte composte da anziani soli. La struttura gestita dalla Caritas è organizzata in modo che ognuno contribuisca al benessere di questa piccola oasi.
All' estero Esperimenti di questo tipo sono molto più frequenti all' estero. In Olanda sono già state inaugurate più di 400 strutture dedicate alla coabitazione dei senior. In Danimarca realtà di questo tipo sono più di 150. Molti passi avanti sono stati fatti anche in Svezia e Gran Bretagna, grazie anche al conforto della scienza.
Una recente ricerca ha dimostrato che gli anziani che vivono in compagnia restano autonomi più a lungo e, nel 75 per cento dei casi, riescono a mantenere una vita sociale attiva. Una prospettiva importante in un Paese "anziano" come l' Italia nel quale - secondo gli ultimi dati Istat - il ritmo di crescita della popolazione over 65 è tre volte superiore rispetto a quello delle altre fasce di età.
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