DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”
Tre foto della campionessa che posa tra animaletti di peluche e il suo gatto, «scoperte» e diffuse venerdì da un cronista della tv statale cinese. E ieri sera due video di Peng Shuai a cena in un ristorante, con il suo allenatore (il quale informa che «è sabato»). Questi brevi filmati sono stati pubblicati da Hu Xijin, direttore del Global Times , quotidiano in inglese del Partito.
Nessuna spiegazione su come siano spuntate le immagini. Il tutto lanciato via Twitter (oscurato in Cina), perché è questo al momento il campo della partita sulla sorte della stella del tennis messa a tacere dal 2 novembre, dopo che aveva sostenuto con un drammatico messaggio sul web di essere stata violentata, anni fa, da un ex membro del Politburo comunista.
È il terreno del social network occidentale che a Pechino hanno scelto per giocare con la libertà della giovane donna e per proteggere (con il silenzio ufficiale) il politico in pensione ma evidentemente sempre potente Zhang Gaoli, che fino al 2018 era stato vicepremier e uno dei sette del Comitato permanente del Politburo, il cuore del Partito-Stato. Peng nel suo post, subito cancellato dalla censura, aveva raccontato di aver avuto una relazione con l'anziano mandarino, e che poi lui l'aveva costretta a un rapporto contro la sua volontà.
La giocatrice ha ammesso di non avere prove, ma la censura, la scomparsa, ora la diffusione di foto e video per rassicurare gli stranieri tradiscono l'incertezza del potere cinese: il caso di Peng Shuai, che nel 2014 era stata N°1 del mondo vincendo Wimbledon e Roland Garros, è diventato una faccenda internazionale, a meno di tre mesi dalle Olimpiadi invernali di Pechino.
Per rompere il muro di gomma costruito intorno a questo #MeToo in salsa mandarina si è coalizzato un fiume di proteste e pressioni mondiali. La Wta (Women's tennis association), minaccia di ritirarsi dal circuito cinese dei tornei «perché questa vicenda vale più degli affari»; stelle come Serena Williams e Naomi Osaka spingono la campagna perché Peng sia ascoltata in pubblico e rilanciano a milioni di follower su Twitter la protesta con l'hashtag #WhereIsPeng. Novak Djokovic appoggia l'ipotesi di boicottaggio tennistico: «Sarebbe strano andare a giocare in Cina senza che la questione fosse risolta». Roger Federer e Rafa Nadal dicono che «tutta la famiglia del tennis si è riunita attorno a lei».
L'Onu, con l'Alto commissariato per i diritti umani, invoca «un'inchiesta trasparente sull'accusa di violenza sessuale». La Casa Bianca vuole dal governo cinese «la prova indipendente e verificabile» di dove si trovi Peng. Gli Stati Uniti hanno già in mente un boicottaggio diplomatico dei Giochi a Pechino, a causa delle violazioni dei diritti umani, e la vicenda di Peng potrebbe dare la motivazione finale.
Subito dopo la presa di posizione di Washington, venerdì sono arrivate le foto di Peng «a casa che si riposa». Poi i due videoclip al ristorante, con la donna sempre muta. Ma fino a quando Peng Shuai non sarà libera (davvero) di raccontare la storia, questo caso non smetterà di turbare i sogni olimpici del potere cinese. Dick Pound, membro del Cio, avvocato e portavoce per l'etica sportiva, dice che la faccenda può sfuggire di mano e il Comitato olimpico potrebbe essere spinto a prendere una posizione dura su Pechino 2022.
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