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ALEX POMPA, IL RAGAZZO CHE UCCISE IL PADRE A COLTELLATE PER DIFENDERE LA MADRE E STATO CONDANNATO..
Estratto dell’articolo di Simona Lorenzetti per il “Corriere della Sera”
alex pompa in tribunale con l avvocato Claudio Strata
La sera del 30 aprile 2020 Alex Cotoia uccise il padre Giuseppe Pompa in preda «all’ira»: perse il «controllo di sé» ed ebbe una «reazione spropositata», mostrando «un accanimento ingiustificato». Sono alcuni dei passaggi chiave contenuti nelle motivazioni della sentenza con cui la Corte d’assise d’appello di Torino ha condannato il giovane, oggi 22enne, a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni di carcere per omicidio volontario. [...]
Non solo è stato riformato il profilo sanzionatorio, ma anche la narrazione del delitto assume contorni diversi. Si legge infatti nel capitolo dedicato alla scriminante che «è del tutto evidente che l’offesa arrecata a Pompa (la morte, ndr ) attraverso l’utilizzo di sei armi e l’inflizione di 34 coltellate non possa dirsi in alcun modo inferiore, uguale o tollerabilmente superiore al male subito o minacciato». Insomma, i togati superano il postulato della Corte d’assise secondo cui in quel momento Alex aveva di fronte a sé la scelta tra «vivere o morire». [...]
Per i giudici la dinamica degli eventi di quella sera mostra che Alex, la madre Maria Cotoia e il fratello Loris avrebbero potuto sottrarsi al pericolo o «difendersi con un’azione meno grave di quella arrecata». Nel documento si sottolinea che la donna era chiusa in bagno; che i fratelli erano in superiorità numerica e, «giovani e nel pieno delle loro energie, già in passato lo avevano affrontato con successo»;
che l’uomo versava in uno «stato di ubriachezza e, dunque, maggiormente collerico e deficitario nella coordinazione motoria e in genere nelle capacità difensive»; che Alex — come lui stesso ha raccontato — «con uno spintone» aveva «deviato il tragitto» del genitore verso la cucina, «volendo ritenere dimostrato che stesse andando in cucina per armarsi».
Per i giudici, Pompa diventa la vittima «di un’azione unilateralmente aggressiva del figlio». Perdono valore probatorio per la Corte i ricordi della mamma e di Loris, testimoni oculari del delitto: vengono messe in luce le «rilevantissime contraddizioni» tra quanto dichiarato la notte dell’omicidio e in aula (evidenziate dal pm Alessandro Aghemo sia nel primo che nel secondo processo).
I togati parlano di «giustificazioni illogiche» e «mistificatorie», oltre che di «strategiche e selettive amnesie inequivocabilmente finalizzate a mitigare la responsabilità» di Alex. Ne deriva un giudizio di «inattendibilità» tale da trasmettere gli atti in Procura, perché si valuti per Maria e Loris Cotoia l’accusa di falsa testimonianza.
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