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Maria Elena Zanini per il “Corriere della Sera”
C' è un aneddoto che a Renato Bialetti piaceva raccontare, legato ai primi tempi in cui si era trovato, per volere del padre, a tenere le redini della società di famiglia. Erano gli anni del secondo Dopoguerra e un giovane Bialetti stava cercando di spiegare, in un albergo, il funzionamento della «sua» moka a un gruppo di francesi piuttosto scettici.
In quel momento passa Aristotele Onassis. Bialetti si avvicina, tenta il tutto per tutto: «Sono un giovane imprenditore. Potrebbe darmi una mano a convincere questi clienti della bontà del mio prodotto? Basterebbe dire che lei conosce e utilizza la moka Bialetti». Secondo la leggenda, Onassis accetta: «Sai che non ho mai bevuto un caffè buono come quello che esce dalle tue caffettiere, Renato?» dice l' armatore greco davanti ai francesi.
Parole preziose che non solo convincono quei primi clienti, ma che lanciano un giovane Bialetti nel mondo imprenditoriale internazionale.
Quella di Renato Bialetti però, che si è spento ieri notte ad Ascona (Canton Ticino) a 93 anni, è una storia tutta italiana che comincia a Omegna, in Piemonte, dove il padre Alfonso fonda nel 1919 un' officina per la fusione e lavorazione dell' alluminio.
La svolta arriva nel 1933 quando, come dice la tradizione, «osservando le donne di Omegna che facevano il bucato sulle rive del lago d' Orta», Alfonso Bialetti ha l' intuizione che lo porta a progettare e realizzare la moka Bialetti che rivoluzionerà il modo di preparare il caffè a casa. La sua produzione viene avviata in quello stesso anno, e fino al Dopoguerra rimane a carattere artigianale con 70 mila pezzi prodotti ogni anno.
Il vero cambio di passo che permetterà all' azienda di fare il salto necessario per imporsi in breve tempo tra i principali produttori italiani di caffettiere e, in seguito, a consolidare la notorietà del marchio, sarà impresso dal passaggio di testimone dal padre al figlio alla guida della società.
Per Renato Bialetti, benedetto anche da Onassis, la missione sarà quella di rendere la caffettiera di famiglia famosa in tutto il mondo. Pubblicità e valore del marchio saranno le parole d' ordine che guideranno lo sviluppo della «nuova» Bialetti. Con un' altra intuizione geniale: investire in forme non convenzionali di comunicazione. E soprattutto, metterci la faccia, letteralmente. Baffi compresi.
Sarà proprio da quel dettaglio di Renato Bialetti così caratteristico e distintivo che la matita dell' artista Paul Campani farà nascere l'«omino con i baffi», immagine stilizzata di un omino distinto che alla fine degli anni Cinquanta è divenuto, in forma animata, uno dei primi protagonisti del Carosello, il celebre contenitore pubblicitario che per 20 anni ha tenuto incollati davanti al televisore milioni di spettatori italiani. «Eh sì sì sì... sembra facile! (fare un buon caffè)!», dice l' omino sotto i baffoni iconici, proprio quelli di Renato Bialetti: «L' omino è la mia caricatura» confesserà anni dopo.
Il trattamento espressivo scelto per questa figura, contraddistinta da voce bassa, modi garbati, stile elegante e gradevole ironia, ha portato l'«omino coi baffi» a divenire in breve tempo un' icona intramontabile, ancora presente sia sul marchio del Gruppo Bialetti Industrie sia su tutti i prodotti del brand Bialetti.
È anche grazie a lui che la moka di Renato Bialetti, a suo modo assolutamente innovativa, è diventata un' icona in tutto il mondo, tanto da essere esposta come un' opera di design al Moma di New York e alla Triennale di Milano.
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