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Djokovic ha vinto la battaglia legale con il governo australiano, per ora: secondo il tribunale il campione potrà rimanere e giocare l’Australian Open, perché l’annullamento del suo visto è stato ritenuto irragionevole.
Già prima di partire, Novak Djokovic aveva dichiarato alle autorità australiane le motivazioni mediche della sua mancata vaccinazione, ossia che aveva già contratto il Covid. Lo hanno sottolineato gli avvocati del tennista in apertura dell’udienza alla Corte federale di Melbourne.
Così è cominciato l’ultimo, e definitivo, atto della battaglia legale del campione di tennis con le autorità australiane: Djokovic vuole rimanere nel Paese, giocare l’Australian Open e inseguire il 21° Grande Slam. Il governo di Canberra, invece, ribadisce il diritto di respingere il campione: l’ingresso nel Paese è consentito solo a chi è vaccinato contro il Covid-19 o a chi esibisce valide ragioni mediche per non farlo.
Per l’udienza era stata predisposta una diretta streaming, più volte sospesa (come, all’inizio, anche l’udienza) per i numerosi problemi tecnici. Intanto Djokovic segna un punto: il giudice ha sospeso ogni tentativo di espellere dal Paese la star del tennis almeno fino a sera (le 20 ora locale), finché non si concluderà l’udienza di Melbourne.
srdjan e diana djokovic, genitori di novak
La Corte federale di Melbourne si è pronunciata sul ricorso del campione contro la cancellazione del visto. Un visto che — attacca l’avvocato Nicholas Woods, alla guida della squadra di legali del tennista — «le autorità australiane hanno cancellato senza alcuna fondata evidenza».
E anche il giudice, Anthony Kelly, ha chiesto «cosa Djokovic avrebbe potuto fare di più per ottenere il visto», considerando che le autorità australiane concedono un’esenzione temporanea dal vaccino a chi è stato infettato dal coronavirus negli ultimi 6 mesi.Il giudice ha preso atto che Djokovic ha presentato alle autorità, in aeroporto, la documentazione medica, con l’esenzione data da Tennis Asutralia, l’organizzatore del torneo che parte il 17 gennaio, e da due pareri medici. Kelly ha ordinato che il top player durante l’udienza sia rilasciato dall’hotel adibito a centro per l’immigrazione, dove Djokovic ha trascorso le sue ultime quattro notti, dopo la revoca del visto al suo arrivo.
L’avvocato dell’atleta 34enne ha difeso la condotta del suo assistito, affermando che Djokovic ha rispettato tutti i requisiti di legge: «Il signor Djokovic ha dichiarato di disporre di una esenzione medica», ha spiegato l’avvocato, ricordando che le linee guida del Gruppo australiano di consulenza tecnica sull’immunizzazione (Atagi) prevedono la possibilità di «rinviare la vaccinazione contro la Covid-19 di sei mesi per le persone che abbiano ricevuto una diagnosi di positività al Sars-Cov-2 tramite test Pcr».
proteste pro djokovic in serbia
Tanto che il suo assistito non ha neanche capito di non essere in regola: «L’impressione schiacciante che si ricava dalla lettura della trascrizione» della dichiarazione resa da Djokovic alla polizia di frontiera è che lui fosse «assolutamente confuso» — ha detto Woods —, poiché riteneva di avere tutta la documentazione in regola e non capiva quale errore avesse commesso. I legali di Djokovic già sabato avevano preparato 35 pagine di memoria difensiva, nella quale veniva attestata la positività di Djokovic il 16 dicembre. Data diventata poi oggetto di controlli e polemiche, perché quel giorno Djokovic ha partecipato a eventi pubblici e senza mascherina.
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