DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Estratto dell’articolo di Concetto Vecchio per “la Repubblica”
stampa del 1926 di benito mussolini all asta a roma
«C’è questo bel ritratto di Benito Mussolini», annuncia il banditore. È il Duce dipinto da Leonetta Cecchi Pieraccini. Il capo del Ventennio vi appare raffigurato come un mite borghese. «Il bel ritratto» non ingolosisce però alcun acquirente. Troppo esosa la base d’asta di duemila euro. Ma cinque minuti dopo ecco che si scatena un’asta per un altro dipinto del padre del fascismo.
Non sembra manco lui in verità. Cipiglio severo, sguardo spiritato, devi guardarlo con attenzione per riconoscerlo. Ai nostalgici deve piacere, però, chissà perché poi. Il prezzo modico aiuta. La base è di 240 euro. «260», dice la giovane dietro al pc. «280» «300». «320». «340». «360». «Aggiudicato a 360 euro», esclama il banditore. Tutto in un minuto.
Casa d’aste Bertolami, dietro al Ghetto. Uno di quei palazzi patrizi dove bisogna affrontare scaloni tipo Gattopardo. Vanno all’asta quadri, busti, acquarelli, foto, militaria, medaglie. In totale 546 lotti. C’è di tutto. Solo che Napoleone, Carducci e Lenin non li vuole nessuno, le reliquie del fascio sì.
cimeli di benito mussolini all asta a roma
Entriamo. Siamo gli unici in presenza, più tardi si aggiungeranno altri due signori con il catalogo stampato in mano, e l’aria di chi è habituè. Il banditore è al centro della sala, ai lati invece cinque donne concentrate davanti ai loro portatili.
«Vuole una paletta?», ci chiede una di loro, sorridente. La paletta serve per presentare l’offerta. Non abbiamo alcun budget e quindi decliniamo a malincuore la proposta.
I venditori, ci viene spiegato, operano per telefono (una signora infatti è incollata alla cornetta e ogni tanto annuncia un rialzo), oppure online, su più piattaforme, alcune estere. Ieri gli utenti erano alcune centinaia, tutti anonimi, perché in una casa d’asta la privacy è sacra.
CIMELI DEL FASCISMO ALL ASTA A ROMA
[…] Il modellino di un aereo militare tedesco nella seconda guerra mondiale viene venduto, dopo un paio di incrementi, a 135 euro. Dev’essere uno che a Carnevale si traveste da Fuhrer.
Un cannone in metallo va via per 35 euro. Una stampa di Mussolini (ancora lui!) a 50. Mussolini coi balilla? Assegnato per cento euro.
Mussolini dipinto ferito durante la Prima guerra mondiale: aggiudicato per settanta euro. Nessuno vuol sganciare però trenta euro per una lettera autografa di Luigi Federzoni, tra i firmatari del manifesto degli intellettuali fascisti, e venti per una missiva di Carlo Scorza, l’ultimo segretario del Partito fascista. Manco una lettera dattiloscritta firmata da Giuseppe Bottai piace.
CIMELI DEL FASCISMO ALL ASTA A ROMA
Il Duce, vogliono il Duce. Garibaldi non tira. Manco Vittorio Emanuele II. Zero acquirenti per il busto di Lenin. No, ecco, che dopo molti passaggi a vuoto, una foto di Garibaldi accende la mania di collezionistica di un maniaco del Risorgimento: venduto a 230 euro.
L’asta è stata notata da Raffaella Paita, la coordinatrice di Italia viva: «È preoccupante che i cimeli fascisti trovino un fertile mercato. Sono il segno di un rigurgito che dovrebbe interpellare le istituzioni», denuncia. Chiunque bazzichi i mercatini vintage sa che un giornale d’epoca fascista ha più audience di una Gazzetta dello sport col titolo “Campioni del mondo”. Per non parlare dei soldatini e dei busti del Duce: il più illustre possessore presiede addirittura il Senato. Anche di Cesare Previti, uno degli avvocati di Silvio Berlusconi, si disse che ne aveva uno in salotto, su cui Bettino Craxi appoggiò i propri occhiali.
Roberto Festorazzi in un articolo per Avvenire già dieci anni faceva notare che il mercato dei memorabilia del Ventennio conosceva vasto boom. Una foto con dedica di Mussolini valeva allora trecento euro, figuriamoci adesso. Umberto Croppi, figlio di un capitano della Rsi, («ma per mio padre affiggere un quadro di Mussolini equivaleva a compiere una pagliacciata»), un giorno ad Atene vide su una bancarella delle saponette militari delle Ss. «È quindi un fenomeno non solo italiano. Ma penso anche che vada al di là dell’appartenenza politica, si mescolano in ugual misura folklore e nostalgismo». […]
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