
COME AL SOLITO, I GIORNALISTI ITALIANI SI FERMANO AI TITOLI: L’ARTICOLONE DEL “TIMES” SUI LEADER…
Ernesto Assante per “la Repubblica”
Sono un “rocchettaro”. E, mea culpa, seguo il Festival di Sanremo da quando sono bambino, per questo sono sicuro di poter dire che l’edizione di quest’anno è una delle migliori. C’è chi pensa il contrario e accusa Sanremo di essere una melassa buonista e Conti di essere troppo “democristiano”. È la tesi del mio amico Antonio Dipollina, espressa ieri su Repubblica.
Mi spiace, non sono d’accordo. E chiedo: è scritto da qualche parte che il conduttore del festival debba fare domande scomode o innescare polemiche? È Sanremo, mica un talk show. E in fondo, potrebbe far crescere di più la coscienza sociale del Paese l’apparizione di Ezio Bosso, o la canzone di Frassica sui migranti, che l’ennesima puntata di Virus.
Qualcuno, addirittura, rimpiange le canzoni dei festival passati, i Sanremo degli anni ‘70 con Christian, i Domodossola, o Ciro Sebastianelli, o quelli degli anni Ottanta con Flavia Fortunato, i Ricchi e Poveri e Toto Cutugno.
Certo, oggi molte pagelle sono impietose. Ma la realtà è che Conti, come già Fabio Fazio, cerca di tenere presente la realtà della musica pop nazionale, che per quanto non possa piacere è fatta dai Fragola, Dear Jack, Annalisa: nessuno arriva a Sanremo come una volta fecero i poveri Jalisse.
Conti domina gli ascolti da anni con programmi che sono perfetti prodotti pop, con quel tanto di kitsch, di nostalgia, di divertimento, di garbo, di idiozia, necessari a catturare l’attenzione del grande pubblico.
nicole kidman e carlo conti
ASSANTE CASTALDO
È lo stile RaiUno, che domina con fiction che mettono insieme la qualità e la popolarità. È quello che ci offre Sanremo, insieme a qualche canzone che magari (una o due al massimo, come è sempre stato) fischietteremo per qualche settimana. Per tutto il resto c’è Sky.
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