DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Carlo Tecce per https://espresso.repubblica.it/
Le brutte notizie sono buoni affari per l’industria delle armi. E già prima della guerra in Ucraina, lo scorso anno, l’industria italiana delle armi ha ripreso la crescita lievemente intaccata dalla pandemia. Il governo italiano ha autorizzato nel 2021 l’esportazione e l’importazione di materiale bellico per un totale di 5,340 miliardi di euro (4,821 nel 2020) di cui 4,661 miliardi in uscita (4,647 nel 2020) e 679 milioni in entrata (174 nel 2020). È il picco dal 2017.
MARIO DRAGHI MOHAMMED AL THANI
Ogni annotazione e ogni dettaglio sono disseminati nella voluminosa relazione che il governo di Mario Draghi ha appena trasmesso alle Camere per l’approvazione e che L’Espresso ha consultato in anteprima.
Acquistare una nave da guerra è ben diverso che acquistare un’utilitaria. I contratti si attuano con gradualità. Gli effetti si vedono nel lungo periodo. Perciò il dato più significativo lo si ricava dalle verifiche del ministero del Tesoro. «Nel corso del 2021 sono state effettuate dagli operatori bancari - si legge nel documento - 17.931 comunicazioni inerenti a transazioni bancarie per operazioni di esportazione, importazione e transito di materiali di armamento per un importo complessivamente movimentato pari a oltre 14 miliardi di euro». Nel 2020 erano 7,8 miliardi.
LE ARMI INVIATE IN UCRAINA DALL ITALIA
Circa la metà delle esportazioni – dunque il 52 per cento dei 4,666 miliardi citati in precedenza – è verso paesi aderenti all’alleanza militare Nato. Il resto va a rinforzare eserciti potenziali amici o nemici proprio della Nato.
L’italiana Leonardo è padrona del mercato con una quota del 43,35 per cento. Quest’anno va fuori dal podio Fincantieri, altra multinazionale a controllo statale. Al secondo posto con il 23,48 per cento troviamo la Iveco Defence Vehicles che fa riferimento a Exor della famiglia Agnelli/Elkann (proprietaria anche del gruppo editoriale Gedi).
I numeri delle importazioni sono parziali, non esaustivi, perché non contemplano i rapporti con i paesi dell’Unione europea. I 679 milioni di euro registrati nel 2021 sono una cifra molta alta, in parte composta dai 271 milioni spesi in Gran Bretagna, oggi annoverata nella lista perché ex membro Ue. Degne di menzione anche le compere militari in Svizzera per 65 milioni di euro.
LUIGI DI MAIO MOHAMMED AL THANI
Il fatturato italiano delle armi spiega come va l’industria bellica, ma anche dove va la geopolitica, difatti l’Autorità preposta alle autorizzazioni (in sigla Uama) è ubicata al ministero degli Esteri.
Adesso il primo cliente di Roma è il Qatar con 813,5 milioni di euro. La monarchia assoluta ricca di metano e petrolio ha scalzato il regime militare dell’Egitto, precipitato in 18esima posizione dopo gli oltre 1,5 miliardi di euro investiti in Italia nell’ultimo biennio. Nella classifica del 2021, seguono Stati Uniti (762 milioni), Francia (305), Germania (262), Pakistan (203). Rilevanti le commesse di Malesia e Filippine.
Oggi il Qatar per il gas è un interlocutore necessario di Roma che ha l’esigenza di sottrarsi ai ricatti della Russia. Però la famiglia dei sovrani Al Thani ha relazioni complicate con i vicini della penisola del Golfo, con gli Emirati Arabi Uniti e soprattutto con l’Arabia Saudita. Stare con gli uni e con gli altri è opera complessa pure per l’Italia.
In sintesi: più armi ai qatarini, meno armi ai sauditi. Lo scorso anno, dopo una risoluzione votata dai parlamentari col secondo governo di Giuseppe Conte e ritardi non più tollerabili, l’esecutivo di Draghi ha annullato l’esportazione negli Emirati Arabi e in Arabia Saudita di missili e bombe utilizzate nel conflitto civile nello Yemen.
Il nullaosta fu concesso tra il 2016 e il 2018 dai governi di Paolo Gentiloni e Matteo Renzi e riguardava la filiale sarda dell’azienda tedesca Rwm. Draghi ha cancellato forniture di Rwm per 328 milioni di euro, ma di recente emiratini e sauditi hanno sottoscritto nuovi accordi per nuove 52 licenze dal valore di oltre 100 milioni di euro nel solo 2021. Si fa sempre in tempo a rimediare.
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